CATANZARO Una quota parte della partita più importate della sua permanenza a Palazzo Chigi, Mario Draghi, se la giocherà in questa settimana. A partire da stamane quando il premier illustrerà i contenuti esatti dell’ultima versione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) – comunemente definito Recovery plan – ai due rami del Parlamento (oggi alla Camera e domani al Senato) in vista dell’invio a Bruxelles entro il 30 aprile del Piano per la valutazione definitiva della Commissione europea.
Non a caso la corretta predisposizione del Pnrr – in termini di efficienza ed efficacia della misure contemplate – rappresenta una delle due mission sulle quali si fonda la sussistenza proprio dell’esecutivo nato dal connubio “innaturale” delle forze politiche chiamate dal presidente Mattarella al parto del Governo retto dall’ex presidente della Bce.
Da qui questo appuntamento rappresenta una vera e propria sfida per l’esecutivo che come l’ha definita lo stesso Draghi è «straordinaria ed epocale» soprattutto non solo per sanare i danni inflitti dalla crisi economica scaturita dall’emergenza pandemica, ma per creare le basi per immaginare lo sviluppo futuro del Continente e dell’Italia – in particolare – sfruttando al massimo la straordinaria massa di risorse che l’Europa ha destinato al Progetto Next generation Eu di cui il nostro Paese rappresenta il massimo destinatario. Oltre 190 miliardi (per l’esattezza 191,5 miliardi) che sommati ad altre risorse contenute nel Pnnr sale a 221, 5 miliardi per generare una crescita vera e sostanziala dell’Italia da qui al 2026. Le stime parlano che la molla innescata da quelle risorse dovrebbe permettere al nostro Paese di innescare una crescita del Pil pari a 3 punti percentuali. Una sfida che si gioca tutta all’interno al sistema che il Governo ha immaginato per utilizzare al meglio quelle risorse e che l’Europa ha tracciato segnalando i ritardi di una parte consistente del Paese: il Mezzogiorno.
Il Piano nazionale di ripresa e resilienza trasmesso al Parlamento sabato è un documento da 337 pagine. Esattamente 142 pagine in più della versione licenziata il 12 gennaio scorso dal precedente Governo Conte. Non muta in molte parti da quella, visto che riprende (come era stato richiesto dalla struttura europea) missioni, componenti funzionali e linee di intervento. Restano infatti invariate le sei missioni: digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura (missione 1); transizione ecologia (missione 2); infrastrutture per una mobilità sostenibile (missione 3); istruzione e ricerca (missione 4); inclusione e coesione (missione 5) e salute (missione 6). Missioni attraverso le quali l’esecutivo immagina una serie di interventi utilizzando appunto i 225, 5 miliardi che comprendono i 191,5 miliardi del Fondo recovery (Rrf) oltre ai 30 miliardi del fondo complementare. Ma muta nella destinazione di quelle risorse tra le sei missioni. Nella versione redatta dal team di esperti chiamati all’appello del premier, infatti, si stanziano 50,07 miliardi complessivi (Pnnr+React Eu+Fond complementare) sulla prima missione con l’obiettivo di promuovere e sostenere la trasformazione digitale del Paese e l’innovazione del sistema produttivo.
