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Un eco dallo Jonio

Dima: «Il rinvio delle elezioni era scontato. La fusione? A Stasi manca la cultura» – VIDEO

L’ex deputato ospite del talk. «Sulla chiusura del Tribunale di Rossano tante bugie nei miei confronti, io individuato capro espiatorio»

Pubblicato il: 07/03/2021 – 7:12
di Luca Latella
Dima: «Il rinvio delle elezioni era scontato. La fusione? A Stasi manca la cultura» – VIDEO

CORIGLIANO ROSSANO Che il rinvio della data delle elezioni regionali fosse scontato «è cosa nota», così come «lo scarso entusiasmo dell’amministrazione comunale di Corigliano Rossano in carica per la fusione». Giovanni Dima, ospite del talk Un eco dallo Jonio, andato in onda venerdì sera su L’Altro Corriere Tv, sembra aver appeso le scarpette della politica attiva al chiodo, dopo una vita passata fra consigli comunali, regionali, assessorati e Montecitorio.
Una vita politica – e non solo – “scorticata”, per certi versi, dalla chiusura del Tribunale di Rossano, soppresso quando Dima era deputato, e da una terra che ha visto in lui il capo espiatorio, forse montato ad arte, come dice, dal fuoco amico anche interno al suo partito – l’allora Popolo delle libertà che governava tutta la filiera comune-regione-governo centrale – a livello locale e nazionale. Non è dunque da escludere che l’ex assessore regionale all’Agricoltura non abbia più voluto cimentarsi in una campagna elettorale dopo la parentesi da deputato, per quei motivi. Di certo la ferita non si è mai rimarginata, anche se oggi dalle stanze di Fratelli d’Italia continua a seguire la politica nostrana.

«Fratelli d’Italia ha riunito la diaspora della destra»

«Fratelli d’Italia – dice Giovanni Dima – mi sembra l’appendice ideale dopo un cammino iniziato nel Msi, poi in Ane, quindi nel Pdl per finire con la diaspora dopo i rapporti conflittuali fra Fini e Berlusconi. Giorgia Meloni ha avuto il merito di ricomporre quella diaspora e di un’area politica che si amplifica sempre di più».

«Il rinvio delle elezioni regionali era cosa nota. Ma così si stabilizza la straordinarietà»

«Il rinvio delle elezioni regionali – aggiunge poi, guardando alle cose di casa – era nell’aria. Non mi sono mai illuso che si potesse votare l’11 aprile per ragioni abbastanza ovvie fra la pandemia e le aggregazioni politiche, a destra come a sinistra, sostanzialmente ferme e lontane da una campagna elettorale che si poteva chiudere ad aprile». Dima, però, non giustifica un governo regionale provvisorio per così tanto tempo. «L’ordinaria amministrazione è giustificata se dura pochissimo, dalla conclusione di una legislatura all’avvio della nuova. In Calabria si sta andando oltre, se si va alle urne come ormai stabilito dal governo, si voterà ad un anno dalla scomparsa della presidente Santelli. Si può parlare, dunque, di amministrazione ordinaria? Così si stabilizza la straordinarietà».
«D’altronde – evidenzia – in Italia siamo abituati ad avere presidenti del Consiglio indicati sulla base di altri ragionamenti. È dal 2008 che non abbiamo un presidente, Belusconi, indicazione diretta delle forze politiche elette».
«De Magistris guastatore? Vedo un vuoto sul piano politico – Dima allarga gli orizzonti –. Se non ci sono certezze, anche organizzative, la macchina dei partiti difficilmente si mette in moto. Se non ci sono candidati e mancano le certezze all’interno delle coalizioni, può trovare terreno fertile chi viene da fuori, ma credo che l’esigenza dei calabresi sia quella di individuare un’idea adeguata alla Calabria».
«Nel centrodestra è stato indicato Roberto Occhiuto? Così sembra – dice ancora l’ex deputato –. La comunicazione è avvenuta attraverso una battuta alla Camera dei deputati, con la Gelmini a lasciare il posto di capogruppo di Forza Itala a Occhiuto, il quale di rimando ha sottolineato che il suo desiderio è occuparsi della Calabria».
Tra i temi trattati, anche la sanità. «Se c’è una responsabilità dietro a questo disastro, va addebitato a coloro che in dieci anni hanno dato mandato ai commissari per il risanamento».

Fusione di Corigliano Rossano, amministrazione Stasi bocciata su tutta la linea: «Manca l’approccio culturale e umano»

Da cittadino coriglianorossanese, Dima è stato strenuo sostenitore della fusione di Corigliano e Rossano e componente molto attivo del comitato delle 100 associazioni per la fusione. A tre anni dalla nascita della nuova città (il 31 marzo 2018, ndr), un primo bilancio è insufficiente, perché l’amministrazione Stasi «mai troppo entusiasta del progetto, non ha visione».
«Non c’è comune d’Italia – è la parziale e iniziale giustificazione – che non abbia problemi, perché negli ultimi 15 anni le Finanziarie di ogni governo hanno sottratto sempre più risorse agli enti locali. Su Corigliano Rossano, a voler fornire una valutazione scevra dall’appartenenza politica, non possiamo non tenere conto della straordinarietà del processo storico; è la più grande mai fatta in Italia. Non bisognava fare la fusione per risolvere le esigenze quotidiane, perché è molto altro, e credo che l’amministrazione Stasi abbia dei limiti nell’approccio culturale e umano. Un processo sociale di questa portata non può trovare soluzioni dopo due anni di governo cittadino e di certo l’amministrazione non può risolvere i problemi che ha ereditato in un batter d’occhio, ma dipende dall’approccio, dalla spinta emotiva, dal credo. Ebbene, questa amministrazione comunale non è mai stata entusiasta della fusione ad iniziare dal sindaco e quella carica emotiva necessaria non può esserci, come non c’è la passione, la partecipazione. Bisognava parlare alla città, parlare ai cittadini di Apollinara e di Pantano Martucci (le due contrade agli estremi della città, distanti 40 chilometri, ndr) ma non notiamo nessun coinvolgimento, anche delle forze che questa fusione l’hanno pensata e voluta. Qualcuno deve abituarsi all’idea che bisogna parlare con le persone, bisogna andare a Schiavonea a parlare di questo progetto». Critiche asprissime, insomma, nei confronti di Stasi e i suoi dopo venti mesi di gestione della cosa pubblica, all’interno di un giudizio pessimo che Dima offre alla discussione.

«Sul Tribunale sono stato individuato quale capro espiatorio»

Ma è in chiusura di trasmissione che il già deputato del Pdl mostra tutta la sua amarezza «per una vicenda che ha lasciato umanamente il segno». Rispetto alla chiusura del Tribunale, la più dolorosa ferita nella storia del territorio, «sono stato individuato come capro espiatorio. Perché parlo solo adesso? Le cose si soffrono, porto dentro le cicatrici di alcune scelte e di alcune vicende. In quella specifica circostanza bisognava individuare il capro espiatorio, trovato in me anche dal fuoco amico del mio partito a livello locale e nazionale, quasi fosse competenza di un deputato la chiusura o la salvezza del tribunale. L’episodio mi ha segnato sul piano umano – conclude Giovanni Dima – perché la banalizzazione, l’approssimazione nel voler individuare quel capro espiatorio ha portato a dire che io avessi firmato la chiusura: una bugia assoluta». (l.latella@corrierecal.it)

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