Se guardiamo il grafico dei contagi della Calabria (vedi grafico in basso) ci accorgiamo che la Calabria è in piena quarta ondata. Contrariamente alla maggior parte delle regioni italiane che stanno lentamente uscendo dalla terza andata con numeri decrescenti, sia nei contagi giornalieri, sia nelle ospedalizzazioni, la Calabria mostra un trend pericolosamente crescente di contagi e di ospedalizzazioni che hanno già messo in crisi il fragile sistema sanitario regionale.
Certo, che vedere il f.f. presidente della giunta andare a seguire la partita della Reggina, in barba a tutti i divieti dati dalla zona rossa e dai regolamenti sulla disputa a porte chiuse delle partite di calcio, è qualcosa che in qualunque paese civile avrebbe dovuto portare alle sue dimissioni dalla carica.
Non dimentichiamo che il responsabile della politica sanitaria dell’Inghilterra si è dovuto immediatamente dimettere quando si è scoperto che aveva violato il lockdown per andare a trovare la fidanzata!
Ma non è solo una questione di rispetto di regolamenti e norme che imporrebbero ai politici di essere in prima fila a dare l’esempio. È una questione di sensibilità e di priorità delle scelte politiche, perché un politico che governa una regione non può andare allo stadio, sia pur per nobili motivi (che al di là delle giustificazioni di Spirlì si stenta in ogni caso a capire), mentre nella sua regione, nell’ospedale di Cosenza i malati muoiono sulle ambulanze in attesa di trovare un posto letto libero.
Se la pandemia è stata gestita bene durante la prima ondata, quando la Calabria è rimasta sostanzialmente indenne rispetto al resto del paese, la gestione delle successive ondate pandemiche è stata un vero disastro, soprattutto nella provincia di Cosenza.
Destava perplessità vedere nei mesi scorsi una certa schizofrenia nei numeri dei contagi in provincia di Cosenza, con scostamenti dell’ordine del 100% su base giornaliera. Quei dati potevano solo avere una giustificazione: il sistema del tracciamento era saltato.
Il ritorno in zona arancione di lunedì scorso ha di fatto avviato in Calabria la quarta ondata, che, soprattutto in provincia di Cosenza, sarà difficile contenere. E il costo di questa inefficienza potrà essere molto alto. Abbiamo avuto 60 morti su base settimanale e il dato è destinato a crescere, purtroppo.
Il piano vaccinale è stato un grande flop, improntato soprattutto alla logica del fai da te. Fino a metà marzo nessuno aveva ancora capito come si doveva procedere per la prenotazione degli ultraottantenni e dei soggetti fragili. Il sito di Poste Italiane è stato attivato meno di un mese fa, ma spedisce spesso i prenotati a fare “giri turistici” per la Calabria. Oggi per prenotare una vaccinazione di un residente a Reggio Calabria si veniva indirizzati ad esempio a Serra San Bruno. Operatori scolastici e forze dell’ordine si sono autorganizzati e qualche risultato lo hanno ottenuto, ma se oggi siamo ultimi nelle vaccinazioni in Italia, salvo che per la voce “Altri”, che individua i vaccinati al di fuori delle categorie prioritarie, voce che verosimilmente ricomprende molti che hanno saltato ingiustamente la fila, qualche responsabilità organizzativa ci dovrà pur essere.
Il flop del piano vaccinale è quello che non ha permesso di mettere in sicurezza la popolazione e che ci ha esposto al rischio di una sanguinosa quarta ondata. Invece di andare allo stadio o tagliare solo nastri per l’apertura di qualche centro vaccinale, il f.f. presidente della giunta avrebbe dovuto spendere il suo tempo a presidiare gli ospedali e i pronto soccorso, a verificare di persona l’andamento delle vaccinazioni, facendo sentire la sua presenza e la sua vicinanza, non sugli spalti del Granillo, ma all’ingresso delle Asp, dei centri vaccinali e degli ospedali calabresi.
Un’ultima considerazione va, poi, fatta sui diversi tassi di letalità del Covid 19 in Calabria, difformità che non possono essere banalmente derubricate come mera fluttuazione statistica.
La tabella e il grafico seguenti fanno capire meglio la situazione.
Come si vede il dato di Cosenza è anomalo ed è più del doppio di quello delle altre province. Tradotto in numeri, se la provincia di Cosenza avesse avuto lo stesso tasso di letalità delle altre province, vi sarebbero stati almeno (sic!) 200 morti in meno!
È un dato sui cui riflettere e che andrebbe approfondito, per capire se è uno scherzo del caso o una conseguenza di inefficienze del sistema sanitario e anche per individuare eventuali responsabilità.
In conclusione non si può che constatare il fallimento in Calabria nel contrasto alla pandemia da Covid 19 del sistema sanitario regionale. La sanità deve diventare una competenza gestita direttamente dallo Stato, per evitare da un lato sprechi e clientele, sottesi da una concentrazione del potere a livello regionale, e per assicurare standard di efficienza e di efficacia uguali per tutte le regioni italiane.
*docente Politica economica e direttore del Centro Studi delle Politiche Economiche e Territoriali del Dip. Pau dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria
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