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l’udienza

Processo Gotha, Sarra respinge le accuse di Seby Vecchio. «Nessun rapporto dal 2008»

Nuovo esame per l’ex sottosegretario regionale (uscito dall’aula per un malore) che confuta la ricostruzione del neopentito

Pubblicato il: 14/04/2021 – 16:45
di Francesco Donnici
Processo Gotha, Sarra respinge le accuse di Seby Vecchio. «Nessun rapporto dal 2008»

REGGIO CALABRIA Alberto Sarra torna nell’aula del processo “Gotha”. L’esame dell’ex sottosegretario regionale e noto esponente della politica reggina era stato chiesto dai suoi difensori, dopo le dichiarazioni rese in dibattimento dal collaboratore di giustizia Seby Vecchio.
L’ex poliziotto ed ex assessore al Comune di Reggio, aveva chiamato in causa Sarra non soltanto in relazione alle trame, palesi e meno, della politica cittadina, ma anche come presunta «espressione della cosca Condello» e vicino all’ambiente massonico.
Motivi ed accuse per smentire le quali il politico ha voluto presentarsi questo 14 aprile all’Aula Bunker di Viale Calabria da dove è uscito trasportato dall’ambulanza.
Verso la fine dell’esame, Sarra ha accusato un malore dovuto a problemi cardiaci ed è stato necessario l’intervento degli operatori sanitari. All’arrivo dei medici, il politico aveva difficoltà a parlare. Anche per questo, il controesame del pubblico ministero – presente in aula il procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo – è stato calendarizzato dalla Corte presieduta dal giudice Silvia Capone per il prossimo venerdì 16.

L’interruzione dei rapporti con Vecchio

«Ho conosciuto Vecchio in occasione della campagna elettorale per il rinnovo del consiglio comunale e consigli circoscrizionali nella primavera del 2007, 28 e 29 maggio. Lui era all’epoca consigliere della settima circoscrizione e aspirava alla carica di consigliere comunale. La nostra frequentazione arriva fino ai primi mesi del 2008». Sarra risponde alle domande dell’avvocato Pino Nardo articolando un racconto teso a smentire la ricostruzione «infondata e contraddittoria» resa dal collaboratore di giustizia nel corso delle precedenti udienze.
«Quando a febbraio 2008 uscì sulla stampa la notizia del mio coinvolgimento nell’inchiesta che confluirà in “Gotha”, ci furono diversi comunicati di solidarietà, dal coordinamento regionale, all’onorevole Valentino, in rappresentanza dei parlamentari di Alleanza Nazionale. Nessuna solidarietà invece arrivò dal sindaco e dalla sua Giunta di cui Vecchio faceva parte». Il politico richiama la circostanza come “punto di rottura” dei rapporti «politici e in un certo senso anche personali» con Vecchio.
Altra tesi confutata da Sarra è quella avanzata dal collaboratore di giustizia, che affermava di essere «il suo uomo al consiglio regionale». «Vecchio dimostra di non conoscere le procedure della nostra segreteria che schedava tutte le persone che venivano ricevute. Se fosse stato la mia persona all’interno del consiglio regionale avremmo dovuto avere almeno mille schede a sua firma, invece non se ne ritroverà neanche una».

I presunti incontri per definire la strategia politica e appianare i contrasti

Con Scopelliti il rapporto sarebbe stato travagliato, frutto – nel racconto di Vecchio – anche della loro presunta vicinanza rispettivamente alle cosche Condello e De Stefano. L’atteggiamento «sbilanciato» di Scopelliti verso la “famiglia” di Archi avrebbe richiesto una mediazione dello stesso Sarra che si sarebbe concretizzata in due incontri: uno nella sede di Alleanza Nazionale e uno a Roma, con Paolo Martino.
«La riunione del 2006 riguarderebbe me, Valentino e il presidente Fini. Ma com’è possibile solo pensare – dice Sarra – di andare da Fini a dire che Scopelliti doveva regolarsi e accontentare tutti perché io ero portatore degli interessi dei Condello?»
Sarra nega fermamente i rapporti con la cosca e con Giandomenico Condello.
L’altro incontro sarebbe avvenuto a Roma con Paolo Martino, ritenuto “ambasciatore” della cosca De Stefano. «Non l’ho fatto. Sarei andato a Roma con Vecchio e Morabito al Café de Paris dove incontravo gli Alvaro e questo barbiere di Sinopoli che era il proprietario. A parte che questo proprietario è stato assolto definitivamente per cui è stata esclusa la mafiosità di questo proprietario. E poi io andavo al Café de Paris e mi sarei successivamente recato in taxi in una collinetta dove ci sarebbe stato un convento della sorella di Paolo Martino in compagnia di Morabito e di Vecchio. Il viaggio dice sarebbe durato 15-20 minuiti. Ma per arrivare in quel posto ci vogliono 50 minuti». Un incontro, quello con Martino, che secondo Sarra non ci sarebbe potuto essere. Sarra l’aveva difeso anni prima come avvocato ma – dice – «Martino interrompe i rapporti con me già alla fine del 2007. Io non ho più rapporti con lui dal dicembre 2007».

