REGGIO CALABRIA Un omicidio avvenuto «con una spregiudicatezza ed una professionalità che risulterebbero incompatibili con azioni delittuose estemporanee e non ancorate a logiche malavitose ‘ndranghetiste». Non si conoscono ancora i nomi ma l’unica cosa certa è che ci sono alcuni indagati per l’omicidio di Tarik Kacha, il marocchino che proprio oggi avrebbe compiuto 39 anni e che è stato ucciso il 29 dicembre 2016 a Catona, nella periferia nord di Reggio Calabria. È quanto emerge nelle pieghe di alcuni atti depositati dalla Direzione distrettuale antimafia nel fascicolo dell’inchiesta “Malefix”, confluita nel maxi-processo “Epicentro” per il quale nei giorni scorsi la Procura, guidata da Giovanni Bombardieri, ha notificato l’avviso di conclusione indagini a 75 persone. A nessuno di queste, al momento, è contestato l’omicidio del giovane extracomunitario consumato, secondo gli inquirenti, «in un contesto di criminalità organizzata» e in «un territorio che ricade nella zona di influenza della cosca di ‘ndrangheta Rugolino». Per il pm Walter Ignazitto già da due anni ci sono «sufficienti indizi» sui quali sta continuando a indagare la squadra mobile di Reggio Calabria per cui “non si esclude che la vittima, già nota alle forze dell’ordine per le sue frequentazioni con pregiudicati del posto, possa essere stata coinvolta in talune attività illecite». Tarik Kacha venne ucciso con cinque colpi di pistola calibro 9 Luger: «Dai primi accertamenti svolti, – viene ricostruito in una nota del 2019 – è possibile ritenere che il killer avesse atteso l’arrivo in casa della vittima per esplodere i colpi d’arma da fuoco dapprima alle spalle, dinanzi all’ascensore, e successivamente alla testa dell’uomo».
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