COSENZA La Corte d’Assise di Cosenza ha emesso la sentenza in primo grado a carico di Massimiliano D’Elia accusato dell’omicidio di Giuseppe Ruffolo. La pena inflitta è di 28 anni e 6 mesi di reclusione, più il pagamento delle spese processuali, il risarcimento delle parti civili e l’interdizione dai pubblici uffici. Il giudice ha anche disposto la confisca di alcuni dei beni oggetto di sequestro.
Giuseppe Ruffolo, era stato ucciso a Cosenza il 22 settembre 2011 quando il killer a bordo di una moto affiancò la sua auto in via degli Stadi e sparò diversi colpi d’arma da fuoco. Il delitto sarebbe stato diretta conseguenza del fastidio con il quale il clan Lanzino guardava alla sua attività di usura, avviata senza chiedere permesso alla cosca e senza mai versare il contributo richiesto per alimentare la bacinella del clan. Dal procedimento sono usciti gli altri due indagati, Roberto Porcaro e Antonio Illuminato, inizialmente considerati mandante e fiancheggiatore di quello che invece è stato ritenuto responsabile dell’agguato mortale: Massimiliano D’Elia. Il pubblico ministero, Vito Valerio, aveva chiesto alla Corte d’Assise di Cosenza (presieduta dal presidente Maria Lucente; a latere giudice Francesca De Vuono) che l’imputato venisse condannato alla pena dell’ergastolo.
Il legale di D’Elia, l’avvocato Fiorella Bozzarello, ha tentato di smontare le tesi dell’accusa, gettando dubbi sulla veridicità delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia e dando invece risalto alle intercettazioni a favore dell’imputato, prodotte nella prima parte dell’inchiesta, quando la procura di Cosenza decise di archiviare in quanto ritenne di non aver individuato il responsabile dell’omicidio. Il regolamento di conti, per il legale era da escludere vista anche l’uscita di scena dal processo degli altri due soggetti inizialmente coinvolti nelle indagini. (redazione@corrierecal.it)
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