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Il commento

Puzzonia: «In Calabria si pensi a un sistema di “medicina di prossimità”

L’ex dg dell’Azienda ospedaliera di Cosenza: «Il business in sanità non paga. La nostra regione in testa alla classifica per il minor numero di decessi Covid»

Pubblicato il: 02/04/2021 – 16:39
di Lino Puzzonia*
Puzzonia: «In Calabria si pensi a un sistema di “medicina di prossimità”

Ho sostenuto con pochi altri, da diversi lustri ormai, che la Calabria non ha avuto mai un coerente piano di sviluppo della Sanità, così come nata dalla legge di Riforma del 1978.
È mancato e manca insomma un sistema e la riforma del titolo V della Costituzione ha ulteriormente peggiorato le cose creando 21 diversi Servizi regionali con pochissima possibilità di intervento in termini di programmazione da parte dello Stato.
La rete dei 41 ospedali avviata all’inizio degli anni settanta fu un tentativo di riequilibrare le condizioni strutturali e di assegnazione delle risorse ai tempi del risanamento a piè di lista ma nasceva fuori tempo massimo perché assolutamente inadeguata rispetto alle esigenze di una medicina moderna. Il ridimensionamento di tale rete ha creato e crea ancora proteste da parte di sindaci e popolazioni perché il primo tentativo portato avanti tra il 2000 e il 2005 fu piuttosto maldestro perché chiuse letteralmente una decina di ospedali senza riconvertirli. Era necessario piuttosto chiudere inutili degenze ripetitive o azzardate per sostituirle con una efficace specialistica del territorio come quella praticabile nelle case della salute.
La mancanza di sistema ha creato tra i calabresi disaffezione verso il Servizio sanitario e, per chi ha potuto, fuga verso il Nord spesso per prestazioni non fruibili in Calabria ma più spesso ancora per prestazioni facilmente ottenibili con la stessa qualità anche nella nostra regione. Il tutto è ampliato dai mass media e della Calabria si parla solo per dirne dei disservizi e degli scandali.
Ne è derivata una paurosa mobilità passiva sempre crescente che ha creato un circolo vizioso che oggi, dopo dieci anni di commissariamento, appare ancora piuttosto complicato da interrompere.
Eppure vorrei qui far notare come gli esemplari Servizi del Nord Italia che incamerano più di 300 milioni all’anno dalla Calabria e altre cifre simili dalle altre regioni meridionali lo fanno perché hanno puntato a una sanità esclusivamente ospedaliera (e per circa la metà privata) capace di coniugare la buona qualità con il business e finanziata anche  proprio dalla mobilità proveniente dalle regioni meridionali.
È il caso della Lombardia e di altre regioni padane.
E poi arriva la pandemia e già “ad occhio” si vede che quel gigante ha i piedi di argilla.
È curioso però che in  televisione e sugli altri organi di informazione anche nella fase della diffusione della malattia, e ora di quella vaccinale, si parli della Calabria sempre e soltanto per segnalarla all’utimo o tra gli ultimi posti di tale o tal altra classifica.
Io voglio segnalarne qui invece una nella quale è prima. Vi propongo allora la classifica in ordine crescente dei decessi per Covid 19 in relazione al numero dei residenti.
I dati della popolazione sono gli ultimi Istat disponibili mentre i dati dei decessi sono tratti dal Corriere della sera del 1° Aprile.
Sono dati recentissimi in questo momento in cui l’epidemia si è ormai “globalizzata” in tutto il paese e non risente quindi del dato epidemiologico iniziale

Regionedecessi COVID  per 10000 abitanti
1Calabria4,17
2Sardegna7,46
3Basilicata7,77
4Sicilia9,15
5Campania9,18
6Lazio11,30
7Puglia11,84
8Molise14,11
9Umbria14,13
10Toscana14,29
11Abruzzo16,15
12Marche17,04
14Veneto21,65
15Trentino-Alto Adige22,66
16Piemonte23,47
17Liguria24,78
18Emilia-Romagna26,79
19Friuli-Venezia Giulia27,15
20Lombardia30,68
21Valle d’Aosta33,50
     

Il dato è ben evidente. La Calabria ha, di gran lunga, il minor numero di morti (4 su diecimila abitanti) mentre la seconda regione ne ha quasi il doppio e le “eccellenti” regioni padane variano da oltre cinque volte di più (il Veneto) a quasi sette volte di più (l’Emilia e Romagna) e quasi otto volte di più (la Lombardia).
Un solo commento tra i tanti che si potrebbero fare: il business in Sanità non paga e ciò che si investe fortemente per un settore manca da un’altra parte.
Ma non pensiamo agli altri. Proviamo in Calabria a pensare a un sistema realizzando una “medicina di prossimità” che porti una buona medicina specialistica e diagnostica nei territori oltre alla buona assistenza di base che già abbiamo, e individuiamo una rete ospedaliera quantitativamente contenuta e qualitativamente qualificata sul piano professionale, tecnologico e  dell’accoglienza che,  restituita alla sua missione fondamentale, convinca piano piano i calabresi che a Bologna e a Milano non sono poi tanto meglio di noi.

già DG AO Annunziata di Cosenza
già Direttore del Dipartimento Oncoematologico dell’AO Pugliese Ciaccio Catanzaro

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