LAMEZIA TERME Sono 28 in tutto le persone alle quali è stata notificata la chiusura indagini nell’ambito dell’inchiesta della Procura di Lamezia Terme denominata “Asta la vista”, incentrata su una serie di anomalie relative a numerose aste giudiziarie. L’attività investigativa svolta dalle Fiamme gialle di Lamezia Terme, sotto le direttive del procuratore della Repubblica di Lamezia Terme – Salvatore Curcio – avrebbe consentito di accertare l’esistenza di un sistema fraudolento che di fatto ha condizionato per oltre un decennio le vendite giudiziarie del comprensorio lametino.
Sono indagati Raffaele Calidonna; Sara Calidonna; Rosa Giampà; Fabiana Aiello; Pantaleo Ruocco; Carlo Caporale; Elia Anania; Massimo Sereno; Giuseppe Benincasa, alias “Peppino” o “Pino”; Antonio Iannazzo; Vincenzo Iannazzo; Chiara Caporale; Attilio Floro; Antonio Trovato; Francesco Trovato; Francesco Notaris; Adele Benincasa; Antonio Benincasa; Francesco Benincasa; Michele Amatruda; Francesco Bevilacqua; Gianpaolo Bevilacqua; Gianfranco Caporale; Benedetta Caporale; Fulvio Amendola; Luana Danila Mazzocca; Nerea Mazzocca; Vittorio Mazzocca.
Secondo l’accusa a far parte dell’associazione per delinquere, capeggiata da Raffaele Calidonna, ci sono anche sua figlia Sara Calidonna, Rosa Giampà, ex compagna di Calidonna e Fabiana Aiello, amante di Calidonna.
Raffaele Calidonna, secondo l’accusa avrebbe promosso ed organizzato un’associazione per delinquere dedita alla commissione di delitti contro la pubblica amministrazione – rivelazioni di segreto d’ufficio ed abusi di ufficio – ed estorsioni, per lo più finalizzate a turbare la libertà degli incanti, orientando il sistema delle vendite giudiziali con riferimento ad un indeterminato numero di procedure esecutive e fallimentari pendenti dinanzi al Tribunale di Lamezia Terme, presso il quale l’associazione può contare sulla collaborazione di ufficiali giudiziari compiacenti, sulla disponibilità di funzionari e impiegati “amici” in attività presso le cancellerie preposte alle gestione delle pratiche esecutive e fallimentari, nonché sugli illeciti interventi e sulla benevola inerzia dei professionisti delegati alle procedure quali custodi e curatori, utilizzando per partecipare alle aste senza comparire direttamente, svariati soggetti quali prestanome c, stabilmente in questo ruolo, Rosa Giampà e Fabiana Aiello, legate, in tempi diversi, a Raffaele Calidonna da una relazione sentimentale. L’opera delittuosa sarebbe stata mascherata dallo schermo creato dall’Agenzia di affari e Servizi, intitolata alla figlia Sara ma di fatto gestita da Calidonna padre.
I due Calidonna, Giampà e Aiello sono, inoltre, accusati di autoriciclaggio, messo in atto per ostacolare l’individuazione dei proventi illeciti.
I soldi venivano reinvestiti attraverso successive partecipazioni alle vendite, aggiudicazioni di beni e cessioni a terzi ad un maggior prezzo. Questo poteva accadere anche grazie al ruolo di prestanome al quale si offrivano Aiello e Giampà.
In alcuni casi il denaro veniva reimpiegato in attività commerciali, quali ad esempio l’acquisto dell’esercizio commerciale denominato “Bar New Entry” gestito da Aiello Fabiana e, nuovamente, in attività speculative attraverso la partecipazione ad ulteriori aste.
Tra novembre 2017 e maggio 2018 sarebbe stata perpetrata un’estorsione da parte di Raffaele Calidonna e Pantaleo Ruocco (soggetto di Salerno ma residente a Lamezia e ufficiale giudiziario in servizio presso l’Unep, ufficio notifiche esecuzioni e protesti) ai danni di una vittima costretta o a pagare commissioni per circa 2500 euro a favore dell’Agenzia di Affari e Servizi di Calidonna a titolo di illecito compenso per l’attività dalla stessa prestata affinché la vittima, debitore esecutato, si aggiudicasse il compendio immobiliare oggetto di vendita. Dopo essersi aggiudicato il bene, Calidonna ricattava la vittima, minacciandola che se non avesse pagato loro oltre il doppio del prezzo dell’avvenuta aggiudicazione, avrebbe definitivamente perso l’immobile ove viveva con la propria famiglia.
