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Sviluppo tradito

Fondi Ue, tutti gli stratagemmi per salvare il Por

Regole europee e rimodulazioni fanno centrare il target (38,1%). Da rendicontare circa 1,4 miliardi. Marino: «Siamo alla deprogrammazione infelice»

Pubblicato il: 26/03/2021 – 7:15
di Roberto De Santo
Fondi Ue, tutti gli stratagemmi per salvare il Por

CATANZARO Obiettivi centrati nell’utilizzo delle risorse comunitarie contenuti nel Programma operativo regionale 2014-20, ma con un ritardo di tre anni. Con l’aggravante che quel target è stato raggiunto anche quest’anno grazie ad un aiutino: l’ennesima rimodulazione dei fondi questa volta motivata dall’emergenza Covid.
Una regola – definita con l’acronimo “N+3”- concessa da Bruxelles che prevede la possibilità di utilizzare le somme “prenotate” anche dopo tre anni dall’impegno e che l’Italia e alcune Regioni, in particolare, utilizzano a mani basse. Calabria in prima linea. Così quegli annunci trionfalistici che di volta in volta vengono lanciati in occasione di ogni scadenza di rendicontazione annuale suonano quantomeno come affermazioni beffarde.
Soprattutto se si consideri che a tempo abbondantemente chiuso – teoricamente la programmazione dovrebbe concludersi entro il 2020 (come recita letteralmente il Por) – si è superato di poco la soglia del 38%. E che restano da certificare, in poco più di due anni, oltre 1,373 miliardi di spesa della vecchia programmazione (vecchia perché nel frattempo siamo entrati nella nuova fase quella inerente le risorse 2021-2017). Dunque a conti fatti la Calabria riesce a rendicontare alla Commissione europea mediamente poco più di 320 milioni di spesa l’anno. Da qui la considerazione che quei toni da trionfo non si potrebbero motivare per un traguardo ottenuto, ricordiamo, anche grazie alla riduzione delle somme previste per la Calabria su questa programmazione.

Riprogrammazione per centrare il target

A novembre scorso, infatti, tramite la riprogrammazione del cofinanziamento nazionale e comunitario del Por, la regione si è vista sottrarre quasi 118,5 milioni di euro (per l’esattezza 118.421.162 di euro) che dunque hanno ridotto la dotazione complessiva del Por, permettendo così di arrivare al “trionfalistico” risultato del 38,1% delle somme utilizzate sull’ammontare “rimaneggiato” delle risorse comunitarie destinate a far uscire la Calabria dalla marginalità in cui ristagna da decenni. Anche se le risorse sono trasmigrate al Programma di azione e coesione (Pac) per interventi da realizzare sempre sul territorio regionale. Una procedura adottata appunto a causa dei ritardi accumulati nell’utilizzo delle risorse destinate al Programma operativo. E non è la prima volta per la nostra regione. Già in passato le riprogrammazioni soprattutto a fine ciclo hanno consentito di raggiungere i target di spesa previsti. Ma c’è di più.

Passo da lumaca, riallocazione delle risorse e piano per salvare il Programma

Quel target per evitare la mannaia del meccanismo di disimpegno automatico è stato centrato – anche qui non è una novità – a passo da lumaca mantenuto dalla Regione praticamente per gran parte del 2020.
Se si consideri infatti che l’andamento della rendicontazione delle risorse comunitarie fino ad ottobre scorso era uguale a quello di dieci mesi prima. Passando in rassegna i dati presenti sul portale dell’Agenzia per la coesione territoriale che monitora le performance dei Programmi operativi regionali, emerge che il Por Calabria 2014-20 aveva totalizzato una spesa certificata pari a circa 698,2 milioni di euro, la stessa identica cifra di quanto viene poi riportato al 31 dicembre del 2019. Dieci mesi dunque trascorsi senza utilizzare formalmente (a meno di colpevoli ritardi della Regione nel trasmettere i dati all’Agenzia) neppure un centesimo delle risorse comunitarie.

