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l’udienza

False perizie per agevolare le cosche. Medici e avvocati per “oliare” l’ingranaggio

Il racconto in aula del collaboratore Samuele Lovato. Denaro, rolex, auto e parmigiano per ottenere una detenzione di lusso a Villa Verde. I regali del boss Mantella ai medici e il ruolo dell’avvoc…

Pubblicato il: 13/04/2021 – 18:51
di Alessia Truzzolillo
False perizie per agevolare le cosche. Medici e avvocati per “oliare” l’ingranaggio

CATANZARO «Io vidi il denaro, me lo mostrò Andrea Mantella, erano 2000 euro. Mantella mi disse che 1500 euro erano per il dottore Buccomino e 500 per il dottore Ambrosio. Anche io versai del denaro: oltre 3000 euro». Oggi in aula bunker a Catanzaro, davanti al Tribunale collegiale presieduto da Carmela Tedesco, è stato sentito il collaboratore di giustizia Samuele Lovato, in passato intraneo alla cosca Forastefano attiva nella Sibaritide. Non è la prima volta che il collaboratore tratta l’argomento dei “comodi” soggiorni dei detenuti nella clinica cosentina “Villa Verde”. Oggi, con qualche tentennamento, a 11 anni dai fatti accaduti, e qualche richiamo alla memoria da parte del sostituto procuratore Annamari Frustaci, ha ripercorso il “sistema” adottato da più detenuti per sfuggire al carcere attraverso false perizie mediche ottenute con la connivenza, secondo l’accusa, di medici, avvocati, pubblici ufficiali. Sul banco degli imputati ci sono nove persone: Andrea Mantella, 47 anni, di Vibo, collaboratore di giustizia; Silvana Albani, 70 anni, di Bari, medico; Luigi Arturo Ambrosio, 83 anni di Altilia, medico, legale rappresentante della clinica “Villa Verde”; Domenico Buccomino, 67 anni, di San Marco Argentano, medico consulente tecnico della difesa; Massimiliano Cardamone, 44 anni di Catanzaro, medico legale; Antonio Falbo, 57 anni di Lamezia Terme; Francesco Lo Bianco, 49 anni, di Vibo; Salvatore Maria Staiano, 64 anni di Locri, avvocato penalista, già difensore di Mantella; e Giuseppe Di Renzo 47 anni di Vibo, avvocato penalista, già difensore di Mantella.

Rolex, parmigiano e arredi per il bed&breakfast 

Il dottore Ambrosio, racconta Lovato, ha ricevuto denaro ma anche parecchi regali da parte dei detenuti ai quali, con false perizie, aveva garantito di trascorrere la detenzione nella propria clinica. Il collaboratore parla di Rolex, parmigiano, automobili, prosciutti e una grosso contributo per gli arredi del bed&breakfast di Ambrosio «nella zona di Cosenza». «Servivano condizionatori, materassi, letti che procurò Andrea Mantella. Più volte ho sentito Mantella che telefonava ai propri uomini per portare la merce per il bed&breakfast». Inoltre Ambrosio chiese ad Andrea Mantella l’interessamento per comprare un’auto a suo figlio, il quale lavorava come medico nella clinica del padre. «Andrea disse che gli era costata un sacco di soldi», ricorda Lovato. Mantella, racconta il pentito, fece avere l’auto prendendola da un concessionario di Vibo, tale Russo. Era un’Audi A5 di colore scuro. Quando Mantella uscì da Villa Verde, a giugno 2009, poco dopo, a settembre 2009, entrò nella clinica Francesco Scrugli (all’epoca fidanzato con la sorella di Andrea Mantella). Samuele Lovato racconta che Ambrosio chiedeva a Scrugli di fare pressione su Mantella per la macchina. Alla fine il passaggio dei soldi avvenne tramite la sorella di Mantella.

Grigliate e cellulari, tutte le libertà a Villa Verde

«Noi avevamo una stanza ciascuno e poi avevamo un’altra stanza nella quale arrostivamo, bevevamo, venivano i ragazzi di Mantella, Domenico Macrì, Antonio Pardea. Tutto questo durante la condizione detentiva. Avevamo le chiavi del portone principale per entrare e uscire. Eravamo i protetti di Ambrosio. La sorella di Andrea fece Capodanno con noi perché era fidanzata con Scrugli», racconta il collaboratore Lovato. Non solo. Andrea Mantella aveva anche diversi telefonini. Aveva trovato, con la complicità dei medici di Villa Verde, il modo di farli intestare ad altri degenti. Sia Ambrosio che il dottore Ruffolo consegnavano a Mantella i documenti di altri degenti per attivare le schede. Poi, l’ex boss di Vibo, dava i documenti ad Antonio Pardea e Domenico Macrì perché attivassero le schede. Andrea Mantella aveva l’abitudine di dedicare ogni singola scheda a una sola persona per evitare incroci di telefonate che insospettissero gli inquirenti. 

