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Il Recovery della Regione: dalle incompiute alle opere in cerca di risorse. E c’è anche il radar della vergogna

Dighe, viabilità interna, manutenzione di strade e tanta impiantistica idrica. Ecco le proposte calabresi da inserire nel Pnnr. Nicolai: «Priorità alla resilienza»

Pubblicato il: 05/03/2021 – 7:25
di Roberto De Santo
Il Recovery della Regione: dalle incompiute alle opere in cerca di risorse. E c’è anche il radar della vergogna

CATANZARO Eterne incompiute, opere che sarebbero dovute essere realizzate da tempo con risorse di altre programmazioni. E ancora interventi che potrebbero essere inseriti nelle Programmazioni nazionali o regionali così come misure ricomprese in altri meccanismi di finanziamento ma poi rimasti sospesi da tempo. Nell’elenco che la Regione ha inviato a novembre scorso alla Conferenza delle Regioni per predisporre una proposta unitaria da sottoporre al Governo per redigere il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) – poi varato senza recepirne alcuna di quelle proposte dall’esecutivo Conte II – c’è un po’ di tutto. Una lunga lista che comprende 104 progetti per un totale di circa 4,3 miliardi di euro.
In gran parte – per quanto attengono le risorse più rilevanti – ricompresi nella voce Infrastrutture. Interventi più coerenti ad una finalità di resilienza che ad una visione moderna della Next generation Eu.
Soprattutto si tratta di opere decisamente datate alcune già progettate da decenni, finanziate e poi rimaste nei cassetti o rimbalzate negli elenchi delle programmazioni che si sono succedute negli anni.


E poi si registrano alcune grandi assenze nel Piano della Regione: su tutte l’alta velocità ferroviaria “vera”, cioè quella invocata da esperti e docenti per collegare rapidamente la Calabria al resto d’Italia e nuove risorse per lo scalo di Gioia Tauro e la Zes. Così l’elenco inviato con schede annesse dalla Regione – dopo una rapida esposizione ad alcune rappresentanze delle associazioni di settore (come Ance e Confindustria) – sembra destinato più a raccogliere risorse per interventi di cui si sono perse le tracce piuttosto che ad immaginare una rivoluzione della Calabria che verrà: cioè quella Next generation pensata dagli ideologi di Bruxelles per risollevare le sorti dei territori dell’Unione. Proposte finite sul tavolo della Conferenza delle Regioni e poi confluite nel dossier unico che però il precedente Governo ha ampiamente snobbato. Visto che il vertice con l’ex premier Conte invocato a gran voce dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome sulle linee guida per la definizione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) alla fine non si è mai tenuto.
Ora si spera in Mario Draghi dopo che la presidente della Regione Umbria e coordinatrice della Commissione Affari europei della Conferenza delle Regioni, Donatella Tesei, ne ha invocato un incontro. Al momento così tutte le proposte, dunque anche quella calabrese, restano lettera morta. Si spera che l’incontro con il ministro per il Sud e la Coesione territoriale, Mara Carfagna, dell’altro giorno possa smuovere le acque.

