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il “compleanno”

La città di Corigliano Rossano compie tre anni: un pargolo da affidare ai servizi sociali

I primi 36 mesi di vita, le mille difficoltà iniziali, una “visione” prospettica che non c’è e la gestione alla giornata

Pubblicato il: 01/04/2021 – 18:56
di Luca Latella
La città di Corigliano Rossano compie tre anni: un pargolo da affidare ai servizi sociali

CORIGLIANO ROSSANO Tre anni e sentirli tutti. La città di Corigliano Rossano, in questi giorni – il 31 marzo – ha compiuto il suo terzo anno di età. E come un bimbo di 36 mesi ha ancora tutta la vita davanti.
La sua genesi, il parto, l’approvazione della legge di istituzione approvata dal Consiglio regionale a maggioranza – alcuni consiglieri hanno abbandonato i lavori prima che iniziasse la discussione sull’approvazione della legge istitutiva del nuovo comune ed il solo voto contrario di Orlandino Greco – la fase commissariale e questi mesi di vita, sono decisamente tutti in salita.
In primis, perché al di là delle metafore fanciullesche, si tratta di un processo sociale rivoluzionario che ha riscritto la storia del territorio e che necessita di decenni per essere interamente metabolizzato.
Due citta, Corigliano e Rossano, molto vicine ma spesso agli antipodi in politica, diverse dal punto di vista sociale, radicalmente opposte nella loro storia, ancor di più se si pensa ai dialetti. Eppure complementari, perché a pensarci bene si incastrano alla perfezione. Laboriosa e ricca Corigliano, storica e aristocratica Rossano. Una miscela dalle potenzialità infinite.
Saranno necessari degli anni, però, prima che i campanili siano tutti abbattuti, così come i pregiudizi. Ancora oggi – com’è normale che sia – ci sono resistenze, prevenzioni, rancori in taluni strati sociali. Come in quello degli (ex) amministratori. Ecco, a parte qualche rarissima eccezione – su tutti quella targata Francesco Filareto-Pasqualina Straface seppur per un brevissimo lasso di tempo – spesso le due amministrazioni anche quando erano dello stesso “colore” con-vivevano in antitesi. Come le ultime due con a capo Giuseppe Geraci da una parte, che si è apertamente schierato per il “no” in campagna elettorale, e Stefano Mascaro: il suo era un sì di facciata che celava il desiderio recondito di posticipare la fusione più il là, possibilmente alla fine della sua consiliatura. Come nel calcio. Derby infuocati sul rettangolo verde e sulle tribune, anni di battaglie, con le due tifoserie sempre rigide nelle loro posizioni ancora oggi.

I ragazzi e le resistenze

Per fortuna ci sono i ragazzi. Loro sì, si sentono già coriglianorossanesi, quelli delle elementari, delle medie e oggi dei primi anni delle superiori che grazie a volenterosi insegnanti hanno approfondito la “materia”, perché sì, l’unione fa la forza, anche in questo caso. Loro saranno la futura classe dirigente.
Eppure, ancora oggi ci sono resistenze, c’è chi vorrebbe riavere indietro la sua autonomia, ma la democrazia ha fatto il suo corso. Certo, la rossanesità e la coriglianesità rimarranno per sempre, come gli idiomi, le tradizioni, sociali e storiche che nessuno si azzarda a toccare.

I primi vagiti

Ma i movimenti che questa fusione l’hanno ideata, proposta, voluta, come il Comitato delle 100 associazioni per la fusione presieduto da Amerigo Minnicelli, si aspettavano qualcosa in più. Dal Governo e perché no, anche dalla Regione che dopo l’approvazione se n’è lavata le mani, al contrario di altre che alle fusioni hanno offerto tutto il loro appoggio e sostegno.
La fusione di Corigliano Rossano è la più importante in Italia, in termini di popolazione e estensione territoriale. Ormai tutti sanno che si è costituita la terza città della Calabria, la prima per territorio, la 77esima per popolazione nazionale e la 22esima municipalità italiana per estensione territoriale. È la più grande fusione europea. Eppure i “fondatori” si sarebbero aspettati un sostegno diverso dal Governo e dal Ministero dell’Interno, col quale hanno brevemente interloquito nella fase embrionale, senza alcun appoggio delle istituzioni locali. Nessun supporto, nessuna consulenza, nessun aiuto di nessun tipo, se non quei fondi – briciole, perché pensate per i piccoli comuni – che la città di Corigliano Rossano otterrà per i prossimi (altri) sette anni. In Francia, su questo genere di fusione ci avrebbero tirato su studi e una letteratura intera sul “fenomeno”.
“Qui” la Regione, dopo aver fatto il minimo sindacale, ma sventolato un certo impegno, ha mollato. Ed ha lasciato tutto in balia delle singole volontà di chi la sta governando. Prima il commissario prefettizio che da semplice traghettatore, tutto ha fatto tranne assolvere al compito per il quale era stato chiamato e, dal giugno 2019 – 22 mesi or sono – dal primo sindaco della storia della città, Flavio Stasi. Uno di quelli che certamente non ha condiviso il “metodo” del comitato delle 100 associazioni, seppur fosse semplicemente quello istituzionale, ma soprattutto le persone che governavano in quel momento il processo di fusione.

