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La risposta

Stasi: «Continuiamo a realizzare passo passo la nostra visione di città»

«La visione di una città normale è quella per la quale abbiamo assunto un impegno ed è quella che costruiamo mattone dopo mattone»

Pubblicato il: 02/04/2021 – 17:19
Stasi: «Continuiamo a realizzare passo passo la nostra visione di città»

Riceviamo e pubblichiamo la nota firmata dal sindaco di Corigliano Rossano, Flavio Stasi, in riferimento all’articolo “La città di Corigliano Rossano compie tre anni: un pargolo da affidare ai servizi sociali

Non sono molto avvezzo alle cerimonie. Credo che il valore dei momenti, degli anniversari, delle ricorrenze, si conferisca attraverso le proprie azioni quotidiane ed il lavoro, pertanto avevo deciso di onorare i tre anni dalla nascita della nostra splendida città semplicemente con un’altra giornata di duro lavoro. Tuttavia, le Sue riflessioni su questa ricorrenza mi impongono non una smentita, in quanto non si possono smentire delle opinioni, bensì un diverso punto di vista.
Condivido in pieno una parte delle riflessioni, in particolare per ciò che riguarda la lungimiranza tanto della scelta di costituire Corigliano-Rossano, quanto degli effetti dell’azione amministrativa ed i conseguenti risultati di cui godremo come città soprattutto a lungo termine. L’assenza di una visione, tuttavia, è falsa e glielo dimostro.
Le “visioni”, in termini politici e strategici, ormai sembrano esserci, sembrano esistere solo se sostenute da comunicazioni appariscenti e sistematiche, solo se sostenute da spot e continui riferimenti immaginari. Rispecchiando un po’ i canoni della nostra società, la “visione” di una amministrazione comunale, il concetto di come vediamo la città tra 30 anni, esiste se appare e non se si lavora per realizzarla.
Dissento fortemente da questa impostazione e la invito a leggere i documenti che l’amministrazione, seppur tra mille difficoltà, produce quotidianamente. La visione si definisce prima di essere eletti, la si condivide con la comunità, ed una volta che la comunità ha scelto bisogna mettersi pancia a terra e lavorare che è quello che facciamo noi. La visione di una città normale è quella per la quale abbiamo assunto un impegno ed è quella che costruiamo mattone dopo mattone. Una città che tiene il cuore nei centri storici e che mira a rafforzarli e valorizzarli, con la presenza istituzionale, con il fisco, con il recupero di progetti passati e la proposizione di progetti di rigenerazione urbana; una città che deve fare e sta facendo i conti con deficit infrastrutturali epocali ai quali si sta ponendo rimedio con progetti piccoli e grandi, dalle reti idriche ai sistemi depurativi, dalla metanizzazione delle contrade ai consolidamenti idraulici, dalla viabilità interna alla mobilità sostenibile; una città che deve fare anche i conti con le proprie opere incompiute che sono fisiche, ma anche amministrative: basta pensare che in una città normale le sedi comunali sono… comunali e questo a Corigliano-Rossano non era scontato; una città che pone al centro un parco e non un palazzo, un lungomare panoramico e non un’industria, i servizi che ancora risentono di appalti separati e che potranno essere migliorati ed uniformati solo nel corso degli anni. La visione di questa amministrazione era e rimane cristallina, basta leggere le linee di mandato alle quali ci rifacciamo quotidianamente e che porteremo a compimento. Anche le scelte che oggi sono etichettate come infelici e che magari non godono del consenso della cittadinanza sono effettuate per costruire le basi solide di una città, inteso come sistema di luoghi, di persone, di azioni, di prassi.
Ci sono difficoltà? Innumerevoli. Alle problematiche di un processo importante, complesso e delicato dal punto di vista politico, amministrativo e sociale si è unita, a pochi mesi dal nostro insediamento, la bufera della pandemia mondiale. Abbiamo poca memoria forse, ma a giugno del 2019 il Comune di Corigliano-Rossano aveva 20 settori, 10 si occupavano di Corigliano e 10 di Rossano. I dipendenti comunali sono uomini e donne di questa terra che hanno lavorato per decenni in un ente che non esiste più, con una visione diversa da quella attuale, che non si supera con un tratto di penna ma con l’azione costante, quotidiana e con un rinnovato protagonismo. Sottolineo in ogni occasione di riunione con il personale concessa da questa maledetta pandemia il ruolo fondamentale che ha ogni singolo dipendente comunale del nostro ente nel costituire, con il proprio lavoro, un mattone essenziale di questa grande ed epocale costruzione che è la nostra città. Una città meravigliosa e splendidamente meticcia da tempi non sospetti.
