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Processo “Gotha”, Liuzzo: «Le cosche erano divise tra Paolo Romeo e i Matacena»

Il pentito che racconta le trame elettorali del 90. Replica l’imputato: «Giorgio De Stefano appoggiò il candidato della sua corrente nella Dc»

Pubblicato il: 10/03/2021 – 21:37
di Francesco Donnici
Processo “Gotha”, Liuzzo: «Le cosche erano divise tra Paolo Romeo e i Matacena»

REGGIO CALABRIA Botta e risposta, seppure a distanza di tempi e luoghi, tra il collaboratore di giustizia Giuseppe Liuzzo e l’avvocato Paolo Romeo, uno dei principali imputati nel processo “Gotha”. Nell’Aula bunker di Reggio Calabria, davanti al collegio presieduto dal giudice Silvia Capone, si è tenuta oggi l’udienza del processo chiave alle “famiglie” reggine.
Oggetto principale dell’odierno dibattito sono state le dichiarazioni del pentito Liuzzo, esponente della cosca “Rosmini” e già gravato da quattro condanne per 416-bis. In agenda era prevista anche l’escussione del “pentito illustre” Seby Vecchio, rinviata alla prossima udienza. In compenso, la trattazione odierna si è chiusa con le dichiarazioni spontanee rese proprio da Paolo Romeo che ha voluto replicare a Liuzzo.
Prima di loro, era stata la volta di Bruno Trapani, classe 57, espressione della cosca “Saraceno”, difeso dall’avvocato Emanuele Genovese e chiamato a riferire sui presunti rapporti nel consorzio d’imprese facente capo all’imprenditore Felice Nava (e prima ancora al padre Paolo).

Liuzzo: «L’avvocato Marra si metteva a disposizione di tutte le cosche»

La pubblica accusa rappresentata dai sostituti procuratori presso la procura di Reggio Calabria, Stefano Musolino e Walter Ignazitto, ha così portato in aula l’interrogatorio reso da Liuzzo lo scorso 28 ottobre 2019. Il collaboratore, collegato in remoto e rappresentato in aula dall’avvocato Antonia Nicolini, è stato subito chiamato dal pubblico ministero Musolino a ripercorrere «la sua carriera criminale» quindi il processo che lo ha portato a maturare la scelta di collaborare con la giustizia.
Il vero esame inizia però dalla figura dell’avvocato Antonino Marra, anch’egli tra gli imputati illustri di “Gotha”. «Lo conosco da quando ero un ragazzino. – dice il pentito – Negli anni 90 diventò il braccio destro di Angelo Frascati».
«Marra gestiva la concessionaria della Nissan e gli subentrò Frascati mettendo i capitali con l’impegno che gli riconoscesse il 20%». Ma Frascati, stando al racconto di Liuzzo, sarebbe contravvenuto a questo accordo «preferendo spartire con suo zio Nino e con i “Libri”», nota famiglia del “mandamento Centro” ritenuta egemone nel quartiere di Cannavò. I rapporti tra Frascati e Marra si incrinano e quest’ultimo decide di «collaborare coi Rosmini» ai quali si sarebbe avvicinato per tramite dei Matacena «dei quali curò gli affari legali fino ad un certo periodo».
«Marra – spiega Liuzzo – entra e diventa il braccio destro di Elio Matacena, fratello dell’onorevole (Amedeo, ndr)». Il ruolo di Marra sarebbe stato quello di «fare tutta la gestione del patrimonio».
Ma l’avvocato «era anche il consigliere della cosca Chirico» nonché «molto amico di Mimmo Chirico, quello che fu ammazzato». Il riferimento è a Domenico Chirico, boss assassinato a 59 anni e cognato di Paolo Iannò. «Negli anni 94-95 Marra doveva ristrutturare una casa a Gallico e Paolo Iannò ce l’aveva con lui identificandolo come il consigliere dei Chirico». Da Marra, Liuzzo dice di aver appreso diverse informazioni, come quella riservata dell’appartenenza di Osvaldo Massara alla cosca “Serraino”.
Sono diversi i nomi e le attività citate dall’accusa per ricostruire la geografia criminale del quartiere Gallico risalente a quel periodo. «Inizialmente erano tutti assieme, poi ci sono state delle rotture interne…quindi voglio dire…Ciccio Catalano con Carmelo Cartisano, c’erano dei problemi al loro interno…poi negli ultimi tempi avevano anche discussioni con Franco Rodà per altre situazioni».
A Gallico «Marra aveva un deposito e mi disse che era in società con Giovanni Rugolino» e «negli ultimi tempi si metteva al servizio di tutte le ‘ndrine», aggiunge Liuzzo.
Il pm gli ricorda di una loro conversazione dove Marra «si descrisse come un “pesce di profondità”» spiegando la differenza dei rapporti intrattenuti con Chirico e Iannò, tra i quali non correva buon sangue perché «dopo la guerra di Reggio, Iannò aveva preso il controllo del quartiere e c’era un po’ di invidia».
Liuzzo sostiene inoltre che Marra aveva «rapporti stretti con un colonnello della Dia» e avere queste amicizie «lo rendeva ancora più importante agli occhi delle cosche».

