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Il ruolo di Muto junior negli affari di famiglia

Gli investigatori tratteggiano il profilo del rampollo della famiglia cetrarese. «Rivendica lo status di “nobiltà criminale”»

Pubblicato il: 12/03/2021 – 6:52
di Fabio Benincasa
Il ruolo di Muto junior negli affari di famiglia

COSENZA Figlio del capo cosca, Muto Junior meglio, conosciuto come “Zorro”, è accusato di far parte del sodalizio finalizzato al traffico degli stupefacenti. Lo mettono nero su bianco gli inquirenti che indagano sugli affari illeciti della potente cosca egemone a Cetraro a cui la Dda di Catanzaro ha assestato un duro colpo con l’operazione “Katarion”. A svelare, ruolo e importanza rivestita all’interno del gruppo criminale dal figlio del boss Franco Muto, è il contenuto di alcune intercettazioni ambientali nelle quali il rampollo della famiglia cetrarese commenta l’arresto di Vattimo e la perdita per l’organizzazione di almeno 40.000 euro. «L’hanno fermato in un semplice posto di blocco, dopo lui si è innervosito che lo sapeva che glielo trovavano che c’erano i cani, ma perché è un coglione e in più il debito della cosa… di 38/40…del chilo della cosa….più 40 mila euro di debiti…e più ora tutti rimangono senza…».

Affari di famiglia

La pretesa da parte di Muto junior di essere tenuto al corrente di ciò che accadeva appare per chi indaga «la rivendicazione del proprio status di “nobiltà criminale” ma non l’esercizio di prerogative proprie dei vertici dell’associazione». Muto non pretendeva di essere considerato dominus assoluto del clan, ma si “accontentava” di avere tutte le informazioni necessarie sui movimenti della cosca. «Nel corso di una intercettazione, “Zorro” si rivolge ai suoi accompagnatori notizie in merito ai fornitori dello stupefacente e, nell’ultimo tratto della conversazione, accenna al fatto che i proventi derivanti dai traffici di stupefacenti confluissero comunque nelle casse dell’organizzazione e fossero utilizzati per sostenere economicamente i nuclei familiari dei soggetti detenuti, tra i quali quello di suo nipote Francesco Muto».

Il mercato della polvere bianca

Ad illuminare le dinamiche del traffico di droga nel territorio sottoposto al controllo del clan Muto una conversazione, intercettata dagli investigatori nel settembre del 2016, nell’auto di Flavio Graziosi che compare in diversi episodi di cessione di droga. «Gli interlocutori commentano l’iniziativa di Mario Cianni di acquistare altri 500 gr di cocaina immediatamente dopo il sequestro subito da Claudio Vattimo e Muto Junior si propone di parlare con lo “zio Mimmo” (alias Domenico Andreoli, storico esponente del clan) per sapere se avesse “autorizzato” lui Cianni a recarsi nuovamente a Siderno. «Mo devo andare da zio Mimmo… e devo andare a vedere se a Mario ce l’hanno mandato loro là… a nome nostro… che se Mario è andato a nome … a cosa sua … per cose sue e non dà niente a nessuno… non è andato a cosa sua? … Ce l’hanno mandato?». Cianni, come riscontrato in altre intercettazioni aveva parlato con Andreoli sia prima che subito dopo l’arresto di Vattimo. «Il giorno dopo hanno parlato con questo ed il giorno dopo ancora sono andati là … quindi … l’hanno mandato loro per forza … e poi il giorno … il giorno prima che arrestavano a Claudio … so che Garibaldi, Mario e zio Mimmo… avevano già parlato insomma … e avevano già parlato prima ed hanno parlato pure dopo che…”». Insomma, Muto junior non impone nulla, a lui basta anche la parola del fidato “Zio Mimmo” ma nulla gli impedisce di assumere informazioni sulle condotte di personaggi contigui o legati alla cosca.

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