CATANZARO La Corte d’Assise di Catanzaro, presieduta da Alessandro Bravin, ha comminato tre ergastoli nei confronti di Antonio Bagnato, Antonio Marrazzo, e Antonio Cianflone. La Corte ha abbracciato le richieste formulate dall’accusa, in un caso infliggendo pene ancora più severe. Trenta anni, infatti, sono stati comminati per Michele Marrazzo (chiesti 24 anni) e 12 anni per il collaboratore di giustizia Domenico Iaquinta (chiesti 13 anni). Assolto, così come chiesto dal sostituto procuratore della Dda di Catanzaro Paolo Sirleo in sede di requisitoria, Gianluca Leonetto. Si chiude così in primo grado il troncone del procedimento “Trigarium” relativo all’omicidio di Rocco Castiglione e al tentato omicidio del fratello Raffaele, avvenuti a maggio 2014 a Roccabernarda.
Secondo quanto ricostruito dalle indagini, Antonio Bagnato è stato l’ideatore dell’agguato e gli altri gli esecutori che si sono suddivisi i compiti di vedetta, di trasportatori di armi, di preposti a condurre i mezzi per allontanarsi e di materiali attuatori del piano omicidiario. Per l’omicidio, il 31 maggio 2014, sono stati usati tre fucili con matricola abrasa per aprire il fuoco contro la Mitsubishi Pajero all’interno della quale viaggiavano, su una strada di campagna fuori dal paese di Roccabernarda, Rocco e Raffaele Castiglione. I killer si erano nascosti tra gli arbusti per sorprendere le vittime intorno alle 9:30 del mattino. A raccontare le dinamiche dell’agguato ai carabinieri è stato Raffaele Castiglione che, scampato all’agguato, si era dato alla fuga – mentre il corpo di suo fratello giaceva senza vita sul sedile passeggero – e aveva raggiunto la caserma per chiedere soccorso. L’omicidio sarebbe nato in seno a logiche di potere e controllo del territorio poiché la famiglia Castiglione era refrattaria ad allinearsi alle direttive del capo locale Antonio Bagnato. Nel collegio difensivo gli avvocati Antonio Lomonaco, Sergio Rotundo, Romualdo Truncè, Luca Cianferoni, Francesco Calzone.
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