La competizione elettorale tra Paolo Romeo e i Matacena

«Nel 1994 l’avvocato Romeo è stato l’avversario politico di Amedeo Matacena nell’elezione per il parlamento». Qui, Liuzzo, nel descrivere i rapporti tra i soggetti in causa, delinea un quadro in base al quale le cosche si sarebbero divise tra i due candidati: «L’avvocato Romeo era appoggiato dall’avvocato Giorgio De Stefano, dalle “famiglie De Stefano-Tegano-Libri”, da tutto quello schieramento» mentre «Amedeo Matacena era appoggiato dai Condello, Trapani, Saraceno, Labate, Serraino e tante altre “famiglie”».
L’attenzione del pubblico ministero si sofferma però sul presunto appoggio di Giorgio De Stefano dato a Paolo Romeo. Questi viene descritto come «la persona apicale della cosca, che controlla l’”area grigia” e già nel 94 gestiva dalla Provincia». L’avvocato De Stefano avrebbe avuto «contatti molto stretti con la famiglia Giglio, che gli erano devoti».
Liuzzo racconta di un episodio avvenuto nel 1994, quando sarebbe stato avvicinato da Cesarino Giglio «su mandato dell’avvocato De Stefano» per essere convinto a passare dallo schieramento a favore di Matacena – «sostenuto anche dai Rosmini» – a quello dell’avvocato Romeo, che, a differenza di Matacena, «aveva una “struttura” da fare paura». All’incontro, oltre a Giglio, «c’era anche Mario Giglio, il fratello, Tonino Surace e tutto quello schieramento». Quell’elezione sarebbe stata particolarmente importante «perché se l’avvocato Romeo non avesse vinto avrebbe avuto problemi giudiziari».
«Se noi avessimo dato l’appoggio elettorale a Romeo, loro avrebbero fatto la qualsiasi…un po’ per tutto, anche per le amicizie che avevano in magistratura, perché avevamo un sacco di persone in carcere e loro potevano risolvergli i problemi giudiziari».
Ma il rapporto tra i “Rosmini” e la famiglia Matacena, partito «da una storia dei bar sulla Caronte», avrebbe avuto radici troppo spesse. «Nel momento in cui il cavaliere Matacena spinge il figlio a entrare in politica – dice Liuzzo – garantisce ai Rosmini» che sarebbe riuscito «a fare riesaminare dei processi dove c’erano degli imputati…a non fargli prendere l’ergastolo. Per queste cosche non era una questione di soldi».
A dare «l’ultima parola» sarebbe stato Pasquale Condello dopo aver sentito Diego Rosmini, nonostante la loro consapevolezza che «l’avvocato Romeo e i De Stefano avevano le amicizie. Loro riuscivano a non farsi arrestare, avevano il monopolio di tutta Reggio, di tutti gli Uffici, come anche l’urbanistica» con particolare attenzione alla Questura, ritenuta «assai infiltrata».

L’incontro di Liuzzo con Marra e Paolo Romeo dopo l’elezione

Dopo la tornata elettorale, Liuzzo avrebbe incontrato l’avvocato Paolo Romeo insieme all’avvocato Marra al proprio deposito di materiale edile. «Ci abbracciammo e ci salutammo affettuosamente e si misero a completa disposizione sia per me che per gli amici miei ricordando le tante amicizie che avevamo in comune». Liuzzo ricorda altre circostanze che riguardano indirettamente iniziative di Romeo e Marra, come la questione relativa all’«entrata in società nell’acquisto dell’albergo “Fata Morgana”», il caso del supermercato Conad e le mire espansionistiche verso Villa San Giovanni «dove si appoggiavano ai Condello». Inoltre, nel 2005 Marra avrebbe raccontato di come Romeo fosse stato garante «per aggiustare il rapporto di amicizia con Angelo Frascati, sempre con l’appoggio delle “famiglie”».

Paolo Romeo: «Non ho avuto l’appoggio elettorale di Giorgio De Stefano»

Dopo il controesame operato dai legali nei confronti di Liuzzo, interviene Paolo Romeo, difeso dall’avvocato Morace, per rendere delle dichiarazioni spontanee in relazione «a due circostanze menzionate dal collaboratore di giustizia».
La prima riguarda il citato incontro che lo stesso Romeo avrebbe avuto – accompagnato dall’avvocato Marra – con Liuzzo dopo le elezioni. «Con l’avvocato Marra – dice Romeo – stavamo andando negli uffici di Frascati e occasionalmente, in quella circostanza, ho avuto modo per la prima volta nella mia vita di imbattermi in Liuzzo col quale ho stabilito un dialogo tra due soggetti che per la prima volta si incontrano». Romeo sostiene non di essersi messo a disposizione di Liuzzo «e i suoi amici» ma di avergli detto che «come imprenditore ci sarebbe stata la possibilità di partecipare durante la “Festa del mare”. Nel caso poteva venire a trovarci a Gallico».
L’altra circostanza riguarda invece il presunto appoggio di Giorgio De Stefano alla candidatura dello stesso Romeo e la citata intercessione per suo conto – a mezzo di Cesarino Giglio – sempre con Liuzzo, quindi coi Rosmini. «Mi sembra assurdo – dice Romeo – che De Stefano potesse sollecitare Cesare Giglio ad intermediare con Liuzzo per conto mio».
«Nel 1990, nelle consultazioni regionali, io fui candidato e risultai consigliere regionale però vi erano altre dieci liste di candidati, tra cui quella del partito liberale da cui risultò Amedeo Matacena consigliere regionale insieme a Giuseppe Scrinzi». Tra i candidati «c’era anche Lillo Manti», anche lui eletto. A tal riguardo, dice Romeo: «L’avvocato Giorgio De Stefano ha sempre dichiarato la sua militanza nella Democrazia Cristiana e non ha mai fatto mistero di aver sempre sostenuto i candidati della sua corrente. E in quel caso, il candidato della sinistra democristiana era appunto Leone Manti». E conclude: «Parliamo di momenti storici dove semplificare il mio consenso elettorale come proveniente dalle cosche, significa negare l’evidenza». Riservandosi di produrre il materiale necessario a dimostrare queste tesi. (redazione@corrierecal.it)

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