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l’appello

«La chiusura del Sant’Anna “ucciderebbe” i lavoratori»

L’Ordine provinciale degli infermieri di Catanzaro: «Dopo anni di egregio servizio tanti colleghi sarebbero annientati professionalmente ed economicamente»

Pubblicato il: 25/04/2021 – 7:44
«La chiusura del Sant’Anna “ucciderebbe” i lavoratori»

CATANZARO «Non difendiamo la società proprietaria della struttura ma la professionalità dei tanti colleghi». È senza giri di parole il messaggio che il presidente Giovanna Cavaliere  i consiglieri dell’Ordine degli Infermieri di Catanzaro (Opi) lanciano sulla vicenda della clinica “San’Anna Hospital”.
«Da quanto appreso – aggiungono – l’Asp di Catanzaro non vorrebbe  firmare e chiudere la contrattualizzazione. Se così fosse, si andrebbe verso la inevitabile chiusura. Le drammatiche conseguenze, accentuate dall’incedere della pandemia, sarebbero la “morte professionale” dei tanti infermieri che dopo anni di egregio servizio in favore di tanti pazienti calabresi si ritroverebbero con la “testa tagliata” e con niente in mano».
L’ Opi Catanzaro parla di famiglie «con le ali spezzate», giovani «dal futuro precluso» oltre che di «colleghi e lavoratori annientati professionalmente» per i quali «non si può e non si deve restare indifferenti».
Parole che suonano come un appello «alla politica regionale, di tutte le appartenenze di pensiero e di colore, e alle sigle sindacali territoriali perché inneschino meccanismi capaci di trovare una soluzione immediata e duratura».
Gli infermieri catanzaresi, inoltre, sottolineano la bontà «di eventuali tavoli di incontri fra tutti gli attori che possono contribuire ad evitare la chiusura della struttura sanitaria» ed eludere «ulteriori scippi sanitari a una Calabria già molte volte defraudata e presa in giro». 
Come dire: «Le strutture sanitarie di eccellenza  esistono anche nella nostra regione – concludono dall’Opi Catanzaro -. Chiuderle non fa bene a nessuno. Soprattutto a chi, non trovando assistenza nella propria terra, è e sarà costretto ad affrontare gli interminabili e dispendiosi “viaggi della speranza” alimentando il triste fenomeno della migrazione sanitaria». 

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