REGGIO CALABRIA «Se si fossero vaccinate le persone detenute a tempo debito, non possiamo asserirlo con certezza, ma forse le degenerazioni che ci sono state si sarebbero evitate. Quantomeno l’evento letale della morte». Da mesi il Garante regionale dei diritti dei detenuti, Agostino Siviglia, rilancia l’appello per le vaccinazioni delle persone detenute scrivendo ad autorità e Istituzioni. Lo aveva fatto anche in via formale lo scorso 22 febbraio per richiamare l’attenzione della Regione Calabria che aveva «dimenticato» di includere nel “Piano vaccinale” le persone detenute nei dodici penitenziari calabresi nonché «il personale ad altro titolo operante nelle carceri (fatta eccezione per le guardie penitenziare) in quanto rientranti tra le categorie a rischio». Il tutto, mentre in altre regioni, come ad esempio il Lazio, le vaccinazioni nelle carceri stavano già iniziando.
Nel penitenziario “Ugo Caridi” di Siano, a Catanzaro, la campagna vaccinale è iniziata lo scorso 26 marzo e si è riusciti a limitare, ma non evitare l’epilogo più volte pronosticato. «A Catanzaro – dice il Garante – c’erano solo due persone contagiate e nel giro di una settimana siamo passati quasi a cento. Per quanto ci si attenga alle regole, se sono costretti a stare in cinque in una cella, diventa difficile prevenire la diffusione del virus».
Il bilancio attuale è di 63 detenuti positivi a cui si aggiungono 18 agenti di polizia penitenziaria. «Molti detenuti si stanno negativizzando e la maggior parte sono paucisintomatici o asintomatici». Ma nei numeri pesano anche i decessi Covid avvenuti il 7 e il 10 aprile scorsi.
A seguito di complicazioni, sono deceduti due detenuti: Bruno Pizzata, 61enne originario di San Luca, che scontava la condanna per traffico internazionale di stupefacenti e un 71enne del Crotonese. L’associazione Yairahia Onlus, nata a Cosenza nel 2006 per occuparsi della tutela dei diritti umani, in particolare di quelli delle persone private della libertà personale, dà la notizia anche di un altro decesso nelle carceri a seguito dei focolai diffusi nei penitenziari d’Italia. «Ancora non conosciamo i nomi di tutti e tre i morti – ci racconta la presidente, Sandra Berardi – conosciamo quello reso noto dai familiari perché hanno manifestato l’intenzione di presentare un esposto. Lo sapremo fra qualche giorno; i familiari di alcuni detenuti ci hanno informati che ci hanno spedito una lettera per aggiornarci sulla situazione attuale. Così come, sempre tramite i familiari, ci hanno informato che le vaccinazioni stanno procedendo velocemente». Di fatti la famiglia di Bruno Pizzata aveva annunciato di voler presentare una denuncia per accertare eventuali responsabilità penali rispetto al ricovero tardivo dell’uomo. «La procura della Repubblica di Catanzaro ha aperto un’indagine», sottolinea il Garante Siviglia. «Seguiremo l’evolversi della vicenda nel pieno rispetto di quanto sarà deciso dall’autorità giudiziaria. Quanto verificatosi, con la tragica conseguenza della morte dei due detenuti, trasferiti al Pugliese Ciaccio di Catanzaro a seguito di complicazioni – dopo un percorso un po’ altalenante – è quello che chiedevamo da mesi venisse evitato».
Il Garante cittadino di Crotone, Federico Ferraro, esprime vicinanza alle famiglie delle vittime ricordando che l’altro detenuto era originario di Rocca di Neto, nel Crotonese.
Dopo la diffusione del contagio nel penitenziario catanzarese è stato integrato il personale medico-infermieristico in modo tale da poter garantire le cure h24 nella sezione di “reclusine ordinaria”, interessata dal contagio. «I detenuti avranno la presenza costante di un medico e cinque infermieri che può essere chiamata all’occorrenza per prestare le cure che serviranno».