Le spese certificate fino ad ottobre 2020 invariate per mesi


Con un’accelerazione solo nell’ultimo periodo dell’anno appena trascorso generato anche dagli effetti della riallocazione di risorse intervenute nel frattempo tra assi o misure contemplate nello stesso Por. In questo caso l’emergenza Covid ha permesso di imprimere una “svolta” alla capacità di spendere della macchina regionale.
Si tratta dei 500 milioni di euro che la Regione ha destinato a finanziare iniziative tese a dare risposte più efficaci nel contrastare e mitigare gli effetti del Covid-19 sia in campo sanitario che economico. In particolare 180 milioni sono stati destinati ad un meccanismo di “ristori regionali” per quelle imprese più colpite dagli effetti economici delle misure destinate a contenere la diffusione del virus. Mentre 100 milioni sono stati spostati su una misura finalizzata a rafforzare il complesso dei servizi sanitari per rispondere alla crisi epidemiologica. Ulteriori 100 milioni invece sono stati dirottati per finanziare la cassa integrazione in deroga delle imprese entrate in crisi sempre a causa dell’emergenza pandemica. Sessanta milioni, destinati in parte all’acquisto di attrezzature mediche (25 milioni) e per finanziare interventi infrastrutturali per favorire l’accesso ai servizi sanitari delle persone più vulnerabili (35 milioni). Così come 45 milioni sono stati indirizzati a sostenere interventi utili a garantire il diritto allo studio degli studenti calabresi in difficoltà economica ed infine 15 milioni in sostegni alle famiglie in una situazione di contingente indigenza derivante dall’emergenza pandemica.
Una riallocazione che, come si riconosce anche nei documenti prodotti nel corso del Comitato di sorveglianza dello scorso 12 marzo hanno appunto consentito di recuperare i ritardi accumulati nella gestione dei fondi del Por. Secondo quanto riportato proprio da quei documenti, emerge che di quelle risorse destinate a fronteggiare l’emergenza Covid sono stati già movimentati 158 milioni di euro (32% dell’intera somma) e l’Autorità di gestione segnala che alla data del 31 dicembre scorso «hanno prodotto spesa per 30 milioni di euro con una proiezione al 31 dicembre 2021 di oltre 117 milioni di euro».
Ma le preoccupazioni per la lentezza accumulata nella gestione della programmazione ha portato la stessa Adg a produrre uno specifico documento dal significativo titolo: “Prime indicazioni sulle attività di messa in sicurezza del Programma” nel quale si elabora appunto una strategia per non far perdere le risorse del Por Calabria 2014-2020.

Maurizio Nicolai, dg del dipartimento Programmazione unitaria

Poco confronto nella gestione delle risorse

C’è da annotare inoltre che alla lentezza dimostrata nel corso del tempo – e ancor di più per buona parte dell’anno appena trascorso – dalla Regione nell’utilizzo delle risorse, si somma anche l’altra anomalia nelle procedure di confronto sia all’interno dei Comitati di sorveglianza sia con il partenariato. Se si passano in rassegna infatti, gli incontri avvenuti tra Regione, parti sociali, rappresentati di categoria e associazioni in materia di Por Calabria 2014-2020 ci si accorge che l’ultimo Comitato di sorveglianza – prima di quello svolto venerdì 12 marzo scorso – reca una data decisamente lontana nel tempo: 28 giugno del 2019. Addirittura riferita alla precedente amministrazione regionale.
Mentre si perdono le tracce dei confronti tematici svoltisi con le parti sociali. Si comprende che l’emergenza Covid ha impedito sì gli appuntamenti in presenza, ma la Regione avrebbe potuto anche svolgere incontri in modalità telematica così come fatto da altre realtà. Un appunto sollevato anche dalle parti sociali nel corso dell’ultimo Comitato di sorveglianza.

