RENDE Il caso del castello svevo di Rende finisce al ministero dei Beni culturali. Con una lettera inviata al ministro Franceschini, al direttore del Segretario regionale della Calabria per la Cultura e al Soprintendente per l’archeologia, belle arti e paesaggio per la provincia di Cosenza, Marina Simonetti, presidente dell’associazione AttivaRende, Mauro Stellato, segretario della Federazione Riformista di Rende, Francesco Beltrano, Rossana Ferrante, Sandro Principe, Annarita Pulicani, Domenico Talarico, consiglieri comunali di Rende chiedono lumi sul rispetto della normativa antisismica.
«Il maniero – scrivono – presenta una struttura mista con pareti portanti in muratura e torre civica, cordolo e travi di copertura in cemento armato; ed, inoltre, delle superfetazioni in ferro e vetro sui lati ovest ed est. La tipologia strutturale del castello è quanto di più pericoloso si possa immaginare in zona sismica di prima categoria, per come è classificato il territorio di Rende. Il comune ottenne nel 2007 dalla Regione, presidente on.Agazio Loiero, un milione e mezzo di euro per ristrutturare il castello. Quel finanziamento è stato confermato all’incirca nel 2012, assegnando al comune di Rende il ruolo di soggetto attuatore. L’Amministrazione Comunale dell’epoca provvide subito ad appaltare la progettazione dell’opera. I professionisti, vincitori della gara, consegnarono al Comune un progetto che prevedeva la demolizione di tutte le parti in cemento armato da sostituire con una copertura leggera in travi di legno e coppi, nonché l’eliminazione di tutti gli ampliamenti in ferro e vetro realizzati nel corso degli anni, per mantenere gli uffici comunali nel centro storico. Attuando il progetto aggiudicatario, si sarebbe eliminato il pericolo, sotto il profilo sismico, della pesante copertura e della pesantissima torre civica realizzate in cemento armato sulle pareti portanti in muratura ed, inoltre, il maniero sarebbe ritornato al suo aspetto architettonico originario, con il giardino sul lato est e con il grande terrazzo sul lato ovest».
«Il commissario prefettizio Valiante che ha gestito il Comune a cavallo degli anni 2013/2014 – proseguono Simonetti, Stellato, Beltrano, Ferrante, Principe, Pulicani e Talarico – rifiutò di svolgere il ruolo di soggetto attuatore che venne assegnato, dopo un ulteriore perdita di tempo per rifare l’iter, alla Direzione Regionale dei Beni Culturali che non ha tenuto in nessuna considerazione il progetto di proprietà comunale più sopra illustrato ed ha provveduto a redigere un nuovo progetto, posto a base della gara d’appalto. Il progetto appaltato non elimina le superfetazioni e, soprattutto, non rispetta la normativa antisismica vigente, la quale, giova ricordare, non consente la realizzazione di strutture miste, ancor di più se le copertura in cemento armato e la torre civica appesantiscono le strutture portanti in muratura». In altri termini, i consiglieri comunali sottolineano «che l’impegno di pubblico denaro, in misura pari a 1,5 milioni di euro, non viene utilizzato per eseguire i lavori più necessari ed urgenti, e cioè le opere di adeguamento antisismico per riportare il bene culturale in sicurezza. Inoltre, il progetto che noi contestiamo è stato ulteriormente cambiato, per destinare ben 500mila euro per l’allestimento di un museo privato (Bilotti Ruggi d’Aragona), prendendo a pretesto la necessità di esporre una collezione donata al Comune di Rende, che, però, può essere allocata in uno dei musei di proprietà comunale».
Per questi motivi chiedono in modo particolare a Franceschini, «sempre sensibile alla tutela e alla valorizzazione dei beni culturali, il rispetto della normativa antisismica vigente nel territorio del comune di Rende e, per l’effetto, di utilizzare il finanziamento pubblico pari ad 1,5 milioni, per riportare il castello Normanno-Svevo di Rende in sicurezza sotto il profilo sismico».
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