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«L’emergenza della processionaria nei boschi della Sila»

 L’emergenza che stiamo vivendo a causa della diffusione del Covid 19 risulta aggravata nei nostri ambienti naturali per la diffusione nei boschi della Sila di un lepidottero appartenente alla fam…

Pubblicato il: 06/03/2021 – 13:57
di Antonella Veltri*
«L’emergenza della processionaria nei boschi della Sila»

 L’emergenza che stiamo vivendo a causa della diffusione del Covid 19 risulta aggravata nei nostri ambienti naturali per la diffusione nei boschi della Sila di un lepidottero appartenente alla famiglia Notodontidae, Thaumetopoea pityocampa, noto come processionaria, diffusione che si è spinta fin dentro i centri abitati di Camigliatello, Lorica, Silana Mansio.
La Processionaria dei pini attacca tutte le specie del genere Pinus ma mostra una  marcata preferenza per Pinus nigra e Pinus sylvestris.
Da questa evidenza scientifica emerge la preoccupazione per le formazioni forestali dell’altopiano silano, caratterizzato in gran parte della sua superficie dalla presenza del pino laricio. 
Non è nuova, in verità, la vista sulle piante, in particolare su quelle presenti ai bordi delle strade e quelle ai margini delle formazioni boschive dell’inconfondibile batuffolo bianco, nido che identifica la presenza del fitofago.
Nel tempo abbiamo avuto modo di constatare la diffusione della processionaria  sempre più estesa e pericolosamente disturbante non solo il paesaggio dell’altopiano.
Il danno prodotto dalla processionaria è a carico delle piante da parte delle larve defogliatrici che, a seconda se giovani o mature, arrivano a mangiare interamente gli aghi, necrotizzandoli e disseccandoli.
Indebolimento e stress fisiologico per le piante attaccate e danno indiretto per il possibile contatto con i peli urticanti per la popolazione che potenzialmente ne viene a contatto, mentre risulta decisamente nociva per le specie animali.
Rischi alti dunque per lo straordinario ambiente naturale, l’inestimabile patrimonio forestale della Sila e per quante e quanti frequentano i nostri boschi, e a cascata per la ripresa economica dell’Altopiano a partire dall’offerta turistica minacciata da un lepidottero.
Eppure il contrasto alla processionaria è oggetto di direttive e attribuzione di ruoli e responsabilità che impongono la lotta e l’obbligatorietà nelle aree ritenute a rischio infestazione sin dagli anni venti del secolo scorso.
Il D.M. 30.10.2007, pubblicato. in G.U. 16 febbraio 2008, n. 40 all’art. 4 sancisce che gli eventuali interventi di profilassi per prevenire rischi per la salute delle persone o degli animali siano disposti dall’Autorità sanitaria competente.
Il governo, le autorità preposte, la gestione, la cura e dunque la competenza degli interventi che si rendono necessari per contenere l’infezione e riportare alla “salubre naturalità” le piante infettate contenendo la diffusione pericolosa della patologia risultano, nella loro complessività e interdipendenza, come spesso accade quando si tratta di territorio in senso ampio, di non facile individuazione.
Intanto cosa fare. E chi programma, progetta e infine esegue.
Sarà il caso di chiedere un incontro urgente a chi, con autorità e autorevolezza governativa, proponga e disponga una sorta di task force che, a stretto giro di posta, prenda in mano la programmazione e la progettazione delle fasi che si rendono necessarie per intervenire, avvalendosi, nel caso e come è auspicabile, di università e centri di ricerca disponibili e interessati per gli aspetti indispensabili della conoscenza del fenomeno e fornire gli strumenti necessari per monitorare e studiare gli interventi più opportuni da condurre.
Non mancano gli studi sui possibili interventi da effettuare, dalla lotta meccanica a quella chimica, passando per quella biotecnica e microbiologica, a seconda delle condizioni in cui ci si trova; tutti interventi, anche integrati, volti a ridurre il rischio sanitario causato dalle larve dell’insetto.
La gestione degli interventi non può fare a meno di una vasta campagna informativa con l’obiettivo di raccogliere informazioni attraverso segnalazioni dei nidi larvali e nello stesso tempo favorire la partecipazione attiva di flussi turistici sempre più allarmati dalla diffusione dell’insetto.
Se queste sono le azioni i soggetti da coinvolgere e da responsabilizzare dovranno essere enti locali territorialmente interessati, comunità scientifiche, senza dimenticare il Parco Nazionale della Sila naturale custode dell’ambiente protetto al quale affidare i poteri e la regia di un intervento che non è più rinviabile.

*Ricercatrice CNR – Istituto dei Sistemi Agricoli e Forestali del Mediterraneo

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