Quelle dighe eternamente incompiute

Scorrendo l’elenco dei 104 progetti inviati dalla Regione, emergono gli scheletri di opere incompiute o in eterno completamento tra le quali spiccano ad esempio la diga Farneto del Principe (chiamata “basso Esaro”) a Roggiano Gravina, quella del Metramo ed ancora quella del Menta.
Tre opere che in qualche modo rappresentano la storia di circa mezzo secolo di progettazione calabrese. Ad iniziare dall’ultima. La diga sul torrente Menta, il cui progetto è stato approvato nel 1979 principalmente per risolvere il problema di approvvigionamento idrico di Reggio, dopo decenni di rinvii è stata completata nel 2004, ma per raggiungere quell’obiettivo ci sono voluti ulteriori 14 anni. Ora nell’elenco delle opere da ricomprendere tra quelle da finanziare con il Recovery fund ricompare. In particolare la Regione ha chiesto 25 milioni di euro per realizzare gli interventi di seconda fase dello Schema idrico a valle dell’invaso prevedendone la cantierabilità in 4 anni. Opera già ricompresa nel “Piano nazionale degli interventi nel settore idrico” ma non finanziata nel primo stralcio approvato nel 2019.
E poi c’è un’altra evergreen: la diga del Metramo. Per il completamento dello schema dell’infrastruttura, adduzione alle utilizzazioni intersettoriali ed alla centrale idroelettrica, la Regione invoca 23 milioni di euro qui prevedendo la messa in cantiere in 5 anni. La storia di questa diga inizia negli anni ’70 assieme a quelle opere che dovevano costituire il progetto del V centro siderurgico italiano che doveva sorgere nell’area della Piana di Gioia Tauro. Poi nonostante quel mega progetto fu accantonato, la diga fu ultimata nel 1993 senza però vedere la realizzazione del sistema di canalizzazione delle acque che avrebbe dovuto garantire l’approvvigionamento idrico degli abitanti e soprattutto del settore agricolo della zona. Nonostante l’opera sia stata collaudata nel 2016 (ricordiamo dunque a 23 anni dal completamento), ancora attende quel finanziamento annunciato più volte: l’ultimo nel 2018 dall’allora governatore Mario Oliverio. Ora si spera nelle risorse del Recovery, anche se doveva essere appunto già finanziato (a parole) essendo anch’essa ricompresa tra quelle del Piano straordinario sostenuto dalla legge di Bilancio del 2018.
Restando al settore dighe, nell’elenco compare anche la diga del Basso Esaro. Oltre 6,8 milioni per cantierizzare in 36 mesi il IV lotto del progetto dell’impianto irriguo a valle della diga Farneto del Principe nel territorio di Roggiano Gravina. Nata per sopperire alla mancanza di acqua nella Piana di Sibari, l’opera non è stata ancora completata.

Priorità al sistema idrico

Ma nell’elenco inviato a Roma ci sono altre decine di opere che erano già comprese nel Piano nazionale degli interventi nel settore idrico ma che sono rimaste al palo per mancanza di finanziamento. Anch’esse però già riproposte più volte in occasione delle varie programmazioni comunitarie, regionali e nazionali. Ed ora rilanciate nel piatto del Recovery. Opere decisamente importanti sotto il profilo economico basti considerare che, ad esempio, per realizzare il progetto “Interventi di ripristino, estensione e/o realizzazione degli schemi irrigui sottesi ad opere di accumulo all’interno del territorio regionale” si chiedono 331 milioni e 523.385 euro.
Mentre sotto l’insegna di “Ingegnerizzazione delle reti idriche di distribuzione urbana e lavori di manutenzione straordinaria funzionali al miglioramento della gestione del servizio di distribuzione idrica e alla riduzione delle perdite nella Regione Calabria” la somma stimata è pari ad oltre 265 milioni e 719mila euro. Oppure per gli interventi classificasti sotto la denominazione “Rafforzamento e ripristino dei sistemi irrigui principali e gestione intelligente nell’uso delle acque (adduttori principali, reti secondarie, punti di misurazione e monitoraggio” il costo complessivo risulta pari a 200 milioni di euro. Tutti cantierizzabili in soli 3 anni.
E l’elenco per sistemare la rete idrica della Calabria, per la verità non si arresta qui occupando complessivamente una cospicua quota delle risorse richieste dalla Regione. Se si sommano alle cifre già elencate anche i 220 milioni destinati alla riconfigurazione degli acquedotti a seguito dei cambiamenti climatici. In questo caso i tempi si dilatano: 84 mesi per vederli in cantiere.

