CATANZARO La trasmissione televisiva PresaDiretta di lunedì scorso ha esaminato, ad ampio spettro, un fenomeno radicato in un determinato contesto temporale; e ciò prendendo l’abbrivo dalla inchiesta Rinascita-Scott. Vedendo il programma, però, mi ha colpito ben altro. E ben altri sono stati gli spunti di riflessione». E’ quanto scrive in una lettera inviata al Fatto Quotidiano, il sostituto procuratore della Dda di Catanzaro, Paolo Sirleo. Di seguito riporteremo uno stralcio della missiva. «Mi sono chiesto, come sia stato possibile che nel territorio vibonese un latitante fosse stato eletto sindaco», sostiene. «Mi sono chiesto, ad esempio, come mai un elicottero sia atterrato impunemente su una pubblica piazza con il beneplacito delle istituzioni locali. Mi sono chiesto, ad esempio, come un importante ex parlamentare della Repubblica abbia candidamente ammesso che, per acquisire un resort di lusso, si dovesse ricorrere necessariamente al boss di zona, asserendo di volersi fare egli stesso parte diligente per intercedere con lui (sono parole sue, fino a prova contraria, non quelle di un investigatore o di un pentito). E a queste banali riflessioni si è accompagnata una ulteriore domanda: quali fossero le responsabilità e le inerzie dello Stato, perché la provincia di Vibo Valentia assurgesse agli onori della cronaca quale terra di nessuno».
«Mi hanno fatto molto riflettere (come del resto al momento della esecuzione della misura cautelare), gli applausi della gente comune ai carabinieri – continua Sirleo – segno tangibile di un sentimento di liberazione, che mai si era manifestato in queste ‘disgraziate terre’, in cui lavoriamo. E da qui una prima risposta alla domanda di cui sopra». «Mi sono chiesto – aggiunge – come mai di tutto questo non se ne parlasse abbastanza sui giornali. Per cui, ho trovato giusto e doveroso, una volta tanto, che un programma d’inchiesta del Servizio Pubblico abbia trattato, nella poca attenzione del media nazionali, questi temi. Perché ritengo che solo raccontando i fatti si possano suscitare questi banali interrogativi. E questo, a mio avviso, è lo spunto principale di riflessione che la trasmissione ha sollecitato in me. Non altro. Ma è una mia opinione. In quanto tale, per l’appunto, opinabile».
«La puntata della trasmissione PresaDiretta andata il 15 settembre su Rai3 e dedicata alla maxi-inchiesta “Rinascita-Scott” sta provocando numerose polemiche in Calabria. Attraverso le intercettazioni e gli atti giudiziari, il giornalista Riccardo Iacona ha raccontato l’operazione coordinata dalla Dda di Catanzaro. E lo ha fatto – aggiunge – intervistando tutti, compresi gli avvocati. Questo non ha evitato le critiche delle stesse Camere penali che hanno attaccato il procuratore Nicola Gratteri accusandolo di “giustizialismo propagandistico e inquisitorio, degno di una tv di regime”. Gli attacchi sono arrivati anche dall’interno della magistratura». «Lo ha fatto – sostiene ancora Sirleo – sulla rivista di Magistratura democratica, il giudice Emilio Sirianni che ha invitato “chiunque indaghi sulla criminalità mafiosa a non arruolarsi alla guerra che il procuratore Gratteri ha evocato in tv”». «Se non ho visto un’altra trasmissione – si legge ancora nella letta pubblicata dal Fatto Quotidiano – sono stati sentiti gli investigatori, che si sono limitati a fornire alcune indicazioni su specifici temi di accusa, senza esprimere giudizi o trarre conclusioni. Non mi pare di avere visto o sentito ‘l’inquirente’, dall’alto del suo scranno, sognarsi di trarre giudizi o conclusioni su questa o quella posizione processuale. A parte il fatto che ha parlato di altro». E ancora «sono stati sentiti anche difensori e imputati, che hanno espresso le loro considerazioni. Per cui l’utente si è fatto una sua idea. Come è giusto che sia. Idea che è altra cosa rispetto al giudizio, che si formulerà nell’unica sede prevista, qual è il processo». E aggiunge, «il cittadino, se sono fatti di rilievo, ha il diritto-dovere di essere informato. Affermare il contrario mi sembra singolare. Come pure evocare le lezioni di garantismo di Ferrajoli. Questo perché si mettono sullo stesso piano, a sproposito, due ambiti nettamente diversi: il processo, unica sede nella quale, ricostruiti i fatti, formulare le valutazioni giuridiche; e il diritto di cronaca, attraverso il quale raccontare i fatti con oggettività, senza preconcetti e pregiudizi, al solo fine di informare».
Sull’opportunità del procuratore Gratteri di rispondere alle domande del giornalista Iacona, il sostituto procuratore Sirleo non ha dubbi: «mi pare stupefacente che il succo della riflessione non sia l’oggetto della inchiesta giornalistica, ma l’operato degli investigatori e ‘dell’inquirente’, rei di avere fornito, in uno con difensori e imputati, delle mere indicazioni a un giornalista per assicurare una corretta informazione. Informazione che riguardava fatti di rilievo che, come tutti i fatti di rilievo, vengono sempre raccontati a caldo e nella immediatezza. Senza aspettare la sentenza definitiva». «Non ho letto pensieri di giudici del Centro Italia stigmatizzare il profluvio di trasmissioni televisive sul processo ‘Mondo di mezzo-Mafia Capitale’ – continua – basate su ricostruzioni meramente investigative. Faccio enorme fatica a rammentare pensieri di giudici del Nord sulla indagine ‘Mani Pulite’, nella quale si è assistito per anni a resoconti giornalistici quotidiani che avevano, a momenti, lo stesso spazio della famigerata pandemia». «E vieppiù – chiosa Sirleo – non ho visto evocare i diritti fondamentali dell’imputato in alcuna mailing list o rivista di corrente, nemmeno quando si è abilmente praticata “l’arte dell’indiscrezione veicolata e del consenso”. Chissà, forse perché a chi vive altrove, rispetto a chi ha scelto di stare in queste ‘terre disgraziate’, non interessa, prima d’ogni cosa, la ricerca della verità».
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