VIBO VALENTIA Maria Cicerone, moglie del boss Antonio Mancuso, di 83 anni, dovrà risarcire Arcea (l’Azienda per le erogazioni in agricoltura) per un importo di oltre 227mila euro. Così ha deciso la Corte dei conti di Catanzaro.
La vicenda trae origine dalla citazione in giudizio del 18 giugno scorso avanzata dalla Procura regionale nei confronti della donna, nella sua qualità di titolare dell’omonima azienda agricola per il risarcimento del danno in favore di Arcea a titolo di indebita percezione di fondi comunitari a valere su fondi europei Fers, destinato al sostegno per lo sviluppo rurale in zone svantaggiate, in relazione alle domande presentate tra il 2008 e il 2017. Per la Corte dei conti la richiesta della procura è fondata e provata «quanto a tutti gli elementi che compongono la responsabilità amministrativa. Sull’elemento soggettivo – scrivono i giudici – è provato il dolo delle condotte perpetrate e consistenti nell’aver prodotto contratti di fitto agrario falsi sotto il profilo soggettivo, avendo i proprietari dei terreni dichiarato di non avere mai conosciuto la convenuta, senza che quest’ultima sia riuscita a provare il contrario; nell’aver prodotto domande di aiuto comunitario su terreni a loro volta oggetto di provvedimenti di sequestro prima e di confisca poi, e dunque in assenza di disponibilità di fatto e di diritto al momento delle domande di aiuto e di contribuzione, le cui erogazioni materiali, nella misura quantificata per le campagne dal 2008 al 2017, devono considerarsi pertanto indebite, atteso anche il nesso causale tra fatto e danno erariale, tenuto conto della relazione di servizio funzionale esistente tra l’aiuto comunitario, oggetto di contribuzione pubblica e il suo beneficiario».
Il danno quantificato è «certo liquido e determinato nel suo preciso ammontare di euro 227.047,58 euro e costituisce il pregiudizio arrecato all’erario che deve essere integralmente restituito ad Arcea. Tale somma va rivalutata secondo indici Istat a decorrere dalla data del fatto illecito».
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