Strade interne e manutenzione che non c’è

Nell’elenco della Regione compaiono poi opere viarie interne, trasversali, vie minori ma anche strade da risistemare. C’è la Pedemontana della Piana di Gioia Tauro – ideata negli anni 70 e da quasi tre decenni bloccata da continue variante di progetto e contenziosi legali – che sotto le varie voci di realizzazione prevede una richiesta da 135 milioni di euro e di altre opere stradali come la connessione statale 10 all’autostrada A2 dal “Tirreno al Pollino” (finanziamento richiesto da150 milioni di euro).
E la Regione punta a farsi finanziare dalle risorse del Recovery anche la manutenzione di strade nei centri abitati. Come quella in località Scordovillo a Lamezia Terme o la rotatoria su viale Isonzo a Catanzaro ed ancora piazze e spazi aperti commerciali nel Capoluogo e a Cosenza.
C’è anche la messa in sicurezza di ponti e viadotti sulla viabilità secondaria (per intenderci quelli che sarebbero di competenza provinciale e regionale). Per questa voce si annotano 80 milioni che si sommano a 100 milioni di euro per interventi destinati a ripristinare e rafforzare la viabilità rurale e quella delle aree interne. Azioni che, nelle intenzioni della Regione, dovrebbero sopperire alla mancanza di risorse da destinare alla manutenzione della rete stradale di competenza locale.

Dal radar meteo (versione rivista), alla riforma di “Calabria verde”

C’è anche la richiesta di finanziare la riforma di “Calabria verde”. Così come anche l’efficientamento dello stabile sede della Protezione civile della Regione per 2,7 milioni da mandare in cantiere in un anno e mezzo. Le richieste che la Regione sollecita a Roma sono tante e in varie direzioni. Quella che balza agli occhi tra le altre anche quella finita di recente nel mirino della Corte dei Conti. Ritorna in auge, infatti, il radar meteo di Monte Pecoraro. La stazione che doveva sorgere a Mongiana, nel Vibonese, già finanziata con il Por 2000-2006. Un progetto già pagato dalla Regione ad un Ati che si era aggiudicato l’appalto per poi finire nel cestino: nonostante il radar fosse stato realizzato ma mai consegnato dopo che quel bando è stato annullato. Una vicenda che ha portato appunto la Corte a condannare il responsabile del procedimento e alcuni dirigenti regionali per danno erariale. Un radar ridivenuto ora di attualità visto che la Regione ne chiede la realizzazione rivendicato 4 milioni di euro.
Alla riforma di “Calabria Verde” Catanzaro chiede a Roma 80 milioni. Il doppio esatto della somma rivendicata più volte dalla Regione per finanziare il suo ente strumentale dedicato alla forestazione.

Digitalizzazione, depurazione, trasporto pubblico e rischi idrogeologici

Ci sono anche voci “pesanti” per importi richiesti, ad iniziare dagli interventi in materia di digitalizzazione. Basti considerare che la Regione ha chiesto 350 milioni di euro sotto la sigla “Calabria Next” da realizzare in 5 anni e 118 per finanziare l’Hub innovazione Calabria (Hic) da portare a cantiere entro 7 anni. Alte le richieste anche in altri campi. Per finanziare il Piano di mitigazione del rischio idrogeologico 2021-2027, la Regione ha chiesto l’inserimento nel Recovery plan di una somma pari a 237 milioni di euro. Mentre 306,2 milioni li ha chiesti per potenziare il trasporto pubblico urbano in chiave sostenibile. Ci sono poi 150 milioni per finanziare un piano di rimozione e smaltimento dell’amianto dalle strutture private e 97 per potenziare il sistema depurativo dei reflui fognari. Come anche 41 per la riqualificazione fluviale e 25 per la difesa costiera. Insomma una pioggia di risorse che Catanzaro chiede su una marea di esigenze che dovevano o sono state già contemplate da tanti altri strumenti progettuali. Senza però giungere a risultato.

Nicolai: «Stiamo puntato ad incrementare la resilienza dei territori»

