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l’editoriale

«Voglio parlare con il procuratore Gratteri»

Il solo modo per piegare la ‘ndrangheta è estirparne le radici fin dove affondano.Accertare i reati, fare i processi ed eseguire le condanne, infatti, non può bastare perché le ‘ndrine sono state …

Pubblicato il: 20/04/2021 – 7:23
di Paola Militano
«Voglio parlare con il procuratore Gratteri»

Il solo modo per piegare la ‘ndrangheta è estirparne le radici fin dove affondano.
Accertare i reati, fare i processi ed eseguire le condanne, infatti, non può bastare perché le ‘ndrine sono state in grado di reggere ai colpi più duri inferti nel corso di decenni e ancora perché i capibastone non temono la reclusione da dove continuano a impartire ordini (altro che riabilitazione, sic!) e – come se ciò non bastasse – seguire il flusso del denaro per scovarli o colpire i patrimoni per indebolirli è sempre più difficile perché negli anni sono diventati “geni” della finanza.
Per decifrare il codice genetico della ‘ndrangheta – e uno come Gratteri lo sa bene – non resta dunque che addentrarsi fino alle viscere dell’organizzazione criminale ma per farlo – per conoscere i segreti più reconditi – c’è bisogno di una chiave d’accesso, di un boss come Nicolino Grande Aracri perché solo un “padrino” del suo calibro può rivelare l’intreccio labirintico di affari, interessi, coperture, complicità e collusioni in Calabria, in Lombardia, Veneto, in Emilia Romagna e chissà in quante altre regioni e Paesi nel mondo.
Sì, perché il pentimento del superboss di Cutro può essere decisivo per ricostruire 40 anni di dinamiche e strategie dell’organizzazione criminale più potente al mondo e soprattutto per fermare l’ascesa e stroncare le carriere dei raìs della ‘ndrangheta.
Ecco perché la collaborazione di Nicolino Grande Aracri alias “manu i gumma” (notizia che ha colto di sorpresa anche il suo ex legale) farà tremare le vene ai polsi di massoni, colletti bianchi e politici collusi e il suo pentimento non farà dormire sonni tranquilli ai capiclan che potrebbero avere finalmente le ore contate. 
Mai come ora però c’è bisogno di non concedere alcun beneficio penitenziario per reati di mafia e di considerare i boss come criminali spietati e pericolosi, capaci di assoggettare con la violenza interi territori con le conseguenze che i calabresi (e non solo i calabresi) conoscono bene.
E mai come ora c’è bisogno di stare al fianco dei magistrati calabresi nel mirino anche di quella area grigia e di quella borghesia mafiosa che userà ogni mezzo per intorbidire le acque e avvelenare i pozzi, anche se questa volta la verità è troppo potente per poterla ingabbiare. (paola.militano@corrierecal.it)

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