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Mondo magico e scienza: a proposito di superstizioni e oscurantismi

Una cefalea che scompare grazie agli sbadigli ed alla giaculatoria di una vecchina: quanti di noi, qui nel Sud Italia, non hanno fatto, almeno una volta, quest’esperienza? In dialetto calabrese si…

Pubblicato il: 24/04/2021 – 7:59
di Francesco Bevilacqua*
Mondo magico e scienza: a proposito di superstizioni e oscurantismi

Una cefalea che scompare grazie agli sbadigli ed alla giaculatoria di una vecchina: quanti di noi, qui nel Sud Italia, non hanno fatto, almeno una volta, quest’esperienza? In dialetto calabrese si chiama “sfascinu”. In gergo antropologico è detta “sfascinazione”. Ma perché parto da una “favola” che pare uscita da un vecchio libro polveroso? Perché il rito dello “sfascinu” è uno dei fulcri della magia popolare. La chiamo così per distinguerla da quella colta e sapienziale dei filosofi rinascimentali come Marsilio Ficino e Giordano Bruno, ma gli esperti di scienze sociali la definiscono con il termine “magismo”. Ne voglio parlare qui perché la pandemia ha prodotto, fra l’altro, un rinnovato contrasto fra fede nella scienza empirica da un lato e atteggiamenti che molti definiscono “superstiziosi” ed “oscurantisti”, dall’altro. Gli etnologi si sono posti il problema de “Le origini dei poteri magici”, come recita il titolo di un libro di Emile Durkheim, Henri Hubert e Marcel Mauss (Bollati Boringhieri), o di ricostruire la storia del “Mondo magico”, titolo di un altro libro, questa volta di Ernesto De Martino (sempre Bollati Boringhieri), il quale dedicò all’argomento anche “Sud e magia” (Feltrinelli). Nel primo dei due libri citati, De Martino si pone il problema della “realtà” dei poteri magici. Si chiede, cioè, se essi esistano realmente. E, grazie alle prove fornite dall’etnologia e dalla psicologia – tutte rilevate con rigoroso metodo scientifico – conclude affermativamente, per quanto “scandalosa” tale tesi possa apparire in una società dominata dal “meraviglioso universo di Galileo e di Newton” ossia della scienza empirica dominante. Ecco la spiegazione di De Martino dal punto di vista antropologico. Il “negativo quotidiano” – parliamo di culture contadine arcaiche, visto che oggi per far passare l’emicrania si fa prima a prendere un’antinevralgico – può portare ad una condizione di “labilità della presenza” (da intendersi nel proprio orizzonte culturale e valoriale) sulla quale si innesta la funzione protettiva delle pratiche magiche.

Da qui il ricorso al guaritore, che risolve la crisi grazie a riti (ma ricorrendo anche alla farmacopea popolare) che posseggono una struttura ed un’efficacia consolidatesi nei secoli. La potenza del gesto cerimoniale trasferisce la condizione del sofferente su un piano meta-storico (al di sopra e parallelo a quello della vita reale) nel quale, per convinzione e suggestione, tutto torna alla normalità. Sembra strano, vero? Eppure anche un placebo (un non farmaco privo di qualunque principio attivo dato al paziente spacciandolo per farmaco) può essere efficace in notevole percentuale, ad esempio, nell’eliminazione o nella riduzione del dolore: messo a confronto il placebo con la morfina si sono riscontrate percentuali di risposta con scomparsa del dolore nel 60% dei pazienti trattati con placebo, contro l’80% dei pazienti cui era stata somministrata la morfina (Brown, 1998). Magismo e placebo sono fenomeni culturalmente molto diversi ma simili nei meccanismi psico-somatici che li rendono attivi. Gli scienziati, studiando questi fenomeni, hanno dimostrato come sia possibile che anche quella che viene ritenuta “una credenza”, “una superstizione” possa avere, talvolta, la stessa efficacia di un farmaco. L’oncopneumologogo Enzo Soresi, ad esempio, ne “Il cervello anarchico” (Utet), riferisce come ad ogni stimolo psichico (ad esempio una forte emozione) faccia seguito uno stimolo elettrico che induce la liberazione di sostanze neurochimiche che si diffondono nel corpo attraverso il sangue (dopamine, serotonine, acetilcoline, citochine etc). Queste sostanze agiscono a livelli multipli nell’organismo, quali ipotalamo, fegato, ossa, midollo e metabolismo lipidico. Gli stimoli psichici finiscono così per attivare il sistema nervoso centrale, quello neuroendocrino, quello immunitario. Insomma una reazione a catena che attraversa tutto il sistema psico-somatico del paziente e porta al ristabilimento dell’ordine turbato dalla malattia. Soresi e la sua equipe sono riusciti così a spiegare perfino la guarigione ritenuta miracolosa dagli stessi medici di una malata terminale di cancro a seguito di un incontro con Madre Teresa di Calcutta: l’iniziale “shock carismatico” ha dato la stura, nel corpo della paziente, ad un processo biochimico che si ripete nelle guarigioni apparentemente inspiegabili.

Da questi studi è nata una nuova branca della scienza medica dal nome lungo ma esplicativo, la psiconeuro endrocrino immunologia, che scandaglia la forza portentosa del nostro encefalo e che propugna una “medicina integrata”, sulla quale non posso qui soffermarmi per ragioni di spazio. Chi vuol saperne di più veda Soresi, Grazia, Rosato “Guarire con la nuova medicina integrata” (Sperling & Kupfer) o Francesco Bottaccioli “Psiconeuro Endocrino Immunologia (Red). Riferisce Soresi come Roger Guillemin e Andrei Schally, premi Nobel per la medicina nel 1977, abbiano fornito un contributo fondamentale a questo settore della ricerca e, scoprendo gli ormoni proteici prodotti dal cervello, abbiano identificato la relazione essenziale fra psiche e soma. Con quella scoperta, seguita da molte altre, anche il mondo scientifico ha finalmente compreso quanto i fenomeni psichici ed emozionali possano influenzare le nostre funzioni organiche. Ed allora possiamo cominciare a chiederci se, forse, non sia puro pregiudizio liquidare la giaculatoria e gli sbadigli della vecchina da cui siamo partiti come puri e semplici fenomeni folklorici. E se fenomeni di questo tipo, invece, non debbano essere inseriti in quel vasto campo delle relazioni fra mente e corpo che anche medicina – dopo che già lo avevano fatto le scienze sociali – stanno faticosamente imparando a scandagliare. E allora forse, cominciando dal nostro Sud arcaico, resiliente alle brillanti conquiste del pensiero scientifico e tecnologico, dovremmo provare a guardare con occhi nuovi a certe definizioni come “passatismo”, “oscurantismo”, “superstizione”. Potremmo accorgerci, come è avvenuto tante volte nel corso della storia e come scrisse icasticamente Carlo Levi nel titolo di un suo libro, che “il futuro ha un cuore antico”.
*Avvocato e scrittore

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