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la riflessione

«L’enormità dietro il buon esempio»

Se è vero che la scelta delle parole determina la percezione della realtà, la notizia dell’anziano di Gimigliano, nel catanzarese, che generosamente cede il suo vaccino a una ragazza affetta da ma…

Pubblicato il: 25/03/2021 – 17:57
di Teresa Benincasa
«L’enormità dietro il buon esempio»

Se è vero che la scelta delle parole determina la percezione della realtà, la notizia dell’anziano di Gimigliano, nel catanzarese, che generosamente cede il suo vaccino a una ragazza affetta da malattia oncologica, destando ammirazione per quella virtù umana così autentica, potrebbe sembrare addirittura una bella, commovente notizia. Nella visione così giustamente ammirata per l’anziano, il rischio è che le belle parole, ispirate al bel gesto, non facciano vedere l’enorme ingiustizia che ha determinato la scelta dell’uomo a destinare la sua dose di vaccino in favore di chi, ai suoi occhi, appariva averne più bisogno.
Se c’è un paradiso, Giuseppe Trapasso, 85 anni, lo ha conquistato. Ma restando con i piedi per terra, c’è qualcosa che deve interrogare l’etica delle istituzioni, così lontane dal senso della realtà da non rendersi conto dei guasti che sta provocando quel modo di agire, disorganizzato e discrezionale, mai ispirato a dare il buon esempio.
La domanda che non possiamo evitare di porci davanti al gesto dell’anziano di Gimigliano, è se è degno di un Paese civile che vi siano esempi (autorizzati formalmente) in cui qualcuno possa essere nelle condizioni di sacrificare i propri diritti per affermare un principio di giustizia; se è “normale” che la volontà di quell’anziano non sia stata rassicurata dalla garanzia di vaccini per le categorie fragili a cui riconosceva e aveva scelto di dare priorità; e che una dosa non sia stata a lui comunque assicurata.
Se vogliamo capire cosa e come vada cambiato questo contesto così disfunzionale che sta caratterizzando il piano di vaccinazioni bisogna partire dal fatto che siamo davanti a una macchina di ingiustizie che ogni giorno, come in altri ambiti della sanità, produce stanchezza e rassegnazione. Porre alcune domande è importante se non vogliamo che il respiro dell’indignazione venga soffocato dalla quotidianità finendo per orientare il senso comune ad accettare come “normalità” quello che va invece respinto, per dignità.
Il caso delle vaccinazioni ritardate agli over 80 unisce tutte le regioni d’Italia. Queste ultime si sono difese accusando il ministro alla salute, Roberto Speranza di avere assecondato la somministrazione ad alcune categorie di italiani ritenute “prioritarie”. La cronaca racconta dei “furbetti” del vaccino, su cui meglio è il silenzio, che l’indifendibile difesa. Su questa dispersione della cittadinanza, la frantumazione dei diritti, e il sorpasso del principio delle categorie, merita una riflessione l’editoriale di Antonio Lo Polito, sul Corriere della Sera di oggi, che così descrive la stortura delle categorie: «una struttura profonda della nostra società, in cui le persone contano di più e hanno più diritti in quanto membri di una categoria o di una corporazione, un gruppo o un’associazione, un ordine o un albo, che come cittadini». Una specie di codice Ateco della cittadinanza, un’ingiustizia perpetrata nei limiti della legalità.
Aspettando lo Stato, in particolare a quanti si proclamano riformisti, andrebbe segnalata la necessità e l’urgenza di partire da qui, per riportare il Paese in uno stato di diritto.

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