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la riflessione

«La Liberazione di cui ha bisogno la Calabria»

La Storia si sa non fa sconti, ogni giorno le sue pagine si arricchiscono di fatti, eventi, notizie a volte positive, altre volte tragiche; è storico qualcosa che inevitabilmente sfugge alla logic…

Pubblicato il: 25/04/2021 – 20:33
di Dionisio Gallo*
«La Liberazione di cui ha bisogno la Calabria»

La Storia si sa non fa sconti, ogni giorno le sue pagine si arricchiscono di fatti, eventi, notizie a volte positive, altre volte tragiche; è storico qualcosa che inevitabilmente sfugge alla logica del semplicemente quotidiano, il suo manifestarsi è dunque annotato nella contemporaneità della cronaca ma il suo valore alimenta ricordi e veicola significati che necessariamente vengono consegnati ai posteri.
Sotto questo profilo se la Storia non fa sconti è altrettanto vero che ciclicamente ci obbliga a fare i conti con un passato di cui è bene tenere memoria, con fatti e circostanze avvenuti in una precisa dimensione temporale, con vicende la cui narrazione non si esaurisce in un freddo richiamo alla memoria, con eventi il cui valore trascende e supera il tempo in cui avvennero.
Il 25 aprile, la nostra Festa della Liberazione, è esattamente uno di questi eventi, un giorno che è significativamente indicato come l’epilogo di un lungo, tortuoso e tragico cammino ma allo stesso tempo il prologo, il punto d’inizio eroico di una storia diversa e fatta di libertà e democrazia.
Chi come me legge i fatti della Storia avendo ben presenti i riferimenti ideali di un preciso impegno politico coniuga necessariamente la Liberazione con due altre date figlie – a mio avviso – del 25 aprile, mi riferisco al 2 giugno del 1946 ed al 18 aprile del 1948; tutti momenti nei quali l’Italia fu costretta a fare i conti con le macerie della guerra e del fascismo scelse – con metodo democratico– di incamminarsi lungo il sentiero della libertà lasciandosi alle spalle la drammatica esperienza del totalitarismo e le pagine più buie dell’esperienza monarchica.
Quella del tempo era un’Italia fragile, un Paese nei cui confronti, per richiamare alla memoria Alcide De Gasperi, “tranne la personale cortesia tutto gli era ostile”; era un’Italia che muoveva i primi passi verso quella libertà che, come osservò Erich Fromm, “obbliga a prendere delle decisioni, e le decisioni comportano rischi”.
Quelle scelte animate dal coraggio trasformarono i possibili rischi in opportunità, il peso di una Storia negativa nel carico che consentì di tenere bene i piedi ancorati a terra e costruire, passo passo, quel miracolo italiano la cui prosperità ancora oggi ci consente di guardare al futuro con preoccupazione ma anche con la certezza di un Paese forte, vivo ed economicamente in grado di affrontare, se realmente lo vuole, le sfide ed i problemi della modernità.
Ma cosa significa il 25 Aprile? Qual è il miglior modo per celebrarlo? E’ possibile, senza essere oltraggiosi, riferire la parola ed il concetto di “Liberazione” ai giorni nostri?
Il rischio della sterile memoria e delle celebrazioni formalmente attente ma contenutisticamente vuote è sempre dietro l’angolo e dunque ricordare il valore storico del 25 aprile rendendole attuale il valori, i significati e gli insegnamenti è forse l’unico modo per onorare chi – in quei giorni drammatici – consegnò l’Italia al suo futuro di libertà, prosperità e pace.
Accanto dunque alle celebrazioni è utile richiamare questa data affermando oggi i nostri bisogni di Liberazione, vale per il Paese e vale soprattutto per la Calabria che forse, più di tante altre regioni, ha bisogno nella sua storia regionale di scrivere pagine di orgoglio, dignità, riscatto, voglia di credere e costruire un futuro diverso.
Penso ai giovani “liberati” dal bisogno di lavoro che mortifica le loro straordinarie energie e competenze.
Penso alle famiglie “liberate” dalle stringenti ed a volte inenarrabili difficoltà causate da un sviluppo economico evocato ogni giorno ma mai realmente raggiunto.
Penso ai singoli territori “liberati” dai limiti storici ed infrastrutturali che rendono difficile ed a volte impossibile godere del diritto ad una mobilità moderna.
Penso ad una classe politica finalmente “liberata” dai bizantinismi, dall’autoconservazione, dalla costante ricerca di un consenso malato di bisogni, esigenze, difficoltà.
Penso ad una regione “libera” dall’oppressione criminale e nella quale il tentativo di prevaricazione delle forze illegali sia un fatto contenuto e fisiologico e non la drammatica patologia cui ogni giorno assistiamo.
Penso a quegli italiani che 69 anni fa ebbero la forza, il coraggio e l’eroismo di liberarsi dal nazifascismo e che oggi, se a questa festa dessimo un significato corretto e concreto, sembrano dirci: “liberatevi” dei vostri problemi, dei vostri cronici ritardi, di una quotidianità che difficilmente passerà alla Storia, di un presente che non rispetta adeguatamente il passato, e sin qui sarebbe poca cosa, ma soprattutto non è ancora in grado di costruire il futuro.

*già assessore regionale

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