VIBO VALENTIA Chiesto il rinvio a giudizio per l’allevatore Joselito Marras, 53 anni, e il figlio Michael, di 28, in carcere da poco più di un anno e accusati dell’omicidio volontario in concorso dei fratelli calabresi Davide e Massimo Mirabello, di 40 e 35 anni, originari di San Gregorio d’Ippona in provincia di Vibo Valentia, avvenuto a Dolianova, nel sud della Sardegna nel febbraio 2020. Stessa richiesta anche per Stefano Mura, 44 anni. Le accuse nei suoi confronti sono di favoreggiamento e di aver permesso ai due Marras di eludere le indagini degli inquirenti.
I fatti si riferiscono a quanto è avvenuto a partire dal 9 febbraio 2020, quando dei due fratelli Mirabello si erano perse le tracce dopo essere usciti di casa quella domenica pomeriggio. I carabinieri avevano poi impiegato settimane prima di riuscire a chiudere il cerchio su Joselito Marras e il figlio, arrestati il 20 marzo 2020. Il padre, alla fine, confessa e fa ritrovare i corpi, e prova anche a far scagionare il figlio dall’omicidio ma il pm, Gaetano Porcu, non ha creduto a quell’assunzione di responsabilità, contestando il concorso nell’omicidio – ma non la premeditazione – ad entrambi. All’origine del fatto di sangue vi erano vecchi attriti tra i Marras e i Mirabello legati al pascolo del gregge. Prima litigi, poi accuse sull’uccisione di un cane, l’incendio di una Ape Piaggio e di un capanno e, infine, una brutale aggressione ai danni di Michael Marras, con la conseguente prognosi di 40 giorni.
Ad uccidere Davide Mirabello, secondo i rilievi effettuati, sarebbe stato un colpo di fucile calibro 12 caricato a pallettoni mentre il fratello, Massimiliano, sarebbe morto in seguito ad un colpo ricevuto alla testa e che ne ha causato una emorragia celebrale. Reato tra l’altro aggravato per Joselito Marras perché avrebbe commesso i due omicidi durante il periodo di affidamento in prova ai servizi sociali come misura detentiva alternativa per un altro reato. Padre e figlio, inoltre, avrebbero, in concorso fra loro, soppresso e abbandonato i cadaveri dei due fratelli Mirabello in una zona di campagna di Dolianova, in località “Fontana de Pirastu” e poi avrebbero tentato di dare alle fiamme anche l’auto, una Volkswagen Polo, di Massimiliano Mirabello.
A rallentare le indagini sarebbe stato, invece, Stefano Mura, anche lui rinviato a giudizio. In particolare, il 10 febbraio 2020, ovvero il giorno successivo all’omicidio dei fratelli Mirabello, Mura ha reso delle dichiarazioni sommarie ai carabinieri della Stazione di Dolianova, omettendo di riferire di aver rinvenuto solo il giorno prima, mentre transitava a “Fontana de Pirastu”, un coltello intriso di sangue nei pressi di alcune chiazze di sangue presenti sulla strada. Un mese dopo, invece, ha detto ai Carabinieri del Reparto del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Cagliari di aver rinvenuto il coltello intriso di sangue e che lui stesso aveva donato a Massimiliano Mirabello, prima di averlo gettato nelle campagne e poi di averlo consegnato al suocero per distruggerlo. Quattro giorni dopo, il 14 marzo 2020, consegna poi agli stessi Carabinieri un pugnale di ferro differente e tutto annerito dal fuoco e dunque inutilizzabile per effettuare eventuali rilievi per raccogliere tracce utili per le indagini.
Il gip del Tribunale di Cagliari, Giorgio Altieri, ha fissato l’udienza preliminare per il prossimo 29 aprile 2021. Parti offese del processo sono la moglie di Massimiliano Mirabello, Luana Piano e i due figli minori (rappresentati dall’avvocato Salvatore Sorbilli); le sorelle Eleonora e Caterina (rappresentate dall’avvocato Gianfrancesco Piscitelli) e Maria Adelaide Mirabello (rappresentata dall’avvocato Sorbilli). (redazione@corrierecal.it)
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