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«La spettacolarizzazione del processo penale non appartiene alle regole del vivere civile»

Ritengo opportuno effettuare alcune osservazioni che attengono al diritto dell’informazione, al diritto del cittadino indagato ed anche del cittadino sottoposto a processo. Parto da quest’ultima c…

Pubblicato il: 18/03/2021 – 13:57
di Marcello Manna
«La spettacolarizzazione del processo penale non appartiene alle regole del vivere civile»

Ritengo opportuno effettuare alcune osservazioni che attengono al diritto dell’informazione, al diritto del cittadino indagato ed anche del cittadino sottoposto a processo. Parto da quest’ultima considerazione ritenendo assolutamente inopportuno trattare fatti che sono contestualmente oggetto di un processo in corso. Gli imputati di Rinascita Scott vedono la tesi dell’accusa esaltata e presentata quasi come se fosse una sentenza già emessa. Una versione unilaterale che non risponde ai parametri del diritto alla informazione che deve essere completa e non di parte. E tuttavia, appare inopportuno rendere di pubblico dominio atti che attengono alla fase delle indagini durante la formazione della prova in fase dibattimentale. Si condiziona colpevolmente il giudizio e l’intero processo.
Nel medesimo servizio si inserisce la vicenda che mi vede indagato nel procedimento scaturito dalle dichiarazioni del dott. Petrini presso la Procura della Repubblica di Salerno. Difficile comprendere il nesso e le ragioni che hanno portato gli autori della trasmissione a legare le due vicende giudiziarie. Le reali motivazioni rispondono a logiche ben lontane da un corretto esercizio del diritto di cronaca. La spettacolarizzazione del processo penale non appartiene alle regole del vivere civile. Sono sottoposto ad un procedimento ancora in fase di indagine.
Nel servizio andato in onda il conduttore sostiene che avrei consegnato una busta al dott. Petrini e successivamente, descrive Petrini nell’atto di contare banconote. In contemporanea viene mandato un video in cui realmente il giudice Petrini conta delle banconote. A ben vedere si tratta di immagini che non appartengono al compendio di elementi che costituisce la ipotesi accusatoria mossa a mio carico. Un collage di immagini e video accompagnati dalla voce narrante del giornalista che induce in errore il telespettatore e lo conduce verso una realtà distorta imprimendo l’idea della inutilità di un processo.
È corretto e rispettoso della dignità costituzionale far passare un fatto ipotizzato dalla Procura come una verità accertata? In un qualunque paese civile la risposta sarebbe negativa. Ma non qui. Oggi ci troviamo a considerare normale vedere in prima serata una trasmissione interamente dedicata ad una inchiesta, in cui viene offerta una verità proveniente da una sola parte processuale. Parimenti appare normale assistere al racconto distorto di un fatto ancora nella fase delle indagini senza che vi sia stato neppure l’esercizio dell’azione penale.
A tutto ciò si aggiunga la totale colpevole omissione dell’audio relativo all’incontro e del video atteso che è stato mandato in onda un fermo immagine suggestivo. Perché si omette la visione della cartella con i documenti trasformandola in una busta. Perché si omette di richiamare le dichiarazioni che il sottoscritto ha reso al pm. Perché si omette di riferire dei provvedimenti giudiziari definitivi ove il Petrini viene dichiarato persona intrinsecamente inattendibile e calunniatore seriale. Perché si omette di richiamare tutti i verbali ove lo stesso ha reso versioni inconciliabili e contrastanti. Siamo in presenza di una versione distorta, palesemente omissiva che non risponde a nessun principio di diritto dell’informazione. Si è scambiato il ruolo del servizio pubblico per un mero blog privo di regole. È da precisare che in una interlocuzione telefonica con il giornalista Iacona, mi sono reso disponibile ad un incontro, precisando che allo stato non vi era stato il deposito di tutti gli atti. Il servizio è andato in onda senza che fossi ricontattato. Di questa informazione o meglio disinformazione la nostra terra non ha bisogno. Qualsiasi giornalista deve rispettare le regole fondamentali del nostro sistema. Ho ricevuto una informazione di garanzia per la quale il giornalista in questione mi richiede le dimissioni. Forse non è chiaro che l’informazione di garanzia, anche nel senso letterale della parola, è a tutela della persona indagata. È davvero triste registrare che nel servizio televisivo andato in onda vi sia l’assenza della più elementare grammatica dei diritti costituzionali della informazione e dei diritti della persona. In queste ore registro solidarietà e soprattutto indignazione che è l’unica arma che ci consente di ribadire la intangibilità dei diritti costituzionali. Chiedo che vengano esercitati i poteri di controllo previsti dalle norme che disciplinano la materia e mi dichiaro disponibile ad una eventuale audizione.

*avvocato e sindaco di Rende

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