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«Tra gaffe e bugie i burocrati prendono tempo sulla pelle del Sant’Anna»

Lettera aperta dei lavoratori dopo lo stop del 5 marzo. «Otto ore di attesa per sentire una menzogna. Le istituzioni ci prendono in giro»

Pubblicato il: 08/03/2021 – 11:46
«Tra gaffe e bugie i burocrati prendono tempo sulla pelle del Sant’Anna»

Riceviamo e pubblichiamo una lettera dei dipendenti del Sant’Anna Hospital.

Negli ultimi due mesi, la vicenda del Sant’Anna Hospital ha caratterizzato e catalizzato la stampa e i social. Una miscela di logiche, di sentimenti, di tecnicismi ha contrassegnato sia il percorso dell’interruzione delle attività sia la dignitosa disperazione dei lavoratori, l’incredulità e l’indifferenza dei cittadini.
Abbiamo combattuto contro i mulini a vento dell’inefficienza. Con certosina pazienza abbiamo risalito la china, e come in un magico puzzle abbiamo posizionato ogni tassello, componendo un quadro di requisiti e di standard di qualità, che ha conquistato il parere favorevole della Cavss e dell’Ota.
Dopo la tempesta, la quiete che contraddistingue la natura delle cose, lo scorrere della vita, la voglia di ripartire.
Tutto ciò fino al 5 marzo quando, come nell’ultimo atto della tragedia, abbiamo assistito all’apoteosi del dramma.
Di seguito la cronistoria dei fatti: l’1 marzo scorso l’Ota inviava al dirigente generale il verbale conclusivo; allo stesso organismo era già pervenuto il verbale con esito favorevole della commissione Cavss dell’Asp.
Ai sensi del disposto di cui alla L. 24/2008: il Dirigente Generale (surrogato nelle regioni sottoposte a Piano di Rientro da Commissario ad acta) entro quindici 15 dal ricevimento delle relazioni delle commissioni, deve esprimere mediante decreto il parere.
Mediate comunicazione formale al rappresentante sindacale Usb e al consigliere regionale Francesco Pitaro, il Commissario ad acta definiva l’agenda di firma del decreto il 5 marzo 2021.
Ed ecco i coup de theatre: il 5 marzo, tutte le maestranze e il management del Sant’Anna Hospital si recavano in modo civile e democratico, rispettando la normativa anti-covid, davanti alla Cittadella della Regione Calabria per avere formale certezza della firma del decreto di rinnovo dell’accreditamento.
Dopo otto ore di attesa, il commissario giustificava la mancata firma del decreto per un nuovo passaggio del verbale Ota presso la commissione straordinaria dell’ASP di Catanzaro.
Otto ore di attesa! Una seduta chirurgica lunga otto ore.
Sul tavolo operatorio la nostra regione inferma e malaticcia su tutti i livelli di responsabilità.
Non poche le complicanze durante l’intervento: maestranze e professionalità che hanno permesso negli ultimi 10 anni oltre 10mila interventi cardiochiurgici, 4.500 interventi vascolari, 6mila interventi di elettrofisiologia, 15mila procedure di rivascolarizzazione miocardica mediante angioplastica, umiliate da burocrati incompetenti e da management ministeriali, che in 10 anni hanno portato la sanità calabra allo stato attuale, con un debito di oltre due miliardi; maestranze e  professionalità, paragonate a soggetti pericolosi sorvegliate speciali della Digos, ad attendere riunioni e tavoli di crisi con tanto di presenzialismo formale ma vuoti di competenze, incapaci d’inserire in agenda un piano vaccinale, completare la vaccinazione programmata, attuare il piano operativo 2019-2021; molto solerti, di contro,  a corredarsi di mobili e paillettes come prime donne.
Maestranze e professionalità, in attesa estenuante, mentre dirigenti inquisiti, raccomandati di risulta sfilavano tra i gruppi di lavoratori quali prime donne.
La complicanza maggiore che ha determinato la morte di ogni speranza è stata la pantomima della dichiarazione finale: «La firma è stata prorogata in quanto il  verbale Ota è stato inviato alla commissione straordinaria dell’Asp»; una pietosa menzogna o eclatante gaffe, non supportata da alcun regolamento né da alcuna legge.
Una pietosa menzogna per prendere tempo.
Povera terra, poveri calabresi! Essere presi in giro da cosiddetti “uomini delle istituzioni” inveterati burocrati impiegati per gestire realtà ben più complesse delle loro consolidate esperienze a stipendio fisso e incrementale per 40 anni.  
Quando non si riesce basta inventare qualche fanfaluca, non tenendo conto delle competenze di chi si ha davanti.
L’importante, in questa terra persa, è prendere tempo e far passare a jurnata.

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