«Abbiamo rispettato la tempistica che come coordinamento della Conferenza delle regioni ci eravamo dati. Consegnando le nostre proposte entro il 5 novembre. Proposte che avevamo iniziato a valutare già da agosto». Così il dg del dipartimento dei fondi comunitari della Regione Calabria Maurizio Nicolai spiega l’iter seguito dalla Regione per elaborare le proposte sul Recovery plan che «per il momento il Governo precedente non ha preso affatto in considerazione». Sui vari step seguiti dalla Regioni per concordare le proposte Nicolai illustra che «c’è stato solo un incontro con l’allora ministro Vincenzo Amendola a dicembre, ma del tutto proforma visto che non si è affatto entrato nel merito dei progetti». «Ognuno è rimasto sulle proprie posizioni – sottolinea il dg – e così il Governo ha presentato un suo piano che non era coerente con le indicazioni che la Commissione aveva esplicitato già dal mese di settembre». Da qui secondo Nicolai, «la quasi “bocciatura” del Piano» da parte di Bruxelles. «Ora occorrerà ripartire da capo e correre visto che il Piano dovrà essere presentato dai Paesi membri entro aprile». Sul percorso seguito dalla Regione, Nicolai afferma che «sono stati contattati tutti i dipartimenti che avevano una serie di progettualità giunte dalle varie amministrazioni locali a cui si sono sommati altri interventi che facevano parte di progettazioni già in itinere di grande spessore e che garantiscono importanti ricadute per il territorio. Insomma all’interno c’è tanto lavoro». «Dentro le richieste c’è di tutto – sottolinea – da progettazioni già esecutive a schede di proposta».

Mentre a proposito delle scelte adottate il direttore generale spiega che si è fatto particolarmente attenzione alla tempistica imposta dal cronoprogramma del Recovery: «I progetti che posso essere cantierati entro il 2022 sono quelli più appetibili». Ricordando che «in Calabria, un investimento che supera i 10 milioni di euro in media impiega 12 anni per essere realizzato». Dunque la scelta è ricaduta soprattutto su quelle opere la cui tempistica è più stringente. Anche se, ad una domanda diretta se tutte quelle opere inserite nell’elenco della Regione potranno rispondere a questa esigenza, Nicolai replica: «In tutta sincerità non saprei. Molto dipenderà se verranno cambiate le regole delle procedure di appalti. Se si dovesse seguire la logica del modello “ponte di Genova” e allora lo scenario cambierebbe. Diversamente è molto difficile rispettare quei tempi europei».
Per Nicolai, l’elaborazione delle proposte da inserire nel Recovery plan è stata «da subito una priorità per la Regione». «Mi sono insediato il 3 agosto – ricorda – ed è stata la prima cosa di cui mi sono occupato». E sulla logica adottata nell’inserimento di progetti nel Recovery rispetto alle altre programmazioni, il dg spiega: «Il Recovery è dedicato più agli investimenti per cui abbiamo deciso di inserire lì gli interventi di infrastrutturazione “pesante” mentre di lasciare la progettazione più “leggera” con obiettivi come il New Green deal sul Por 2021-2027 su cui stiamo iniziando a lavorare». «Questo nella strategia di sfruttare entrambe le programmazioni a cui si sommerà la terza legata al Pon».
Sull’appunto che alcune delle opere previste nelle proposte in realtà facevano parte di vecchie programmazioni, Nicolai precisa che «sono opere nuove e diverse. È chiaro che quando si parla ad esempio di ripristinare l’intero sistema della adduzioni idriche queste sussistono, ma si tratta di realizzarle ex novo».


Sull’alta velocità la valutazione del direttore generale è ferma «non mi interessa di ricomprenderla in queste proposte. Desidererei che venissero accolte: la progettazione sulla riqualificazione della rete ferroviaria interna, sulla depurazione, sul sistema di gestione di rifiuti e delle nuovi reti idriche». «Se ci accolgono queste proposte – sottolinea – avremmo un’altra Calabria. Più vivibile e moderna». «L’alta velocità – sostiene Nicolai – non può essere una priorità per la Calabria. Qui c’è un problema di base infrastrutturale per aumentare la resilienza sui territori non fa la differenza la velocità di attraversamento. Non è su questo tema che si basa lo sviluppo».
Per questo secondo il dg, «occorrerà fare una scommessa di resilienza, cioè offrire condizioni di vita migliori per quanti vivono quotidianamente in Calabria. L’alta velocità come i collegamenti aerei sono servizi a valore aggiunto che non tutti possono permettersi e che per una regione così in ritardo di sviluppo non possono rientrare tra le opere prioritarie». (r.desanto@corrierecal.it)

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