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«Vedere per credere»

Ricusare un giudice è sempre un atto doloroso, anche quando esso è compiuto nell’interesse del giudice stesso. È il caso che ha costretto la difesa di Francesco Stilo a documentare la precedente v…

Pubblicato il: 17/03/2021 – 10:58
di Nunzio Raimondi*
«Vedere per credere»

Ricusare un giudice è sempre un atto doloroso, anche quando esso è compiuto nell’interesse del giudice stesso. È il caso che ha costretto la difesa di Francesco Stilo a documentare la precedente valutazione in altro giudizio di prove afferenti la responsabilità del nostro assistito. E bisogna dare atto alla giudice, dott.ssa Gilda Danila Romano, di aver colto la “forza della prevenzione” (l’espressione è di Carnelutti) che deriva allo stesso giudice dalle proprie precedenti valutazioni, tanto da indurLa, dapprima ad una richiesta di astensione (Ella all’evidenza sapeva cosa stava scrivendo nella parte motiva della sentenza emessa nel procedimento denominato “Nemea”, essendo l’estensore della sentenza stessa) e, dipoi, una seconda volta, quando la sentenza venne depositata e divenne di dominio pubblico la valutazione compiuta dal Tribunale di Vibo Valentia circa fatti e fonti dichiarative che influiscono all’evidenza sulle valutazioni da compiere nel processo Rinascita Scott in corso a Lamezia Terme. Ma la vicenda mostra anche quanto essenziale sia il ruolo della difesa nel processo penale: senza la tempestività da parte di alcuni solerti Colleghi nell’acquisizione della sentenza “Nemea”, senza l’immediata messa a disposizione della stessa nel processo, senza le valutazioni che ne seguirono ed i plurimi solleciti all’astensione da parte di molte difese, senza, infine la dichiarazione di ricusazione formulata dalla difesa di Francesco Stilo, questa nuova dichiarazione di astensione del giudice Romano, probabilmente non ci sarebbe stata. E non perché i giudici non abbiamo la sensibilità di comprendere quando è il caso di astenersi, ma per un meccanismo discutibile del nostro sistema. Infatti, la Corte di Appello di Catanzaro, senza leggere le motivazioni della sentenza “Nemea”, come avrebbe potuto constatare l’incompatibilità dei giudici che composero quel Collegio rispetto alla terzietà necessaria per decidere il processo Rinascita Scott? Ora c’è la sentenza ed il dato può essere apprezzato dal giudice superiore, ma può un sistema fondarsi soltanto sulla carta? Io penso che se il giudice che ha vergato la sentenza e quello che ha fatto parte del Collegio che ha deciso un processo “figlio” della grande inchiesta Rinascita Scott, decidono di astenersi esponendone le ragioni, occorrerebbe, de jure condendo, che il giudice superiore ne prendesse atto senza perdere un minuto di più. Vi chiederete, giustamente, perché mi sono impegnato in una simile segnalazione giornalistica. Sostanzialmente per due motivi: Il primo è legato al fatto che l’opinione pubblica non potrebbe capire, senza una chiara spiegazione (che di solito avviene nel processo), il senso di soluzioni tecniche che valgono a garantire l’imparzialità del giudice; il secondo è legato al fatto che c’è un’atmosfera che non facilita la comprensione di alcune scelte difensive, anche a causa di una tendenza a farle conoscere poco e soprattutto a travisarle; l’ultimo dei motivi è legato alla legittima richiesta della Stampa di video registrare il dibattimento. È una richiesta sacrosanta perché consente al pubblico di controllare ciò che avviene nel processo, in qualunque processo ma, specialmente, in un processo così importante. Per capire e farsi una ragione del contegno serbato nel processo da tutte le parti, in primo luogo dalla difesa dell’Accusato che, spesse volte, rimane nascosta rispetto ad inchieste giornalistiche o notizie chiaramente orientate.
Alla fine, infatti, la sentenza sarà emessa “in nome del popolo”.
Ecco, ben vengano quindi i riflettori sul processo: così tutti potranno ascoltare, capire ed apprezzare quanto grave sia il lavoro di tutte le parti per l’accertamento della verità.

*avvocato

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