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L’analisi

«Regionali, c’è chi lavora nell’ombra»

Negli ambienti “forzisti” della Calabria si vivono momenti di tranquillità apparente per via dell’imprimatur ai massimi livelli azzurri alla corsa di Roberto Occhiuto quale candidato di “bandiera”…

Pubblicato il: 19/04/2021 – 11:24
di Franco Scrima*
«Regionali, c’è chi lavora nell’ombra»

Negli ambienti “forzisti” della Calabria si vivono momenti di tranquillità apparente per via dell’imprimatur ai massimi livelli azzurri alla corsa di Roberto Occhiuto quale candidato di “bandiera” alla presidenza della Regione Calabria. Mettendo così fine alla speranza della Lega di Salvini di candidare un suo uomo. E non è l’unico momento di debolezza che il Carroccio deve registrare in Calabria. L’altro riguarda il sindaco uscente di Catanzaro, Sergio Abramo il quale veniva dato già in organico alla Lega e, invece, ha riproposto pubblicamente la sua “obbedienza” a Forza Italia provocando scossoni tra i movimenti di destra che si stavano preparando per mettere le mani sulla torta.
Al di là delle aspirazioni personali, più o meno comprensibili, c’è da prendere atto che in politica tutto può accadere, anche che il senso della misura muti come il Covid 19; e se un tempo questo avvicendamento era circoscritto alle piccole cose, ora che i fatti assumono una tale dimensione da far superare ostacoli e avversità anche gli steccati dei limiti personali, e con essi la sopportazione umana, cambiano. E, infatti, sembra che l’opportunismo politico abbia reso anacronistica persino la celeberrima teoria di Aristotele, quella del “giusto mezzo” espressa nella sua più che famosa opera morale, l’Etica nicomachea, dimenticata nonostante il principio su cui si basa sia rimasto nei secoli e riguardi il punto di equilibrio tra due opposti errori: l’uno pecca per difetto e l’altro per eccesso.
Una vicenda, quella che ha per protagonista Forza Italia Calabria, che a quanto pare può rappresentare bene entrambe le facce della stessa medaglia; mentre a Cosenza, infatti, Occhiuto è riuscito ad aggrapparsi saldamente al ramoscello che pendeva dall’albero, a Catanzaro Abramo esce dalle quinte e tenta di guardare il proscenio proponendosi alla presidenza della Regione col suo vecchio schieramento.
E non è improbabile che accada anche se sulla strada per il Palazzo, tra gli schieramenti di destra, si sussurra un altro nome, quello di Wanda Ferro, di Fratelli d’Italia, che per capacità e preparazione sovrasta di molte spanne tutti gli altri. C’è da considerare inoltre che, secondo i bene informati, Abramo non riuscirebbe a riscuotere un sufficiente “consenso” neanche tra i suoi concittadini e, nonostante i sorrisi e le pacche sulle spalle, neppure dentro il suo partito per via di diatribe interne. Ciò lo rende “fragile”, anche se lui lascia intendere che nulla è cambiato e sostiene che tutto è come prima avendo ristabilito agganci solidi. Non considera, evidentemente, che quando le fratture sono profonde i rapporti si incrinano ed è difficoltoso ritornare ai ritmi di un tempo. E il mondo politico non è avulso da quest’andazzo. Poi c’è il “vento” che a Catanzaro, contrariamente alla tradizione, spira debolmente e non lascia sperare niente di buono. Oggetto di discussione oltre alle rivalità interne ai partiti è che la Città, dopo venti anni di sindacatura Abramo, si presenta come un agglomerato urbano abbandonato, senza un progetto organico di sviluppo; una città, capoluogo di regione, che per via della gelosia tra le province, continua ad essere “bersaglio” di tutti e spesso anche non considerata come si conviene. È un dato che Catanzaro sia pressoché assente dal palinsesto dei telegiornali della Rai regionale. In città non esiste, infatti, una redazione del servizio pubblico televisivo, anche se è sede della Presidenza della Regione, degli assessorati e della maggior parte degli uffici regionali, oltre che della Corte d’Appello, del Tribunale Amministrativo Regionale, della Corte dei Conti, del Comando regionale dei carabinieri e della Guardia di Finanza. Una città, dunque, regolatrice di Diritto nella quale, dolenti o nolenti, si decidono, o si dovrebbero decidere, le politiche di sviluppo della Calabria.
È vero anche che Catanzaro è tanto altro ancora; e ciò porge il fianco agli “attacchi” al sindaco. È, per esempio, la città che non solo ha scelto di svilupparsi sulle alture piuttosto che verso la pianura unendosi a Lido, ma che ha anche consentito di costruire in aperta campagna, lontano dal centro storico, l’Università con annesso l’unico, importante, policlinico universitario della Calabria che purtroppo, data la distanza, non riesce ad interagire come si vorrebbe con il capoluogo. E, come se non fosse sufficiente, uguale destinazione è stata riservata anche al nuovo edificio del Governo regionale.
In tutto ciò, grava prepotente su Catanzaro l’incuria dovuta all’insipienza della sua classe dirigente. E di ciò si sono profittati in tanti provando, e spesso riuscendo, persino a spogliare la Città per vestirne altre. Non è un caso che la Calabria sia ancora oggi l’unica regione ad avere gli organi amministrativi regionali sparse tra le tre “vecchie” province: la Giunta a Catanzaro, il Consiglio a Reggio Calabria e, per non essere da meno anche se non è una struttura amministrativa, la sede della Rai a Cosenza. È il risultato della spartizione clientelare adottata l’anno in cui fu consacrata l’autonomia regionale. Una frammentazione che comporta forti penalità sia in termini economici che di efficienza.
*giornalista

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