Gli attacchi continui alla Procura di Catanzaro non sono solo legittime critiche, ma nascondono il pericoloso tentativo di minare la credibilità di un magistrato assai scomodo come Nicola Gratteri, in lizza per il posto di procuratore capo di Milano. È giusto che si sappia, perché c’è tutto un fitto e popoloso sottobosco intenzionato a non fermarsi neppure davanti al serio rischio di delegittimare tutta la magistratura calabrese impegnata a contrastare dominio e poteri criminali, di mettere in pericolo la vita di magistrati e giudici nel regno delle ‘ndrine dove non a caso da Siderno a Cutro (qui) fino a Vibo (qui) si progettano attentati e si pensa di ingaggiare sicari per eliminare Nicola Gratteri e dove le cimici registrano (qui) l’intenzione di fermare Pier Paolo Bruni.
Lo dico subito e senza infingimenti: non sono una fan di Nicola Gratteri e non faccio nemmeno parte di quel “Comitato spontaneo di prossimità” che – radunatosi davanti alla Procura di Catanzaro (qui) – all’indomani di “Rinascita Scott” manifestava sete di giustizia e oggi, invece, chissà perché tace.
Non ho mai tifato per questo o quel magistrato e resto semplicemente inorridita dinanzi alle verità emerse dalle intercettazioni che vedono come protagonista Luca Palamara: di un partito di giudici diviso in correnti, di taciti patti tra magistrati e politici, di rapporti viziati tra pm e giornalisti, insomma di un (anti)sistema che andrebbe riformato subito per recuperare fiducia nel sistema giudiziario, una fiducia seriamente compromessa dagli stessi togati.
Ma faccio questo lavoro da troppo tempo per non ricordare che la ‘ndrangheta, alzando il tiro, ordina gli omicidi di tre liberi, onesti e coraggiosi giudici calabresi: nel 1975 Francesco Ferlaino, nel 1983 Bruno Caccia e nel 1991 Antonino Scopelliti. Tutti e tre ammazzati perché nemici, avversari dei clan e servitori dello Stato. E non dimentico nemmeno le tante vittime giustiziate o quelle strangolate dal capillare reticolo di potenti cosche, da quell’arrogante potere criminale che si arricchisce soffocando e deprimendo da sempre questa terra, che s’insinua tra le maglie delle istituzioni, che paga poliziotti e magistrati infedeli, che si avvale di potenti avvocati massoni, che costringe i figli di Calabria ad emigrare perché qui non c’è futuro.
Ecco perché la martellante campagna denigratoria nei confronti di Gratteri, questo che in fondo è un tentativo di isolarlo, è un gioco fin troppo pericoloso che pesa come un macigno sull’attività della magistratura inquirente: oggi a Catanzaro, domani a Reggio, a Vibo, a Crotone e nel Cosentino. In tutti quei territori in cui si stanno infliggendo duri colpi ai potenti clan Piromalli, Pesce, Mancuso, Grande Aracri, Muto. Dove si combatte in prima linea contro cosche e ‘ndrine che oscurano le bellezze di questo territorio, pregiudicandone lo sviluppo culturale ed economico.
Ora per i calabresi è arrivato il momento di decidere da che parte stare. (paola.militano@corrierecal.it)
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