REGGIO CALABRIA Antonino Coco «integra plasticamente la tipica ipotesi del professionista posto al servizio dell’associazione di stampo mafioso, in quanto completamente asservito, con comportamenti che trasgrediscono nell’illecito, ai bisogni ed alle esigenze della cosca di riferimento, consentendo alla stessa di ottenere vantaggi indebiti nelle forniture di prodotti medicali alle diverse strutture ospedaliere, dietro versamento di somme di denaro e regalie». Un profilo (purtroppo) fin troppo ricorrente nelle inchieste delle Direzioni distrettuali antimafia calabrese. La figura del ginecologo da martedì agli arresti domiciliari sugli sviluppi dell’inchiesta “Chirone” crea, però, qualche imbarazzo alla Lega, che lo ha ospitato nelle proprie liste alle ultime Regionali (nella tornata il medico ha ottenuto 790 voti). Inevitabile che il suo impegno fosse proiettato soprattutto sulla sanità: «Nel corso della mia carriera professionale ho vissuto in prima persona la progressiva decadenza dell’offerta sanitaria in Calabria – scriveva in uno dei suoi interventi –. Questo l’ho dovuto purtroppo constatare nei vari ruoli di responsabilità che ho ricoperto: primario, direttore Sanitario, coordinatore sanitario, capo dipartimento materno infantile».
Il guaio è che in quella campagna elettorale, Coco avrebbe tentato di stringere un accordo elettorale con la cosca Alvaro per sostenere la candidatura dell’ex sindaco di Sant’Eufemia d’Aspromonte Domenico Creazzo che, invece, era candidato con Fratelli d’Italia ed imputato del processo “Eyphemos”.«Noi dobbiamo andare su qualcuno che poi, noi garantiamo e ci garantisce», le sue parole per annunciare il sostegno all’alleato. In Calabria nulla è come sembra. Neppure questo professionista reclutato dal Carroccio per presentare una classe dirigente “nuova” alla Regione. Per la Dda guidata da Giovanni Bombardieri, il professionista «risulta profondamente legato agli esponenti della famiglia mafiosa dei Piromalli, della cui caratura criminale è perfettamente consapevole, tanto da mettere a disposizione del sodalizio il proprio contributo concreto, specifico, consapevole e volontario alla conservazione o al rafforzamento della consorteria, offrendo, dietro compenso corruttivo, la possibilità ai referenti mafiosi di Mct srl (una delle aziende riconducibili al clan secondo i magistrati, ndr) di effettuare forniture di prodotti medicali presso l’Ospedale di Reggio Calabria, come emerge dalla lettura delle intercettazioni». Il pentito Marcello Fondacaro riferisce che Coco «aveva amicizie mafiose» ed «era molto vicino alla famiglia Tripodi». Grazie a Coco, gli imprenditori della Mct spiegano di avere «le chiavi della ginecologia». E il suo operato, secondo i magistrati, «viene remunerato adeguatamente».
Non è tutto. Coco, infatti, «non solo offre il proprio ausilio ai soci mafiosi della Mct srl, appartenenti alla famiglia Piromalli, ma, come emerge dalla recente indagine Eyfemos nei confronti della cosca Alvaro di Santa Eufemia d’Aspromonte, ha contatti anche con esponenti di altre consorterie criminali del territorio, in particolare con Domenico Laurendi, che si attiva per far ottenere sostegno elettorale a Domenico Creazzo, intenzionato a candidarsi alle elezioni regionali del 2020 (Creazzo sarà poi eletto nella lista di Fratelli d’Italia, ma non avrà neppure il tempo di entrare in consiglio regionale, dopo il coinvolgimento nell’operazione Eyphemos, ndr)». Sanità, denaro, politica: gli ingredienti ricorrono e ci sono tutti. Così come la «messa a disposizione della propria attività professionale al servizio della cosca». Quanto sono lontani i selfie con Salvini.
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