Ma è anche una città che ha assunto autorevolezza nel territorio, nella provincia, nella regione. Una autorevolezza basata non sulla forza dei numeri, ma sulla capacità di confrontarsi e non di rimanere avvitati su stessi; una classe politica cittadina che non ha soltanto aperto delle interlocuzioni costanti con il territorio, ma che si è resa protagonista di processi importanti che si sono propagati poi in tutta la regione. Una classe politica che non si allinea, ma si confronta e si scontra con tutti i livelli istituzionali; che può vincere o perdere ma che non piega la testa. Che sia così, è un dato di fatto.
L’Amministrazione non dovrebbe creare partecipazione rispetto ad un processo così importante? Certo. Sono mesi che ci chiediamo come fare, e non mi vergogno a dirlo perché nessuno ha sempre le risposte in tasca. La partecipazione in epoca normale è un processo faticoso, seppur necessario. Nei primi mesi di mandato, difficili come non potevano non essere, siamo riusciti a replicare soltanto due o tre volte la forma delle riunioni di quartiere per discutere delle prospettive di rigenerazione o sviluppo di quelle aree, certi che avremmo potuto impiegare maggiori energie nella partecipazione dopo aver assestato definitivamente la macchina comunale. Quell’assestamento definitivo non è mai arrivato perché le caselle continuano a rimanere vuote, perché i concorsi per esami sono diventati quasi impossibili nel rispetto delle norme del distanziamento, perché continuiamo ad avere la media di tre settori a dirigente, perché siamo stati travolti da una emergenza che non ha stravolto la vita amministrativa di Corigliano-Rossano, ma la vita quotidiana di miliardi di persone. Ed in tutto questo, mentre continuiamo a realizzare passo passo la nostra visione di città che è quella scritta indelebilmente nelle linee di mandato, ci chiediamo come fare a realizzare uno dei pilastri di quel documento, ovvero la città della partecipazione, mentre siamo costretti a chiudere i parchi e le piazze per proteggere la salute della comunità. Nelle prossime settimane attiveremo degli strumenti per cercare di attivare la partecipazione nonostante l’emergenza pandemica, faremo degli esperimenti proprio perché dopo un anno sentiamo l’esigenza di riattivare il confronto con la comunità.
La nostra gente non ama e non odia la fusione. La nostra gente ama la nostra terra ed aspira a vederla sempre migliore di come era e di come è, ed il ruolo di qualsiasi amministrazione comunale è di lavorare per raggiungere giorno dopo questo obiettivo sui binari della visione che ha raccontato e sulla quale ha assunto un impegno in campagna elettorale, una visione cristallina che non ha bisogno di essere spettacolarizzata.


De gustibus. A parte qualche barlume di normalità che, oggi come ieri, viene spacciata per straordinarietà, nonostante l’Amministrazione comunale di Corigliano Rossano stia lavorando sodo – ed è indubbio – rispetto alla sbandierata rottura col quel passato tanto osteggiato, a quasi due anni di distanza, fuori dalle mura dei palazzi di città non se ne ha contezza. Ed in direzione fusione va anche molto peggio. Basterebbe farsi un giro per la città. Quei giri in mezzo alla gente che il sindaco non frequenta più.
L’autorevolezza della città di Corigliano Rossano, oggi, è data dalla demografia, dagli 80mila abitanti. Sono gli 80mila abitanti che hanno consentito al sindaco di accomodarsi al tavolo con Conte e Speranza nei mesi scorsi.
Quanto sostenuto da Stasi resta – ancora – fra le pagine delle sue linee di mandato. Contano, dunque, i fatti. E quelli, per adesso, stanno al giorno zero nella storia della città “nuova”. (lu.la.)

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