COSENZA Del caso del giovane Pietro Junior Santapaola c’eravamo occupati nelle scorse settimane, quando abbiamo raccolto la denuncia del legale difensore del calciatore ancora sotto contratto con il Cosenza Calcio (qui la notizia). «Il 3 marzo un dipendente della società (Sergio Mezzina) lo avvisa, via whatsapp, della volontà di concludere il rapporto» – aveva confessato ai nostri microfoni l’avvocato Salvatore Silvestro. Pietro era arrivato a Cosenza a gennaio, ma le vicissitudini giudiziarie del padre hanno compromesso l’avventura in terra bruzia, almeno da quanto emerge dalla denuncia presentata dall’avvocato al Tribunale di Cosenza. L’invito a non prendere parte agli allenamenti, secondo quanto si legge nel documento sarebbe arrivato «per volere del presidente Guarascio dopo aver appreso delle vicende giudiziarie del padre di Pietro Junior, coinvolto nell’operazione Beta». L’accusa più grave mossa nei confronti del Cosenza Calcio, riguarda la possibilità paventata dal presidente Guarascio – sempre secondo quanto si legge nella querela – «preoccupato che il ragazzo potesse rendersi protagonista di rapine o lesioni gravi nei confronti dei compagni di squadra». Un astro nascente del calcio trasformato in soggetto «affetto dal virus di mafiosità».
L’avvocato Silvestro ha tentato di risolvere la questione senza dover necessariamente rivolgersi alla Magistratura, ottenendo però solo il silenzio della società e del suo presidente. In particolare, Salerno riferisce e allega alla denuncia due mail inviate alla società nella quale si chiedeva la possibilità di reintegrare il ragazzo in rosa perché lontano da ambienti legati alla criminalità organizzata. Lettere a cui nessuno ha preferito fornire risposte e che hanno spinto la famiglia di Santapaola e il suo avvocato a portare il caso in Tribunale. Secondo il legale, persistono le condizioni che prefigurerebbero il «reato di mobbing, con la reiterata ostilità del datore di lavoro nei confronti del dipendente». La stessa denuncia sarà trasmessa alla Lega Calcio.
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