BOLOGNA Sfregiare una donna gettandole acido sul volto. Era l’obiettivo, poi non realizzato, di alcuni indagati nell’inchiesta di ‘Ndrangheta “Perseverance” della Dda di Bologna. In una registrazione del novembre 2019, tra Giuseppe Friyo, Domenico Cordua e un terzo uomo si sente progettare l’azione: «Ragazzi c’è da fare una lavorettino, se vi interessa eh (…) c’è da picchiare una donna…», dice Cordua. Risposta: «E che dobbiamo fare? Dobbiamo darle dei pugni?». Cordua: «La mandate in ospedale…o le buttate un po’ di acido sulla faccia». E ancora: «Dev’essere sfregiata?». «Bravo, solo la faccia però. Le butti l’acido addosso e te ne vai».
Gli interlocutori di Cordua, sottolinea il Gip Alberto Ziroldi nell’ordinanza con cui ha disposto dieci misure cautelari, pur evidenziando alcuni dubbi, si dimostrano interessati al punto di informarsi sull’eventuale compenso e di richiedere altre informazioni sul bersaglio e il luogo dove poter compiere l’azione. Si sente la voce del terzo interlocutore dire: «L’acido sai cosa le fa? Che dagli occhi non vede più». Cordua: «Bravo… e quello devi fare». L’altro uomo: «Quello è già… come morte!».
Friyo: «L’hai rovinata! L’hai rovinata». Il terzo uomo: «Eh, l’hai rovinata, eh, meglio sparare che rovinarle la vita».
Giuseppe Sarcone Grande, l’ultimo fratello finora rimasto in libertà, è gravemente indiziato di essere uno degli attuali vertici dell’associazione ‘ndranghetistica emiliana. Arrestato nell’operazione “Perseverance” di polizia di Reggio Emilia e Pamra e carabinieri di Modena, attraverso prestanome avrebbe gestito attività economiche modenesi e reggiane, come sale scommesse, officine meccaniche, carrozzerie, società immobiliari, nel tentativo di salvaguardare il proprio patrimonio da prevedibili sequestri, alla luce della misura di prevenzione patrimoniale già emessa nel settembre del 2014 nei confronti della famiglia. Ora sono state sequestrate cinque società, quattro complessi immobiliari e un’auto.
Episodio emerso in indagine è il tentativo di acquisire la gestione di un’area di servizio in provincia di Reggio Emilia e di una sala slot e scommesse a Modena, attraverso la costituzione, da parte di soggetti compiacenti, di apposite società, tutte di fatto di nascosto gestite da Sarcone.
La figura di Antonio Muto è emersa nell’indagine “Perseverance” quando due coniugi si sarebbero affidati al gruppo per fare del male a una donna, divenuta di ostacolo per l’acquisizione di un patrimonio, un fatto scongiurato solo dall’intervento della polizia reggiana che, attraverso perquisizioni, ha indotto i mandanti ad abbandonare l’obiettivo per il timore degli inquirenti.
I due, in un’altra occasione, avrebbero anche chiesto alla consorteria di recuperare una somma di denaro, due milioni di euro secondo le intercettazioni, di probabile provenienza illecita. Muto si sarebbe rivolto quindi a Domenico Cordua e Giuseppe Friyio: i due si sarebbero appostati fuori dalla casa del debitore, in Toscana, e gli avrebbero consegnato documenti sul presunto credito, accompagnati da foto di suoi stretti parenti, con intento intimidatorio. È seguito quindi un intervento, in difesa della vittima, da parte di una persona che si è presentata come referente di un altro gruppo calabrese. A quel punto sarebbe entrato in scena, «con azione che si è svolta con dinamiche tipicamente mafiose», per gli inquirenti, anche Giuseppe Sarcone Grande. Ci sono state “trattative” sull’esistenza e l’esigibilità del credito, affrontate in riunioni del gruppo, documentate dalla squadra mobile reggiana.
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