Intercettato a maggio 2018 Calidonna si rivolgeva all’uomo intimando di dargli il denaro: «Eh, innanzitutto deve essere pagata l’agenzia per il lavoro che ha prestato prima, no che tu prima a! telefono parlavi, cose e compagnia bella. L’agenzia hafatto un lavoro — “per quanto riguarda la casa. La casa, i soldi ce li avete o fate chiacchiere” — “perché altrimenti entro quindici giorni dovete andare via, entro un mese ve ne dovete andare” — “allora per la cifra, sessantamila euro” – “Quelli sono per l’agenzia che ti ha seguito la pratica, quella è per l’asta è quella è per un ‘altra cosa” – “Francesco ma questi sessantamila euro quando li abbiamo” — “Eh ti sto dicendo io i sessantamila euro entro quanto li abbiamo!” — “io voglio sapere, le sessantamila euro della casa che… quando ce li dai?”».
«… e poi partecipano i padroni e quando partecipano i padroni le aste se le fanno i padroni!». Con queste parole Raffaele Calidonna si rivolgeva al finanziere Lestingi che aveva già depositato la propria offerta in busta chiusa, inducevano il finanziere a desistere dalla partecipazione all’asta del 9 aprile 2018, chiedendogli apertamente di non procedere ad alcun rialzo, al fine di consentirne l’aggiudicazione in favore di Vincenzo Iannazzo. Il capo di imputazione di turbata libertà degli incanti vede indagati in concorso Calidonna, Iannazzo Antonio e Vincenzo, rispettivamente padre e figlio, quali prestanome di Carlo Caporale, appoggiandosi all’Agenzia di Servizi di Calidonna Sara ed avvalendosi della materiale collaborazione di questa, in occasione dell’asta giudiziaria delegata all’Associazione Notarile Procedure Esecutive di Lamezia Terme per la vendita di otto lotti costituiti da altrettanti terreni in agro di Gizzeria. Il linguaggio di Calidonna appare una misto di lusinghe e minacce: «”E se c’è il padrone … scusa un poco, quello ha avuto una disgrazia si vuole ricomprare la casa e tu gli vuoi prendere la casa? Eh! Se gli prendi casa al padrone poi davvero … da una cosa bella diventa una cosa brutta. Eh! Hai capito com’è?! Come ti chiami mi hai detto?” – “Perché se ti devi andare a mettere lì per un bordello di problemi” — “Allora quando il notaio dice io faccio … si deve fare il rilancio dici no io rilanci non ne faccio».
In uno dei numerosi capi di imputazione per turbata libertà degli incanti si trovano coinvolti i fratelli Gianpaolo (già esponente di Forza Italia a Lamezia, ex vicepresidente Sacal ed ex vicepresidente della Provincia di Catanzaro) e Francesco Bevilacqua. Dopo una procedura fallimentare che riguardava Michele Amatruda, cugino dei Bevilacqua, era stato messo all’asta un complesso commerciale che si trova nel quartiere di Capizzaglie a Lamezia. In questa occasione Gianpaolo Bevilacqua avrebbe fatto da intermediario tra Calidonna e il debitore fallito Amatruda e il fratello Francesco avrebbe fatto da prestanome per il fallito. Gli indagati si sarebbero accordati preventivamente – con il concorso anche di Sara Calidonna e Federica Aiello – per la sola partecipazione di Francesco Bevilacqua all’asta giudiziaria del 10 aprile 2018, aggiudicandosi l’immobile consentendo ad Amatruda di rientrare nel possesso dei beni del fallimento.
A Pantaleo Ruocco, in qualità di ufficiale giudiziario in servizio presso l’Unep di Lamezia Terme, viene contestato l’abuso d’ufficio per avere omesso di notificare a tale Ortenzio Mendicino (non indagato, ndr) il precetto di pignoramento permettendogli di sottrarsi al pagamento della somma di 80 euro per spese di pignoramento.
Ruocco avrebbe inoltre commesso falsità ideologica per avere «omesso di eseguire le operazioni di sfratto a seguito di specifica richiesta dell’avvocato Sergio Tomaino (no indagato, ndr), difensore di fiducia di Raffaele Natalia (non indagata, ndr), attestando falsamente nel verbale all’uopo redatto che le operazioni di sfratto non venivano eseguite per cause derivanti dal carico di lavoro dell’ufficiale giudiziario».
«… io sono l’avvocato Benincasa, voglio dire – l’avvocato Benincasa il nipote di Gino Benincasa buonanima – che era compare con Luigi Mancuso (boss della cosca di Limbadi oggi sotto processo a Rinascita, ndr) – e a noi ci avete creato solo un danno, creare un danno agli altri non va bene, soprattutto a chi è proprietario e se lo è sudato una vita, che dite eh?- ora vi faccio vedere che ho fatto la foto alla targa, veicolo, storico, questa è la targa della macchina vostra». Così si presentava, a gennaio 2018, Giuseppe Benincasa all’appuntato Giuseppe Tinelli che allo scopo di allontanarlo dalla partecipazione all’asta giudiziaria del compendio immobiliare della Antonio Benincasa S.r.l. costituito da un capannone industriale e relativa corte di pertinenza. Secondo la Procura di Lamezia Terme è un’estorsione bella e buona perpetrata in concorso con Raffaele Calidonna e Adele Benincasa. (a.truzzolillo@corrierecal.it)
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