«La Calabria in zona rossa in periodo di festività pasquali è un nuovo disastro per i commercianti, i ristoratori e per tutti i negozi che non siano legati alle multinazionali dell’e-commerce – si legge in una nota di Confcommercio Reggio Calabria. Soprattutto, la durezza del provvedimento dovuta alla disastrata condizione sanitaria calabrese (di cui i cittadini sono vittime ndr), mal si concilia con i ristori stanziati dal nuovo e tanto atteso Esecutivo che hanno una misura, se possibile, ancora più risibile rispetto al passato e che giungeranno alle imprese, come oramai triste consuetudine, con notevole ritardo». «Proprio in questi giorni – dichiara il presidente Lorenzo Labate – è partita la campagna nazionale di Confcommercio “Il futuro non (si) chiude” per far sentire la voce delle imprese che vogliono ripartire e allo stesso tempo per sottolineare la necessità di sostegni più robusti per fare fronte alle enormi difficoltà economiche che le chiusure, da un anno a questa parte, hanno determinato. Con questa campagna la nostra Categoria a livello nazionale chiede all’esecutivo interventi coraggiosi e indennizzi più adeguati e tempestivi per le aziende. Intervento dei quali, purtroppo, dopo un anno di crisi non esiste traccia». «Le imprese non resistono più – continua Labate. Secondo i dati Confcommercio il lockdown di marzo e aprile rischia di causare una perdita di oltre 15 miliardi di euro, oltre la metà per alberghi e ristoranti. Questi ultimi, tra marzo e le giornate di Pasqua, non incasseranno circa 2,8 miliardi. In questo anno disastroso noi imprenditori abbiamo dato fondo alle riserve e attinto ai risparmi di una vita. È una situazione assai critica che condivido con i colleghi con i quali quotidianamente mi confronto e che anche un’Azienda storica come quella che conduco si trova purtroppo ad affrontare. Una situazione che, alla luce dei ritardi e delle incerte modalità di gestione della campagna vaccinale – unica vera speranza per uscire da questo tunnel – non vedrà sicuramente a breve una soluzione». Secondo l’Ufficio Studi Confcommercio, per trovare un anno peggiore del 2020 dal punto di vista macroeconomico bisogna andare al 1944. Solo nel comparto della ristorazione le perdite di fatturato nel 2020 hanno raggiunto i 38 miliardi, con la chiusura di circa 23mila imprese; la filiera del turismo ha registrato una perdita di valore della produzione di 100 miliardi, solo il comparto ricettivo ha perso oltre 13 miliardi di fatturato; nel commercio al dettaglio, il settore abbigliamento e calzature ha perso 20 miliardi di consumi con la chiusura definitiva di 20mila negozi; nel commercio su aree pubbliche si registrano cali fino a circa 10 miliardi e 30mila imprese a rischio chiusura; nel settore degli spettacoli le perdite hanno superato 1 miliardo, in termini di mancati incassi, tra cinema e spettacoli dal vivo (musica, teatro, lirica, danza). Per Labate «alle micro e piccole imprese, soprattutto in un territorio economicamente fragile come la nostra Provincia, in questo momento, con questi numeri ed alla luce delle decisioni calate dall’alto, servono urgentemente indennizzi seri per i mancati introiti e sostegni a fondo perduto, azzeramento dell’imposizione, non certo rinvii, sospensioni o aggiunte di altri debiti a quelli che per la maggior parte hanno già in piedi. Ogni altra forma di intervento come quello messo in campo ad esempio dal Comune di Reggio Calabria con il recente Bando per l’indennità una tantum di mille euro per le imprese in crisi, dalla Camera di Commercio o la stessa attività di assistenza e consulenza gratuita fornita da oltre un anno dalla nostra Associazione, seppure importanti e moralmente apprezzabili, non saranno determinanti a scongiurare il rischio concreto di vedere chiudere le imprese una dopo l’altra». «Nonostante i numeri, conclude Labate – continuo a vedere ancora il senso di appartenenza e di unione di una categoria che sta soffrendo, che avrebbe voglia di ripartire mettendocela tutta e lavorando, avendo come priorità la salute di persone, lavoratori e clienti e la sopravvivenza delle proprie attività, fonte di sostentamento per molte famiglie del territorio. Serve tuttavia una spinta poderosa dall’alto per dare alle imprese speranza e una chiara visione del futuro. Perché oggi le imprese, come fu per l’euro nel 2012, vanno salvate “whatever it takes” ».
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