Autoambulanze in attesa con malati che muoiono, presidi sanitari occupati da personale allo stremo, case della salute mai aperte, assunzioni bloccate, ospedali che si organizzano volontariamente, commissari mandati allo sbaraglio con competenze ed esperienza più di polizia che di sanità. Questa è la Calabria senza Stato e senza Regione. Un’anarchia istituzionalizzata. Bisogna fare l’elogio dei medici di questa regione, tutti, anche quelli che magari hanno qualche peccato da farsi perdonare per aver quantomeno tollerato senza protestare lo sfascio della sanità calabrese. Se non si muore come all’epoca della peste manzoniana lo dobbiamo alla classe medica di questa regione, in gran parte eccellente ma mortificata dai responsabili del massacro della sanità calabrese, che è potuto avvenire perché chi doveva controllare non ha controllato e non poteva certo essere il comune cittadino che oggi è vittima due volte: per la situazione che si è creata e per le mancate risposte di chi aveva il dovere di darle, ha fatto finta di darle e poi se ne è…dimenticato (eufemismo). Ha un nome e un cognome questo “chi”. Si chiama Roberto Speranza ed è il ministro della Sanità. Un politico che dovrebbe conoscere la Calabria perché nel recente passato ha usufruito del modello coloniale, cioè è stato eletto in Calabria pur essendo di altra regione, come Rosy Bindi e Scilipoti, tanto per fare qualche altro nome. Spiace puntare il dito su Speranza mentre lo punta Salvini, per altre ragioni, o si sente il rumor di inchieste giudiziarie. Ma in Calabria si muore e Speranza tace ritarda soprassiede . No non va bene. Vorremmo che se dimissioni di Speranza ci saranno tra le motivazioni ci sia anche il fallimento sulla Calabria che serva da monito per chi viene dopo.
*giornalista e scrittore
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