Marino: «Siamo alla deprogrammazione infelice»

Ma l’elemento che emerge con maggiore vigore è rappresentato da quell’incapacità dimostrata – per la verità da sempre – della macchina amministrativa regionale di portare a termini quegli interventi che nella fase iniziale facevano parte di ogni programmazione operativa. In altre parole le risorse impegnate spesso non raggiungono nessuno degli obiettivi che inizialmente si era previsti, ad iniziare appunto dal rilancio socio-economico dei territori. Così a fine programma – soprattutto, ma non solo – si assiste esclusivamente all’utilizzo di stratagemmi per non vedersi ridurre le somme destinate alla Calabria. Meccanismi contabili che però alla fine finiscono comunque per tagliare gli stanziamenti di risorse verso la nostra regione. Come spiega nel dettaglio Domenico Marino, docente di Politica economica all’Università Mediterranea di Reggio Calabria nonché direttore del Centro studi delle Politiche economiche e territoriali del dipartimento Pau e del Master di II livello in Economia dello Sviluppo e delle Risorse Culturali, Territoriali e Ambientali dello stesso Ateneo.

Professore ad ogni appuntamento con la rendicontazione Por di fine anno si punta sempre al target di spesa previsto da Bruxelles, ma spesso si spostano poi le risorse su altre programmazioni per non inciampare nel meccanismo di disimpegno. In questo modo la Calabria effettivamente non subisce danni?
«Lo spostamento di risorse per non perderle con il disimpegno automatico, prassi ormai consolidata del modo di programmare in Calabria, non è indolore. Malgrado questa operazione di pura ingegneria finanziaria apparentemente serva solo a mettere in sicurezza somme di denaro, in realtà il risultato concreto è che il volume degli investimenti in un’ottica pluriennale è significativamente minore e le risorse spostate su diversi strumenti di programmazione non risultano quasi mai aggiuntive. Tra il 2019 e il 2020 la Regione Calabria ha riprogrammato gli investimenti sui fondi strutturali per circa 650 milioni di euro (e direbbe Totò: non sono bruscolini), che valgono circa un terzo delle risorse che doveva investire. La giustificazione ufficiale è stata legata all’emergenza Covid e alla circostanza che la riprogrammazione avrebbe evitato il disimpegno. Questo è in parte vero, ma presta il fianco a due critiche. La prima è legata al fatto che lo spostamento su altri strumenti non avviene necessariamente in maniera incrementale, ma semplicemente spesso si trova copertura per interventi che avrebbero già dovuto avere un finanziamento autonomo. La seconda criticità è legata all’impianto complessivo e al significato strategico di una programmazione che in corso d’opera viene continuamente smontata e rimontata spostando somme virtuali come se si trattasse di un gigantesco monopoli. Ciò avviene senza considerare che dietro quelle somme e dietro quei progetti vi sono infrastrutture ed investimenti che non sono così facilmente modificabili e che per poter contribuire allo sviluppo gli interventi devono essere inseriti all’interno di una strategia e di una filosofia che non può semplicemente essere quella sottesa dall’ingegneria finanziaria fine a se stessa».

Programmazione comunitaria 2014-2020: target di spesa N+3 al 31 dicembre 2020

Ma perché la Regione difficilmente porta a termine quelle misure che aveva programmato?
«Guardi lo fa per una ragione di approccio. È frenata dalla riproposizione di un modello di programmazione vecchio e obsoleto che punta tutto su bandi ad hoc per ogni condizionalità. Un modello che, oltre a rallentare la spesa, rende ingestibile in un’ottica strategica l’intero programma. Bisogna, quindi, evitare di polverizzare la spesa in decine di migliaia di progetti, sostanzialmente slegati fra di loro e disomogenei territorialmente e concentrare le risorse su pochi progetti, ma strategici e di grande impatto. Va posto poi in evidenza il “frequente disallineamento tra offerta di incentivi e domanda di agevolazione delle imprese” registrato per molti interventi programmati. Un disallineamento innanzitutto “finanziario” prodotto dall’esiguo numero di domande presentate dalle imprese su alcuni regimi di aiuto che ha portato i soggetti responsabili a riprogrammare e rimodulare il programma con spostamenti di risorse finanziarie da un obiettivo all’altro. Un disallineamento registrato anche in termini temporali, considerato che la fruizione degli incentivi è stata influenzata negativamente dalla lentezza rilevata dall’avanzamento del programma. Il giudizio sulla programmazione regionale fino a Dicembre 2020 può essere sintetizzato in maniera forte con il seguente slogan: Calabria: la deprogrammazione infelice».