E dopo lo stallo del periodo scorso, complice anche la situazione venutasi a creare nel carcere del capoluogo, si sta cercando di dare una stretta alle vaccinazioni. Dopo Catanzaro la campagna vaccinale era partita anche a Crotone. «Tramite i familiari – aggiunge Sandra Berardi – siamo stati informati che le vaccinazioni stanno procedendo velocemente. Nella sezione AS1 (nel penitenziario del capoluogo, ndr), eccetto 4 persone incompatibili con l’AstraZeneca per patologie pregresse, sono già stati vaccinati tutti».
Nella provincia di Reggio – anche grazie all’intermediazione del capo del Dap – le vaccinazioni sono partite sabato scorso a Locri, questo 12 aprile al penitenziario dell’Arghillà e in data odierna partiranno a Palmi.
In base censimento risalente al 31 gennaio 2021, in Calabria sono presenti 2.457 detenuti a fronte di una capienza di 2.704 posti. Di questi 58 sono donne e 448 sono cittadini stranieri. Numeri che fanno riflettere. «Il carcere – dice il Garante – non consente il distanziamento fisico, personale. Col Covid gli spazi sono ridotti ulteriormente anche perché le persone che entrano in carcere o vengono trasferite devono osservare un periodo di isolamento».
Durante la prima ondata, l’associazione Yairaiha aveva sostenuto la linea «dell’Amnistia e Indulto generalizzati e la sospensione della pena immediata per tutte le persone anziane e ammalate senza preclusioni di sorta» sottoscritta da decine di associazioni e forze politiche. «Il sovraffollamento è di per sé un elemento criminogeno», dice Berardi. «Se pensiamo che oggi ci sono 53.509 persone detenute in circa 47.000 posti effettivi ci rendiamo conto che parliamo di 6.000 persone in più».
L’associazione torna ancora una volta sulle rivolte, la polemica intorno alle presunte “scarcerazioni dei 41-bis” per chiarire meglio la funzione delle norme attivate a tutela delle persone detenute.
«Nessuno, quando scoppiò la polemica, ha inteso approfondire le origini della circolare del Dap che, di fatto, non scarcerava nessuno, non avendone il potere, e invece recepiva quelle che erano state le indicazioni degli organismi internazionali, Oms e altri, rispetto alle misure da predisporre negli istituti di pena al fine di prevenire e contenere i casi di contagio». Con quell’atto «si invitava a riconoscere i casi gravi e a rischio e ad applicare il differimento della pena facoltativo o obbligatorio ai sensi degli articoli 147 e 146 del Codice Penale, ovvero per motivi di salute».
«Lo scandalo dei 3 detenuti in 41 bis – continua Berardi – a cui era stato riconosciuto il differimento della pena temporaneo è stato del tutto strumentale, ed oggi ne abbiamo ulteriore conferma, perché si trattava di tre persone che innanzitutto avevano presentato le istanze già prima della circolare ed erano motivate da patologie reali e gravissime». Sono i casi di Bonura e Zagaria, comunque diversi da quello di Vincenzino Iannazzo. tornato in carcere dopo la norma “correttiva” di Bonafede, «varata in tutta fretta la scorsa estate». «Parliamo di un uomo affetto da una forma precoce e degenerativa di demenza certificata da tutti i medici (penitenziari) che lo stanno curando, tutti sono concordi nell’affermare la compatibilità con il carcere a condizione che venga assistito h. 24 in regime ordinario e non in 41 bis abbandonato a se stesso -condizione attuale – perché ormai non è più in grado di svolgere le normali attività quotidiane e, soprattutto, il Sai di Parma – l’eccellenza sanitaria penitenziaria sbandierata da Giletti – non è in grado di garantire l’assistenza continua di cui necessita. Concorde con la diagnosi dei medici di Viterbo e Parma anche il perito legale nominato dal tribunale di Catanzaro; però Vincenzino Iannazzo è ancora oggi in 41 bis».
Ancora una volta, conclude Berardi, «l’opinione pubblica è stata abilmente deviata da un ordine del discorso che nel dibattito pubblico e mediatico, è stato spostato dall’emergenza Covid all’emergenza criminalità. E l’aspetto paradossale, e drammatico, è che a fronte di una emergenza sanitaria mondiale, il governo italiano ha varato una legge che va a limitare il diritto alla salute ad una specifica fascia di detenuti». (redazione@corrierecal.it)
x
x