CATANZARO Da un lato c’è un presidente reggente che (auto)promuove la campagna vaccinale e l’approccio della Regione alla lotta al Covid, dall’altro un’Asp che depone le armi e tanti, troppi dubbi sulle procedure di immunizzazione dei cittadini. Davanti ai dati ufficiali diffusi venerdì dal governo c’è poco da stare allegri. La Calabria è in ritardo su più fronti (over 80 e personale scolastico in primis) e le contraddizioni si inseguono dal Pollino allo Stretto, tra fiale che restano nei frigoriferi e dosi di richiamo che saltano. È l’impianto che non funziona: lo Stato lo sa e ha inviato qui il generale Francesco Figliuolo per tirare le fila di un discorso che inciampa, al di là delle dichiarazioni istituzionali. Lo sa anche la ministra al Sud Mara Carfagna che oggi, in un’intervista al Foglio, a domanda esplicita sulla Calabria e il Meridione risponde che «bisogna aiutare, e lo si sta facendo, chi ha problemi organizzativi, di personale, di logistica e far sì che i sistemi sanitari escano rafforzati da questa emergenza». Benvenuti in Calabria, dunque. Dove non va tutto bene, per niente.
Il primo tasto dolente è l’emergenza costante nell’inseguimento al virus. Anche dopo un anno di tracciamenti e tentativi di intervenire per frenarne la diffusione, la medicina territoriale arranca. Lasciamolo raccontare alla sentenza con la quale il Tar di Catanzaro ha lasciato chiuse le scuole nel capoluogo, dando per una volta “ragione” alla politica. In tutte le sentenze della giustizia amministrativa ricorre un’espressione diventata un incubo per chi scrive ordinanze di chiusura: si scrive “carenza d’istruttoria”, si legge “incapacità di affrontare la pandemia”. Basta qualche passaggio dal decreto del presidente Giancarlo Pennetti per avere chiara la dimensione del problema. Il magistrato analizza le motivazioni alla base della serrata disposta per gli istituti. E considera «non condivisibile l’affermazione dell’Asp secondo la quale il “dubbio”, “a prescindere dai numeri” possa giustificare proposte di chiusura di tutte le scuole per settimane su intere aree urbane». È questo il nodo centrale della faccenda, perché i numeri «dovrebbero viceversa essere costantemente raccolti, elaborati e resi disponibili da parte delle strutture addette alla prevenzione»; l’Asp, invece, «non ha la disponibilità» delle cifre. L’Azienda sanitaria di Catanzaro non riesce, o forse non può, seguire l’andamento dell’epidemia sul territorio. E non è certo l’unica in queste condizioni. Lo spiega ancora meglio un altro passaggio del dispositivo. Quello in cui si dice che il sindaco Sergio Abramo ha adottato il provvedimento impugnato «avendo l’amministrazione sanitaria preferito esporre “al di là dei numeri specifici e della colorazione (zona arancione)” uno stato d’animo di “forte preoccupazione” e una serie di criticità organizzative, queste ultime suscettibili di considerazione ancorché, si ripete, sganciate da dati precisi». Insomma, i numeri non ci sono ma la preoccupazione sì, dunque chiudiamo. Il problema è che la considerazione arriva proprio da chi dovrebbe contenere l’emergenza Covid e conoscere quei numeri. Il quadro, invece, è nebuloso vista – citiamo ancora il Tar di Catanzaro – l’«evidente inadeguatezza del dipartimento a effettuare con la necessaria efficienza del caso le attività di contact tracing “visto l’esiguo numero di personale di cui dispone”, con riferimento alle richieste soprattutto di tamponi, provenienti anche dal mondo scolastico sia con riferimento alla città di Catanzaro e sia dal territorio di pertinenza». Il personale non basta, i contagi sono fuori controlli e il contact tracing funziona a singhiozzo: i problemi sono rimasti gli stessi, anche se dalla dichiarazione della pandemia è trascorso un anno.
I dubbi sui vaccini, nonostante i tentativi di rappresentare la campagna calabrese come eccellente, sono conclamati. A partire dai numeri chiave, quelli delle dosi consegnate e somministrate. Fino a sabato in Calabria risultano 315.490 dosi consegnate, mentre 232.850 sono quelle somministrate (dati della Presidenza del Consiglio dei ministri). La percentuale di utilizzo è del 73,8%: ci sono più di 82mila dosi ferme nei frigoriferi. Le istituzioni hanno provato a rassicurare: «Il 30% è la quota di giacenza prevista per rientrare nel range di sicurezza». Certo, bisognerebbe spiegarlo a quegli over 80 che – a Carolei (ma è soltanto un esempio) come in altri centri del Cosentino – hanno visto rinviare la somministrazione della seconda dose necessaria all’immunizzazione. Qualcuno darà la colpa alle critiche. Ma pure questo bisognerà spiegare ai tanti appartenenti a categorie fragili che continuano a rimbalzare sulla piattaforma online per via del mancato riconoscimento di codici esenzione e tessere sanitarie. Il consigliere regionale del Pd Carlo Guccione segnala, tra le altre anomalie, che «per gli ultraottantenni della provincia di Cosenza la sede vaccinale più vicina per prenotare la somministrazione risulta essere Vibo Valentia o Crotone. Certo – commenta – “una campagna vaccinale ottima”. Peccato che i cittadini calabresi non se ne siano accorti. E i vaccini promessi e tanto attesi per supplire alle carenze delle seconde dosi in Calabria tardano ad arrivare…“una campagna vaccinale ottima”. Peccato che i cittadini calabresi non se ne siano accorti. E i vaccini promessi e tanto attesi per supplire alle carenze delle seconde dosi in Calabria tardano ad arrivare». Ancora numeri: nelle ultime 24 ore in regione sono state somministrate 6.566 dosi di vaccino. Il numero, a regime, dovrebbe aggirarsi attorno a 30mila dosi al giorno. Siamo ancora lontani, forse lontanissimi, dal poter dire che va tutto bene. (p.petrasso@corrierecal.it)
Senza le barriere digitali che impediscono la fruizione libera di notizie, inchieste e approfondimenti. Se approvi il giornalismo senza padroni, abituato a dire la verità, la tua donazione è un aiuto concreto per sostenere le nostre battaglie e quelle dei calabresi.
La tua è una donazione che farà notizia. Grazie
x
x