Ma dunque ha senso redigere un programma se poi questo non viene seguito. Non c’è il rischio di ottenere risorse ma non centrare l’obiettivo principale che resta quello di uscire dalla marginalità socio-economica?
«
Non ha, infatti, nessun senso redigere un programma che poi viene del tutto disatteso. La deprogrammazione della Calabria è infelice proprio per questo. Si sbandierano improbabili risultati ottenuti, mettendo sempre in evidenza le colpe di chi c’era prima, senza pensare però che la stragrande maggioranza degli attori e delle comparse, che da vent’anni calcano la scena, sono sempre gli stessi. La mediocrità di fondo ha sempre pensato bene di osteggiare, di boicottare e alla fine di espellere dal sistema in quanto minacciava lo status quo i pochi casi di risorse umane di eccellenza che si sono trovati, spesso quasi per caso, nei Palazzi regionali. I pochi competenti che hanno lavorato alla programmazione regionale sono stati velocemente estromessi, mentre ha proliferato tutta una generazione di soggetti buoni per tutte le stagioni e per tutti i colori politici. È mancata, quindi, e manca totalmente nella programmazione un’idea di quale Calabria si vuole progettare e di quale modello di sviluppo si vuole dare a questa regione. Questa carenza pone le basi per realizzare una semplice lista della spesa che altro non è che una ennesima riproposizione dei finanziamenti a pioggia, poco utili allo sviluppo, anche se molto proficuo alle logiche clientelari. È una programmazione che tenta di inseguire semplicemente le emergenze, senza tentare di dare loro una soluzione definitiva, e che si limita ad una gestione di piccolo cabotaggio che consiste in uno spreco di somme e in una dispersione in mille rivoli, spesso clientelari, delle risorse. E in questa logica lo stesso concetto di programmazione viene sostituito dalla necessità di spendere tanto per spendere, della spesa fine a se stessa che però non crea sviluppo e non permette alla Calabria di uscire dopo 40 anni di interventi dalla situazione di marginalità economica e sociale. Gli indicatori della Calabria oggi, anche guardando prima del Covid. sono uguali, se non peggiori di quelli del 1990. Sono passati 5 cicli di programmazione e parecchie decine di miliardi di euro spesi (sprecati) per produrre un arretramento dell’economia. È questo il “miracolo” in negativo della Calabria».

La sede della Corte dei Conti europea, Lussemburgo

Anche la Corte dei Conti europea segnala l’incapacità di utilizzare rapidamente i fondi. Dunque è un problema prettamente italiano o c’è una specificità negativa della Calabria?
«Le forti contraddizioni dell’economia meridionale e calabrese in particolare sono una delle cause che ha determinato la difficoltà ad utilizzare gli strumenti di politica con livelli sufficienti di efficienza. Un tipo di politica di sviluppo regionale “compensativa” o “aggiuntiva” finisce per accentuare le differenze fra i territori, che sono dovute alle diverse funzioni di risposta e si manifestano in equilibri multipli e resilienti.In questo momento a livello nazionale il problema del Mezzogiorno e della Calabria al suo interno vede contrapporsi due modelli quello focalizzato sugli incentivi e quello sulla capacitazione. Ci si chiede, cioè, se bisogna continuare a pensare allo sviluppo del Mezzogiorno e della Calabria in termini di assistenza, o, se invece, bisogna puntare tutto sulla capacità di innescare processi virtuosi. Il problema, in realtà non è quello di scegliere fra incentivi o capacitazione, entrambe strategie inefficienti nel contesto meridionale. Si tratta di investire per costruire un mercato armonico, reti e relazioni di fiducia e fare innovazione vera, puntare non più all’industrializzazione, ma all’economia digitale».

