CATANZARO Lo tsunami innescato dalla pandemia sul sistema produttivo calabrese è stato devastante. Nonostante anche la massa di risorse previste dai decreti legge che si sono via via succeduti (“Cura Italia”, “Liquidità”, “Rilancio”) per cercare di fronteggiare l’emergenza con particolare attenzione alla liquidità delle imprese. Ma che hanno premiato meno le imprese calabresi rispetto a quelle di altre regioni italiane.
Se da un verso infatti si è assistito ad una buona richiesta di adesione da parte delle aziende italiane agli strumenti messi in piedi dal Governo, queste risorse però non hanno consentito alle aziende di mantenere lo stesso standard di redditività che è precipitato enormemente a seguito della diffusione della pandemia e ai conseguenti lockdown decisi appunto per cercare di contenere i contagi. Ancor meno in Calabria soprattutto in termini di somme concesse a seguito dell’accesso al fondo di garanzia. È quanto emerge da una ricerca coordinata da Svimez su dati Invitalia e Mediocredito centrale che ha passato in rassegna l’andamento del Fondo di Garanzia per le PMI, gestito da Mediocredito Centrale, tra marzo 2020 e metà aprile 2021. Ebbene valutando quei dati e confrontandoli con quelli del 2019, è emerso che in Italia le richieste di garanzia accolte si sono decuplicate. Un risultato ottenuto appunto grazie ai tre provvedimenti avviati dall’esecutivo Conte prima e da Draghi dopo. « Il primo effetto di questa policy – rilevano gli analisti – è stato di non aver interrotto l’afflusso di credito al mondo delle imprese, a differenza di quanto avvenuto in altre fasi cicliche recenti. Nei primi due trimestri del 2020, rispetto all’analogo periodo dell’anno precedente, gli impieghi all’economia reale sono aumentati in misura ragguardevole; maggiormente al Centro-Nord, ma anche il Sud ne ha beneficiato». Un aspetto, fanno notare i redattori del report, che si è notato soprattutto rispetto al precedente ciclo negativo che è stato caratterizzato da una marcata caduta negli impieghi.
Ma dall’analisi dai dati però si evince che queste somme hanno sì permesso di non vedersi compromettere il ranking finanziario delle imprese e di non assistere ad una elevata moria di aziende almeno nella prima parte del 2020. Senza però incidere sulla capacità di rimanere competitivi.
Quello che non è riuscito a realizzare, infatti, è contenere il crollo della redditività delle aziende valutate dalla ricerca che hanno visto crollare bilanci e produttività.
Tanto che nel corso della pandemia il sistema imprenditoriale ha visto più che triplicare il numero delle imprese potenzialmente entrate nel gruppo di quelle con redditività bassa e modesta efficienza operativa, basso grado di autonomia finanziaria, forte esposizione finanziaria e poca liquidità.
Valutando i dati di Mediocredito centrale, emerge che dal 17 marzo del 2020 fino al 10 aprile 2021 le richieste delle Pmi calabresi per accedere al Fondo di garanzia “Covid”, sono state 42.331 che rappresenta il 2,28% dell’intera per un ammontare complessivo di 1.762.819.693,30. Mediamente ogni impresa ha ottenuto 41.643,71 euro cifra decisamente al di sotto della media nazionale (circa 80mila euro) ma anche dello stesso Mezzogiorno (oltre 61mila euro). Ed ancor più lontana da quella ottenuta nelle regioni del Nord Est (96mila euro) e Nord Ovest (oltre 88mila e 400 euro).
Una aspetto dettato anche dalla struttura imprenditoriale della Calabria, visto che ha beneficiare maggiormente sono state le attività produttive manifatturiere (oltre un terzo delle richieste accolte) meno presenti nel tessuto produttivo calabrese.
Dunque gli strumenti inseriti nei tre decreti “Cura Italia”, “Liquidità” e “Rilancio” hanno solo parzialmente affrontato i problemi (ancor di meno in Calabria) innescati dalla crisi economica legata alla pandemia. Una valutazione che spinge gli stessi analisti a scrivere: «Ora la sfida non è solo quella di proseguire nell’utilizzo di strumenti che si sono rivelati efficaci nell’affrontare l’emergenza, ma aiutare il tessuto produttivo nazionale a incamminarsi lungo un nuovo sentiero di crescita, senza che si verifichi, come in passato, un divario regionale dei percorsi di sviluppo». (r.desanto@corrierecal.it)
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