CATANZARO «Esprimo piena condivisione all’Usb (Unione Sindacale di Base) regionale per la battaglia a favore dei 7mila lavoratori tirocinanti della Calabria che il 9 aprile manifesteranno a Roma presso il Ministero del Lavoro per ottenere – dopo 10 anni di precariato – i riconoscimenti contrattuali finora ingiustamente negati. Questa imponente espressione del mondo del lavoro calabrese non garantito, pur svolgendo funzioni unanimemente considerate utilissime, non può essere mortificata, vessata e umiliata». Lo dice il consigliere regionale Francesco Pitaro al termine di un incontro nella sede regionale della Usb «nel corso del quale sono state riepilogate le promesse disattese dei vari governi regionali e nazionali che oggi, dopo aver utilizzato questi lavoratori con un sussidio di 500 euro nella pubblica amministrazione calabrese, fanno finta di ignorare persino la loro esistenza». Ad avviso del consigliere regionale «lo scandalo del lavoro precario in Italia, con i rilevanti costi a carico delle persone, delle famiglie e delle comunità hanno nella vertenza di questi lavoratori calabresi condannati ‘a fine tirocinio mai’ il simbolo più deplorevole per le ferite esistenziali arrecate e per l’odiosa diminuzione dei diritti di cittadinanza».
L’incontro è servito a passare in rassegna alcuni progetti della Usb «di inserimento a pieno titolo e con contratti regolari di tutta la platea dei tirocinanti calabresi nella pubblica amministrazione. Da alcuni calcoli sui dipendenti comunali in Italia (424.214 unità) risulta – è stato spiegato – che la media è di 7,12 ogni 1.000 abitanti mentre in Calabria, inclusi gli attuali precari, la percentuale è di 5,17 per ogni 1000 abitanti. Dal che si deduce che nella pubblica amministrazione calabrese servono ulteriori circa 105mila dipendenti». Per Pitaro «negli anni scorsi, i vincoli di spesa, i tagli lineari agli investimenti che hanno colpito gli enti locali costringendoli a falcidiare i servizi basilari e le modalità dei lavori flessibili con progetti di vita rinviati sine die, hanno prodotto diseguaglianze profonde e un divario di cittadinanza Calabria-resto del Paese che non si possono più sottacere».
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