Ora ci saranno da programmare le risorse della nuova programmazione operativa regionale 2021-2027. Quali dovrebbero essere gli errori da evitare?
«Dare maggiore efficacia ed efficienza agli investimenti finanziati sui Fondi Strutturali, in Calabria, è una delle più grandi sfide e il nuovo Governo regionale, che sarà eletto nei prossimi mesi, sarà chiamato ad affrontare. In questo senso, bisognerà cercare di risolvere il nodo centrale che è costituito dal trade off tra governance locale e controllo centrale che va valutato e gestito in maniera storicamente contingente, suggerendo un corretto rapporto fra i due livelli che deve variare per adattarsi al cambiamento del contesto sociale, economico e territoriale.Rendere efficiente, equo e trasparente il meccanismo di gestione dei Fondi Strutturali è un obiettivo imprescindibile se si vuole effettivamente contribuire al rilancio economico della Calabria, segnando una discontinuità forte con il passato e sui risultati prodotti in questo campo si giocherà la credibilità dell’intera futura classe dirigente regionale».

E per quanto riguarda le priorità della nuova programmazione?
«
La Calabria se opportunamente governata ha la possibilità di colmare in breve il gap che la separa dalle altre regioni, ma per far questo deve innovare totalmente le politiche. La Calabria non deve più inseguire l’industrializzazione, ma deve fare un salto nella nuova era e investire in creatività e innovazione. È inutile inseguire il treno dell’industrializzazione, dobbiamo piuttosto pensare alla Calabria 4.0, una Calabria di imprese High Tech e che forniscono servizi avanzati e una Calabria che valorizza in maniera innovativa i tradizionali settori dell’Agroalimentare e del Turismo. Calabria 4.0 significa investire nella logistica, e a Gioia Tauro abbiamo un polo di eccellenza in grado di trasformare la Calabria in una grande piattaforma logistica fra l’Europa, l’Asia e l’Africa. Calabria 4.0 significa creare un distretto di imprese High Tech che sviluppino servizi di ICT innovativi per le famiglie e le imprese, utilizzando il Know How delle nostre Università. Calabria 4.0 significa trasformare la Calabria in una regione creativa che a partire dal patrimonio di beni culturali valorizzi i settori tradizionali del turismo, dell’agroalimentare e dell’artigianato di qualità innestando una “Sovrapposizione virtuosa” tra beni culturali e sistema produttivo che è ciò che consente beni culturali di giocare il ruolo di volano di sviluppo. In un mondo in cui la velocità è tutto, in cui la rapidità è un fattore critico di successo, la Calabria si presenta con un processo di decisione/attuazione, lento, farraginoso ed elefantiaco. Un pachiderma che deve competere in una gara di velocità con lepri e gazzelle. Non servono nuove risorse o nuovi investimenti. La cura è semplice e immediata, basta investire in intelligenza e competenze. Ma intelligenza e competenza fa rima con merito e questo è stato sempre il grande assente nei palazzi regionali. I fondi strutturali e la programmazione 2021-2027, a fronte del sostanziale fallimento della programmazione 2014-2020, sono in questa luce una opportunità straordinaria che per essere colta ha bisogno di un cambiamento a 360° sia nella strategia, sia nell’attuazione. Il poco e male fatto fino ad oggi deve essere immediatamente corretto perché quella che abbiamo oggi è un’opportunità straordinaria per far crescere la Calabria. Sprecarla sarebbe non solo un atto di masochismo, ma anche una perdita di credibilità esiziale per la Calabria. A fronte di questo fallimento difficilmente si troverebbe qualcuno disposto a dare un’ulteriore chance alla Calabria». (r.desanto@corrierecal.it)

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