Il blitz

Nell’estate del 2010 – nel frattempo Mantella era ritornato in clinica – «non ricordo se Salvatore Morelli o Antonio Pardea, portarono l’imbasciata che stavano per fare un blitz a Villa Verde», racconta Lovato. La notizia era arrivata con largo anticipo sul blitz della polizia e Lovato chiese a Mantella di darsela subito a gambe per giocare d’anticipo. Ma Mantella – ricorda il collaboratore – voleva restare perché aveva una fidanzata e voleva stare con lei. E questo gli costò caro. La sera del blitz Mantella bussò sul muro della stanza di Lovato e insieme decisero di fuggire da un ingresso secondario grazie all’aiuto degli infermieri. Ma anche lì trovarono un poliziotto che gridò «Mantella, fermati», puntandogli la pistola. A questo punto Lovato si accorse che le forze dell’ordine non sembravano interessate a lui. «In quel momento mi finsi pure scemo e gli infermieri mi portarono via dicendo che ero un paziente che aveva seguito Mantella». Prima di essere arrestato Mantella gettò tre telefonini nel cestino della spazzatura. Dieci giorni circa dopo il blitz Samuele Lovato decise di collaborare con la giustizia.

Le agevolazioni di Mantella e il ruolo di Staiano

«Mantella mi disse che era riuscito ad arrivare a Villa Verde e che parecchio aiuto glielo aveva dato l’avvocato Salvatore Staiano», afferma Samuele Lovato. «Ricordo che Staiano veniva e portava imbasciate. Mantella ha avvicinato il perito e ha fatto gonfiare la patologia per il tramite di Staiano. Gli costò quello che gli costò, gli è costata cara» Secondo Lovato anche per il trasferimento di Mantella da Torino si era adoperato Staiano. «Con l’avvocato Staiano ci ho parlato pure io, stava prendendo la mia difesa prima che mi decidessi a collaborare. Ci siamo anche incontrati io, Mantella e Staiano. In una occasione ricordo un incontro tra Andrea Mantella e l’avvocato Staiano che rassicurava Mantella che sarebbe riuscito a fargli ottenere i domiciliari. Ricordo un discorso di Porsche. Mantella voleva la libertà totale, diceva che se Staiano fosse riuscito a fargli avere la libertà gli avrebbe regalato una Porsche». «Mi accorsi – continua Lovato – che Mantella riusciva a ottenere (permessi e quant’altro, ndr) io no. “Metti mano al portafogli”, mi disse Mantella. Così parlai con Staiano perché sapevo che l’avvocato era appoggiato molto bene a livello di Cassazione. L’avvocato mi chiese 70mila euro. Mi disse che avrebbe fatto il massimo. “Ho capito che tipo sei tu – mi disse – io mi adopero per farti uscire, non ti dico al 100% ma all’80%. Perché ho capito che tipo sei tu e se non riesco mi fai sparare”». Alla fine l’avvocato non venne nominato perché Lovato decise di collaborare con la giustizia.

Le agevolazioni di Mantella

«Prima che arrivassi in clinica, Mantella aveva ottenuto il permesso di recarsi in una clinica del vibonese a trovare il padre morente», racconta il collaboratore. Non solo. Libero e senza scorta aveva ottenuto di recarsi in un centro diagnostico per effettuare una tac onde supportare referti compiacenti, «così come gli aveva suggerito Ambrosio». Insomma «si metteva in piedi un discorso di patologia per ottenere dei benefici», dice Levato. «A Mantella – dice il collaboratore – riusciva più che a me, forse perché lui riusciva a “oliare” meglio l’ingranaggio». Il prossimo 21 settembre il collaboratore sarà controesaminato dal collegio difensivo composta dagli avvocati Francesco Iacopino, Vincenzo Ioppoli, Nicola Cantafora, Vincenzo Cicino, Fabrizio Costarella, Franz Caruso, Armando Veneto.
(a.truzzolillo@corrierecal.it)

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