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Il caso

«Un infermiere per 10 pazienti». Corto circuito fra Asp e ospedale di Cosenza – FOTO

Tutti i problemi dei dieci posti letto di terapia sub-intensiva attivati all’Annunziata fra personale senza farmaci e dispositivi di protezione

Pubblicato il: 30/03/2021 – 11:16
di Luca Latella
«Un infermiere per 10 pazienti». Corto circuito fra Asp e ospedale di Cosenza – FOTO

COSENZA Un dispetto o un’amnesia? Tutto sembra essere lecito a queste latitudini della sanità, dove gli ultraottantenni rischiano di rimanere senza “richiamo” mentre migliaia di dosi di vaccino restano “imboscate”.
È il caso di questa sorta di corto circuito fra Azienda ospedaliera di Cosenza e Azienda sanitaria di Cosenza, nonostante una convenzione sottoscritta nei giorni scorsi per allestire 10 nuovi posti letto di terapia sub intensiva all’ospedale dell’Annunziata. L’accordo prevede, in sostanza, che l’Azienda ospedaliera fornisca i luoghi – proprio all’Annunziata – e l’Asp reperisca il personale necessario. Una terapia sub-intensiva tirata su in poche ore – prelevando personale medico e infermieristico a Rossano, ospedale a sua volta rimasto sguarnito e a rischio chiusura ai ricoveri proprio per carenze di organico – forse per far quadrare i conti dei posti letto nelle Rianimazioni e dimostrare che la Calabria se la cava. È sensazione diffusa nel personale sballottato da una parte all’altra, col risultato un po’ della coperta corta, un po’ del santo vestito, svestendone un altro.
Sia Rossano che Cosenza ad oggi risultano sature proprio mentre gli operatori sanitari non riescono più a coprire i turni di lavoro. I dieci posti in più di sub-intensiva all’ospedale di Cosenza – ne ospita anche undici – sono, così, gestiti da cinque infermieri, tre medici dell’Asp e nessun operatore socio assistenziale. Nonostante il rapporto infermiere/pazienti in una terapia sub-intensiva debba essere 1/3, molti turni sono coperti da un solo infermiere per 11 ricoverati o con l’ausilio di personale del personale dell’Azienda ospedaliera in regime di straordinario.
In uno scenario del genere, non mancano di certo i problemi. Sarà perché il personale del reparto allestito velocemente è dipendente Azienda sanitaria provinciale, sarà perché quel materiale è dell’Azienda ospedaliera, i cinque infermieri sono costretti a dispositivi di protezione individuale di fortuna perché, a quanto pare, non forniti. Le foto parlano chiaro: buste di plastica ai piedi, mascherine centellinate, nessuna visiera e solo alcune tute a disposizione.
Una situazione insostenibile che potrebbe essere tamponata dai quindici infermieri che i ben informati dicono saranno assunti: 10 da inviare all’Annunziata e 5 al Giannettasio. Si vedrà.

La lettera

Intanto gli infermieri in servizio nella terapia sub-intensiva hanno scritto una lettera al loro direttore sanitario, Martino Rizzo, da dipendenti Asp, per far presente tutti i disagi nei loro turni di lavoro.
«Non esiste – scrivono – un reale percorso sporco-pulito, in quanto il corridoio utilizzato per il ricovero/dimissione dei pazienti, per l’arrivo del vitto e per l’uscita del materiale contaminato è lo stesso del personale per raggiungere il locale adibito a spogliatoio. Dal 18 marzo, data in cui sono state avviate le attività del reparto, soltanto in alcuni giorni e per un massimo di 4 ore è stato presente personale di supporto (oss) proveniente da altri reparti dell’Azienda in regime di straordinario o prestazione aggiuntiva. Non è presente – proseguono nella missiva inviata il 28 marzo via pec – ad oggi il personale assegnato in via definitiva al reparto, ma solo personale che presta servizio occasionalmente e in maniera discontinua».
Riferiscono anche che «non è stato nominato un coordinatore infermieristico con tutto ciò che ne consegue, dalla mancata assegnazione dei turni per iscritto, allo scarso approvvigionamento dei farmaci, biancheria per i degenti e i dispositivi di protezione individuale per il personale di turno, che risulta non adeguatamente protetto, pur lavorando in un ambiente ad elevato rischio di contagio. Non esiste – scrivono ancora – una pianificazione per i periodici controlli mediante tampone rinofaringeo per la ricerca di Sars-Cov-2 e ciò comporta elevato rischio per noi e le nostre famiglie. Sono stati svolti turni oltre il massimo orario giornaliero consentito dalla legge, a causa della mancanza di personale infermieristico, per garantire continuità assistenziale. Gli infermieri più volte sono stati costretti a lavorare da soli col medico, senza oss, con tutti i posti letto occupati».
Ed ancora, «non sono presenti in reparto presìdi fondamentali per lo svolgimento delle attività, come materassini antidecubito, elettrocardiografo ed emogassificatore. In particolare la mancanza di quest’ultimo costringe gli infermieri a lasciare il medico da solo in reparto per poter portare i campioni ad analizzare presso altri reparti».
Problematiche, sottolineano infine, «segnalate verbalmente fin da subito e durante il primo turno lavorativo – ormai 15 giorni fa, ndr – al responsabile del reparto. Siamo consapevoli dell’emergenza sanitaria in corso e siamo sempre stati ligi al dovere ma, nonostante gli sforzi nostri e del personale medico, non risulta possibile erogare un’adeguata assistenza ai pazienti Covid-19 con queste condizioni lavorative». (l.latella@corrierecal.it)

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