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«I poveri non hanno ragioni»

Nemmeno le ragioni migliori esistono se non se ne parla, ci sono ma è come se non ci siano. Se ne possono avere di importantissime ma se non sono il cuore di un dibattito diffuso non hanno valore….

Pubblicato il: 07/04/2021 – 10:40
di Gioacchino Criaco*
«I poveri non hanno ragioni»

Nemmeno le ragioni migliori esistono se non se ne parla, ci sono ma è come se non ci siano. Se ne possono avere di importantissime ma se non sono il cuore di un dibattito diffuso non hanno valore. Il dibattito lo crea l’accesso ai mezzi di informazione, e l’accesso è una delle forme più prepotenti della ricchezza, i poveri sono veramente poveri quando svanisce il diritto di parlare delle loro condizioni. Esistono ragioni minuscole che assumono un’importanza straordinaria in quanto animate da un blogger o da un influencer noto, e non esistono ragioni maiuscole perché i padroni della visibilità le ignorano. In Italia esistono 12milioni di poveri, ma non ci stanno veramente, ci fossero davvero non si dovrebbe parlare d’altro. poiché non ci sono, argomenti meno nobili reggono la scena. I poveri hanno poi il vizio di starsene lontani dal centro, scelgono le periferie: nascono e crescono al Sud, e poi partono per un Nord qualunque, ad alleviare, in silenzio, i propri bisogni. Per notarli bisogna farci caso. Bisogna, ad esempio, abitare in posti che abbiano l’affaccio su una qualunque statale. Se hai la fortuna di un affaccio sulla 106 Jonica, con gli occhi ti sazi di un mare che il cielo colora di cobalto, sorvoli piane sincopate, cimiteri di ulivi e agrumi che un tempo devono essere stati covi di vita rigogliosa, inciampi su monti verdissimi che si alzano di botto e diffondono un senso di frescura refrigerante, anche d’inverno. Pieno di regali divini, rattristito dalla ricchezza dissipata, torni alla Statale e conti le corse duplicate, triplicate… quintuplicate, delle compagnie di corriere che si muovono in risalita. Questa è una povertà muta. I poveri stanno stipati in silenzio, uno, due, tre, quattro per famiglia. Nemmeno con se stessi lo ammettono di essere poveri. La povertà continua a essere considerata una vergogna. 115mila famiglie calabresi sono povere, 4-500 mila persone, un terzo dei calabresi, un altro terzo è in mezzo al guado. Questa è la verità su una Regione che, velocemente, corre verso l’estinzione, la fine per spopolamento, oltre ai poveri vanno via pure i figli dei meno poveri. Un dibattito invisibile, che batte un colpo di tanto in tanto, poi svanisce per lasciare il posto alle operazioni antimafia, ai processi, che magari, in gran parte derivano da decenni di povertà, che forse hanno la linfa sostitutiva per le basse leve criminali in un sistema di arretratezza materiale, madre e padre delle devianze. Siccome sono le devianze a tenere banco: il crimine esiste, la povertà no. Ed è per questo che noi del Sud continueremo a essere criminali, ma non poveri.
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