I primi passi

In fondo non ci ha creduto mai troppo, forse convinto che sarebbe stato più facile vincere le elezioni nella “sua” Rossano piuttosto che in una città più grande. Né si è mai speso granché per sostenere l’idea.
Basterebbe leggere i documenti sull’albo pretorio per comprendere che l’amministrazione comunale non si sforza nemmeno: mai un riferimento unitario ma alle “aree”. Area Corigliano, area Rossano, su tutti i documenti. L’ultimo, oggi, su una comunicazione a firma del segretario generale, Paolo Lo Moro, a proposito della chiusura degli uffici comunali per la festa del santo patrono di domani. San Francesco era ed è il santo patrono di Corigliano, ed allora che si fa? Si ordina la chiusura degli uffici, ma soltanto quelli dell’”area” Corigliano. San Nilo, protettore di Rossano, se ne farà una ragione ed aspetterà il suo turno.
In sostanza l’Amministrazione Stasi, è come se oggi guidasse senza documenti, perché se la città non l’ha mai immaginata, se una visione l’ha mai avuta, è come se la patente non l’avesse mai conseguita. Ed i risultati, onestamente, si vedono. A tal punto da iniziare a far pentire la gente della bontà della fusione, soprattutto a Corigliano dove il suo appeal è ormai scemato. A Rossano ha una sua resistenza, ma anche in questo caso, col passare del tempo si sta sempre più assottigliando.

Un pargolo da affidare ai “servizi sociali”

Le sue colpe? Governare il municipio e non il processo, vivere alla giornata oberato dai mille problemi anche se ereditati dal passato mentre oggi sono tutti pronti a puntare il dito, dimenticando che prima, in molte aree delle due città, si stava peggio.
Insomma, quella in carica è un’amministrazione – a parte qualche rara eccezione – che la fusione l’ha subìta e non pensata, con tutte le difficoltà del caso, in questa fase di crescita. Stasi ed i suoi ad oggi non hanno coinvolto nessuno nelle cose da fare, nelle decisioni da intraprendere, per il bene comune. Avrebbero potuto pensare a qualche mese di governo di scopo, ad un’azione “costituente” e condivisa ed invece si stanno assumendo tutte le responsabilità e con tutte le conseguenze storiche che ne deriveranno.
Avrebbero potuto aprire il dibattito, un forum permanente, soprattutto nei nove mesi prepandemia, ed invece nulla. Questa città ad oggi sembra un pargolo da affidare ai servizi sociali.

Sarà la storia a giudicare

Sarà la storia a giudicare la prima amministrazione comunale. In ogni caso, nonostante le competenze amministrative potranno accelerare o rallentare questa grande rivoluzione storico-social-culturale, i benefici la fusione lì sta ottenendo grazie ai “grandi numeri”.

I benefici

La città potrà contare sul suo collegio camerale: fino a “ieri” Corigliano e Rossano sono state sempre divise. Ed al senato, con la riforma, uno dei due collegi calabresi sarà quello che riporterà la dicitura “Collegio di Corigliano Rossano”. E poi quattro parlamentari. Quindi l’alta velocità che consente ai cittadini di questa area di raggiungere il centro-nord Italia in tempi “europei”.
Insomma, è notorio che i governi ragionino con la calcolatrice in mano. Quella stessa calcolatrice che ha permesso l’elevazione ad agenzia sub provinciale della sede destinata alla chiusura. E poi le forze dell’ordine che presto beneficeranno dell’elevazione del Commissariato a Distretto di Polizia e delle compagnie dei carabinieri di Rossano e Corigliano elevate a “Gruppo”. Troppo poco in due anni? Probabilmente.

Quel bimbo non troppo simpatico

Di contro c’è il rovescio della medaglia. Quelle avversioni della vecchia nomenklatura che percepisce Corigliano Rossano come un attacco al potere politico. Perché quello al potere economico è una “battaglia” già vinta da un pezzo. (l.latella@corrierecal.it)

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