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«La difesa impersonale di Longo»

Disagio e stupore sono i sentimenti che ho provato nel sentire la replica del commissario alla sanità calabrese ospite ieri sera della trasmissione “Non è l’arena”. Mi aspettavo una difesa puntual…

Pubblicato il: 08/03/2021 – 11:10
di Giusy Raffaele
«La difesa impersonale di Longo»

Disagio e stupore sono i sentimenti che ho provato nel sentire la replica del commissario alla sanità calabrese ospite ieri sera della trasmissione “Non è l’arena”. Mi aspettavo una difesa puntuale e dura rispetto alla totale disorganizzazione della campagna vaccinale nel territorio reggino, con tutti i potenziali rischi per la salute della popolazione in assembramento “modalità stadio”, e invece mi è parso di vedere un uomo intimidito (tra l’imbarazzato e il contenuto) che si è espresso come se fosse uno spettatore impotente rispetto alla più completa anarchia sanitaria calabrese. «Evidentemente non c’è organizzazione all’interno dei punti vaccinali, bisognerebbe tener conto delle persone fragili, stabilire dei percorsi alternativi, prevedere un sistema che assicuri a tutti le vaccinazioni nel modo dovuto». Ma chi lo deve fare resta un mistero! La solita rappresentazione scenica del rimpallo di responsabilità. Mi chiedo dove sia finito il superpoliziotto! L’uomo delle istituzioni che ha dedicato la sua carriera alla lotta contro la criminalità organizzata, conosciuto per la sua lotta contro il clan dei casalesi, coprotagonista a Palermo della cattura di Salvatore Madonia, l’assassino di Libero Grassi. Possibile che chiunque ricopra l’incarico di “salvatore dei conti disastrosi della sanità calabrese” sia investito da una forma di “impasse emotiva”? Tralasciando la questione dell’arredo di circa 31mila euro delle stanze regionali, reale fotografia dello sfarzo fine a se stesso, di una politica che non possiede il senso basico della decenza (e che si sarebbe guardata bene dal giustificarsi citando le sedie mangiate dai topi), lontani con il cuore e con la testa dai bisogni di chi non ha il minimo per sopravvivere, perché ancora una volta la Calabria ne deve uscire con l’immagine di territorio senza speranza?

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