La massoneria irregolare

Il pentito, durante l’esame dello scorso 17 marzo, aveva poi parlato della presunta esistenza di una loggia massonica «deviata» che si riuniva a Messina. Un’associazione che avrebbe annoverato anche noti politici e professionisti reggini tra cui il magistrato Francesco Mollace. «Se c’è un magistrato con cui ho avuto situazioni di disagio era proprio lui». Sarra ricorda di essere stato indagato dallo stesso Mollace, motivo che farebbe vacillare la tesi di una presunta appartenenza dei due alla medesima loggia. «Io e i miei fratelli – aggiunge – abbiamo sempre rifiutato l’idea di far parte di queste associazioni». E conclude sostenendo che Vecchio «è stato sospeso dal servizio per problemi di uso di sostanze stupefacenti. Non è vigile sulle cose che ha detto sulla mia persona».

Romeo: «I processi si fanno nelle aule di tribunale»

L’ultimo capitolo di “Gotha” aveva visto l’aggiunta di due nuovi indagati “illustri” quali l’ex sottosegretario di An, Giuseppe Valentino e l’ex eurodeputato Umberto Pirilli. Così aveva detto in aula il pm Sara Amerio. L’esame di Valentino è stato rinviato al prossimo 21 aprile e la Corte ha preso atto che il politico ha denunciato Seby Vecchio dopo le dichiarazioni che lo vedrebbero coinvolto. Il giudizio di primo grado, stando ai tempi scanditi dal presidente Capone, dovrebbe andare a sentenza per la fine del prossimo mese di luglio. Prima dell’udienza di questo 14 aprile, Paolo Romeo, tra i principali indagati, ha diffuso una nota in replica alle affermazioni del sindaco metropolitano, Giuseppe Falcomatà, durante l’ultimo consiglio metropolitano dello scorso 12 aprile. «Leggo dai giornali – si legge nella nota – la solenne reprimenda che il sindaco metropolitano, nel corso delle questioni preliminari dell’assemblea metropolitana, ha inteso dedicare ad una vicenda processionale che mi riguarda ed in particolare ad una parte delle mie dichiarazioni spontanee che riproponevano circostanze di un episodio del 1978”. Paolo Romeo, ex deputato Psdi e tra i principali imputati del processo “Gotha” replica alle dichiarazioni rese da Giuseppe Falcomatà in veste di sindaco della Città Metropolitana di Reggio Calabria. Sono mio malgrado costretto ad intervenire sull’argomento per rilevare preliminarmente che in una società civile esiste il principio dell’innocenza, che i processi si fanno nelle aule dei Tribunali e che le direttive dell’Ue del 9 marzo 2016 condannano ‘le dichiarazioni pubbliche rilasciate da autorità pubbliche e le decisioni giudiziarie diverse da quelle sulla colpevolezza non presentino la persona come colpevole fino a quando la colpevolezza di un indagato o un imputato non sia legalmente provata’. Recentemente il Parlamento ha approvato in sede in sede di commissione competente il recepimento delle direttive comunitarie».
«Rilevo che il sindaco pur riconoscendo che “nonostante i numerosi studi non si sia fatta pienamente luce su un’epoca troppo fosca e indecifrabile per la nostra terra’ pretenda, entrando a gamba tesa in vicende giudiziarie in corso di dibattimento, di esprimere valutazioni su un episodio in corso di chiarimento in sede giudiziaria. L’amministrazione metropolitana è già parte civile in un processo ed è in quella sede che può svolgere un ruolo. Porre la vicenda nel dibattito politico lo si può fare per tante ragioni. Si può essere pregiudizialmente convinti di teoremi fino ad oggi non dimostrati (patto eversione-ndrangheta) e ci si preoccupa che il chiarimento della vicenda Freda possa metterli in crisi attraverso il racconto di testimoni che inquadrano l’episodio, contestualizzandolo, come atto di solidarietà umana e politica. Si può invece, essere interessati alla storia della città ed augurarsi che la verità giudiziaria e storica la affranchi dal sospetto che nel 1980 ospitò trame eversive e patti scellerati che avrebbero coinvolto illustri professionisti e pezzi dello Stato di ogni colore politico della città riuniti da Freda in una superloggia massonica. Nel primo caso si fa il tifo per la ipotesi accusatoria, nel secondo caso ci si affida alla sentenza dei giudici. Da il segno di una interessata posizione politica il tentativo di legare la vicenda Freda del 1978 come funzionale alla costruzione di carriere politiche che hanno indirizzato le sorti economiche, politiche e sociali della nostra regione e che la vicenda sia la causa dei mali e del mancato sviluppo della comunità metropolitana, responsabilità che sicuramente vanno ricercate altrove. Voglio sperare che i rappresentanti delle Istituzioni facciano prevalere il buonsenso e attendano serenamente il responso dei giudici». (redazione@corrierecal.it)

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