CATANZARO Ciascuno ha mantenuto il proprio stile, ma le Regioni del Sud – nel webinar istituzionale pensato per discutere sui progetti del Recovery Fund (“Sud, progetti per ripartire”) – hanno mostrato una certa comunione d’intenti. Qualcuno (i governatori De Luca ed Emiliano soprattutto) puntando su cifre e dati, altri (Spirlì) preferendo le battute. Ma, come dice il presidente della Campania, «le Regioni non vanno in ordine sparso». Ed è già una notizia.
Nel lungo confronto, il presidente reggente della Calabria ha sintetizzato: ««Non vorrei che il Pnrr si chiami così perché prevede la Ripresa al Nord e la Resilienza al Sud». Più rabbiosa l’uscita di Nello Musumeci (Sicilia): «Da Palermo e Catania prendiamo l’aereo per Milano non per fare shopping ma per andare all’Istituto tumori».
Ironica quella di Michele Emiliano: «La sanità della Puglia ha ventimila dipendenti in meno di quella dell’Emilia Romagna, è chiaro che siamo un po’ in difficoltà, ma abbiamo la capacità di fare le nozze con i fichi secchi e abbiamo fatto più vaccini». Tra il preoccupato e l’apocalittico De Luca: «Il Sud rischia di assommare ai divari territoriali, sociali e di genere il divario demografico, si rischia per intere aree una desertificazione vera e propria». Politichese Christian Solinas (Sardegna): «In questo periodo si fa avanti il tema neanche troppo celato del neocentralismo».
I punti chiave sono pochi ma chiari. Il primo: il Sud deve avere ciò che non ha ottenuto in decenni in termini di infrastrutture. Neppure a dirlo: sul tavolo è tornato il Ponte sullo Stretto. Secondo: è necessario “investire” in semplificazione, altrimenti ogni progetto si fermerà. Terzo: le Regioni hanno paura che, nei passaggi ministeriali, i poteri decisionali siano loro scippati dai Palazzi romani. Lo ha spiegato Musumeci: «Roma non dia lezioni. Si guardi allo specchio. I primi errori partono dai palazzi romani e poi a cadere sulle strutture periferiche. Bella pretesa quella di conoscere meglio di noi le esigenze dei territori. Complimenti». «Senza le Regioni sul Recovery e sui fondi europei non so sinceramente dove andiamo», ha continuato De Luca. Con una stoccata: «A volte mi viene il dubbio che l’unica cosa pronta in questo momento sono grandi progetti di grandi lobby collocate in altre parti d’Italia».
Il Sud chiede innanzitutto una rete di trasporti di prim’ordine. Secondo Musumeci e Spirlì la priorità è il collegamento stabile sullo Stretto: «Come si può parlare di alta velocità se poi bisogna far scendere i passeggeri a Messina per traghettarli e farli risalire su un treno a Reggio Calabria? – si chiede retoricamente il presidente della Sicilia – è un capriccio per noi siciliani o calabresi avere il Ponte o è una necessità sin troppo evidente?». Il nervo scoperto (uno dei tanti) è la legalità. Con De Luca e Musumeci che rifiutano la lettura del Mezzogiorno come terra di illegalità. E Spirlì che sottolinea che i clan calabresi «non si radicano più nella terra della fame ma in quella degli affari». Cioè nel profondo Nord della “sua” Lega.
Spirli infine, rivolgendosi alla ministra Mara Carfagna, ha puntato sull’emigrazione dalla Calabria: «Dovrei chiedere di restituirmi i 31mila giovani calabresi che studiano altrove. E dovrei chiedere la restituzione degli studenti degli anni precedenti che oggi sono ottimi professionisti calabresi al Nord che oggi aiutano altre regioni». Altra emigrazione che tocca la regione: «Non andiamo a rapire nelle regioni meridionali i malati per trasformarli come “scafisti” nelle altre regioni. I calabresi innocenti non possono patire per colpe dei calabresi e non che hanno fatto della nostra sanità carne di porco per aiutare gli “scafisti” che vengono dal Nord a prelevare i malati dal Sud per arricchire la sanità del Nord. Malandrini e delinquenti hanno aiutato gli “scafisti” del Nord». La riscoperta del meridionalismo quasi in chiave anti settentrionale. Chissà come la pensa Salvini.
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