REGGIO CALABRIA Per questo 8 marzo, “Giornata internazionale della donna”, Piazza Italia parla con le voci delle testimonianze e indossa gli occhi della lotta. Appartengono alle donne che hanno ricevuto il “Premio otto marzo città di Reggio Calabria” voluto dall’amministrazione comunale, ma anche alle attiviste di “Non una di meno” che subito dopo la cerimonia portano il loro “Consultorio in piazza”, per ricordare quanto questo periodo di pandemia abbia accentuato le disuguaglianze evidenziando una volta in più le mancanze della nostra società. Due eventi slegati tra loro, uniti da un filo rosso declinato interamente al femminile.
Il pomeriggio è iniziato davanti a Palazzo San Giorgio con la cerimonia ufficiale del Comune di Reggio finalizzata a «ricordare la battaglia per i diritti delle donne attraverso la testimonianza delle personalità che si sono distinte per il loro impegno e il loro coraggio, nella vita e nell’attività professionale, costituendo un esempio per l’intera comunità». Voluta dal sindaco Giuseppe Falcomatà, l’iniziativa è stata ideata di concerto con l’assessorato delle Pari opportunità nella persona di Giuggi Palmenta e con la consigliera metropolitana per le Pari opportunità Paola Carbone.
Il significato più profondo di questo riconoscimento, aveva spiegato Falcomatà, è quello di «aprire un dibattito sulla parità di genere, tema purtroppo assolutamente attuale nel nostro paese» così come quello «dei diritti delle donne in tante aree del mondo dove ancora insiste una marcata divaricazione tra ruoli di genere».
Proprio per questo, ancor più facile è comprendere come la scelta sia ricaduta su quattro donne simbolo ed eccellenza nei rispettivi settori. Per lo sport la campionessa di basket in carrozzina Ilaria D’Anna, capitano e unica donna nella squadra di Reggio, oltre che prima donna “top scorer” nella storia del campionato. Per il mondo della scuola e dell’istruzione Mafalda Pollidori, Vicepresidente dell’Associazione Nazionale dirigenti e professionalità di spicco della scuola (Anp). Per l’imprenditoria e artigianato Rosa Furfari, storica ideatrice e fondatrice del “Museo dell’artigianato tessile, della seta e della moda calabrese” aperto nel 1997 dopo oltre vent’anni di ricerche sul territorio. Infine Maria Antonietta Rositani, data alle fiamme dall’ex marito che aveva denunciato e fatto condannare dopo anni di violenze subite. Proprio quest’ultima – si legge nella menzione del premio – è «diventata testimone di una battaglia che non conosce epoca e confini» tanto da rappresentare oggi «emblema di resilienza e rinascita».
Un simbolo, ma anche testimonianza di un problema ancora troppo attuale. E così, lancia un messaggio a quante donne ancora oggi sono vittime di violenza e finiscono per chiudersi dentro se stesse: «La donna è madre, la donna è vita, genera la vita di un essere umano. Ma la donna è anche sposa e spesso si dà totalmente all’uomo, ma nessun essere, nessun individuo può cambiargli la vita. Ci sono donne che si chiudono e rinunciano a vivere invece io dico loro di denunciare»
«La violenza – aggiunge – è come le tenebre della notte, dell’Inferno. Io mi sentivo in carcere dentro casa mia, non ero libera di poter aprire una finestra, potermi esprimere, di fare una qualsiasi azione quotidiana. Questo è la violenza, impedire a un essere di poter vivere».
Dopo la premiazione, l’attenzione si è spostata in Piazza Italia dov’era presente il gruppo cittadino del movimento femminista “Non una di meno”, movimento che racchiude in sé «le lotte che possano riguardare non solo le donne, ma tutte le società non binarie». Divise e unite tra Reggio e diverse altre piazze per portare un messaggio di parità, ma prima ancora di lotta rappresentato dallo “sciopero femminista e globale”. «L’8 marzo non è una festa», precisa subito Antonella Tassitano, componente del gruppo reggino. «La pandemia ci ha presentato un mondo a carico quasi esclusivamente delle donne. Stiamo prestando la nostra vita e le nostre spalle ad una società patriarcale e capitalista che pensa quasi esclusivamente allo sfruttamento. Gli episodi di violenza che si sono avuti in quest’ultimo periodo di pandemia sono stati tantissimi. Dall’inizio dell’anno sono oltre 16 le donne uccise per mano di compagni, ex compagni, ex mariti e questo fa capire quanto sia importante agire su una violenza che ormai è strutturale». Per andare oltre l’attuale scenario bisogna «puntare sulla cultura e sull’educazione di genere».
«Se le donne si fermano – conclude – si ferma il mondo. Non è un pensiero utopistico: se tutte le donne decidessero di incrociare le braccia, allora si vedrebbero gli effetti».
Il movimento riporta il “Consultorio in piazza”, ovvero il presidio di informazione e controinformazione sulle tematiche riproduttive delle donne, malattie sessualmente trasmissibili e salute sessuale con presenza anche di una ginecologa e distribuzione materiale informativo.
Il pomeriggio è proseguito con una serie di interventi, anche di alcune rappresentanze politiche presenti in piazza, letture e il “flash mob” finale, rappresentazione dell’urlo che si propaga molto oltre la semplice ricorrenza. (f.d.)
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