La voce più consistente (seppur ridotta rispetto alla versione Conte) attiene la misura destinata alla rivoluzione verde e alla transazione ecologica: 69,69 miliardi pari a circa il 30% dell’intera posta in gioco. Qui l’obiettivo sarà quello di innescare sviluppo facendo leva sul miglioramento della sostenibilità e della resilienza del sistema economico assicurando una transizione ecologica equa ed inclusiva. Alle infrastrutture per una mobilità sostenibile il “nuovo” Piano destina 31,46 miliardi (circa 13%). Si tratta delle opere destinate a creare uno sviluppo razionale attraverso la realizzazione di trasporti moderni, sostenibili e ed estesi in tutte le aree del Paese (una voce che comprende tra l’altro l’Alta velocità e le ferrovie regionali). Poi ci sono 33, 81 miliardi destinati al potenziamento dell’offerta dei servizi di istruzione e ricerca sul territori. Qui l’esecutivo Draghi immagina interventi che vanno dalla realizzazione di asili nido, materne e servizi dedicati alla rima infanzia alla formazione degli insegnanti, al risanamento degli edifici scolastici alla transizione verso una scuola 4.0 (cablaggio e innovazione). È pari a 29,62 miliari la posta inserita sotto la voce di missione dedicata all’inclusione e coesione. Un posta che dovrà finanziare – con risorse del Pnrr, ma anche del React e del Fondo complementare – interventi destinati alle politiche attive del lavoro, allo sviluppo dei centri per l’impiego, ma anche all’autoimprenditorialità femminile, alla rigenerazione urbana, al rafforzamento della rete dei servizi sociali. Qui sono comprese anche le voci per finanziare interventi dedicati alle Zone economiche speciali. Alla salute nel piano finanziario complessivo immaginato dal Governo saranno destinati 20,22 miliardi di cui 15,63 provenienti dal Recovery fund. Con queste risorse l’esecutivi Draghi punta a finanziare interventi per potenziare l’assistenza di prossimità diffusa sul territorio e cure primarie ed intermedie. Si contemplano anche azioni tese ad aggiornare il parco tecnologico e delle attrezzature per diagnosi e cura oltre che al potenziamento delle infrastrutture. In altre parole si punta a rafforzare il sistema sanitario pubblico che proprio nel corso della pandemia ha dimostrato non poche deficienze soprattutto in regioni in ritardo di sviluppo come quella calabrese.
Una quota parte importante della nuova versione del Pnrr viene occupata dal programma di riforme. Si va dal quella dedicata alla pubblica amministrazione a quella dedicata alla giustizia. Temi sui quali il Governo Draghi si è speso molto a livello di contrattazione – e dunque di sua personale credibilità – con Bruxelles. Ed il peso di questo capitolo rappresenta forse l’aspetto di mutazione più profonda rispetto alla versione licenziata dal precedente governo, visto che sul tema nel Pnnr si snodano 61 dense pagine di interventi programmati dal governo per imprimere una mutazione alla macchina dell’amministrazione pubblica e della giustizia del Paese. La sfida è quella di puntare ad un ricambio generazionale e di competenze, incrementando gli investimenti sul capitale umano e sulla digitalizzazione della macchina amministrativa locale e centrale. Si punterà a facilitare l’accesso alla Pubblica amministrazione attraverso un piano straordinario di concorsi e assunzioni, ad un processo di semplificazioni delle normative e all’innalzamento delle competenze del personale. In tema di riforme strutturali dedicate alla giustizia, l’obiettivo del Governo è quello di contrastare l’eccessiva durata dei processi, ridurre gli arretrati giudiziari. La riforma immaginata da Draghi dovrà fare leva sulla digitalizzazione e riorganizzazione (attraverso assunzioni mirate per eliminare il carico di arretrati, e la completa digitalizzazione degli archivi). Ma Draghi conta anche di procedere alla revisione del quadro normativo e procedurali attraverso al ricorso a procedure di mediazione e ad interventi di semplificazione su diversi gradi del processo.
Sempre in tema di riforme, il Governo immagina interventi orizzontali rispetto alle 6 missioni e tesi a garantire la rapidità nell’attuazione e il massimo impatto degli investimenti. Si immagina un processo di semplificazione per la concessione di permessi e autorizzazioni ad interventi in materia di codice degli appalti. Ed infine Draghi conta di realizzare un piano di riforme in alcune settori specifici: ad esempio nuove regole sulla produzione di fonti rinnovabili o per siglare contratti di programma per le Ferrovie. Questo al fine di aumentare appunto l’efficienza e rafforzare la gestione degli interventi nel Pnrr.
Leggendo il testo della nuova versione del Pnrr, emerge un progetto teso a specifici interventi indirizzati alla Calabria. Si parte della previsione della sperimentazione di treni all’idrogeno nelle tratte non ancora elettrificate della Calabria a riforme della governance per quanto attiene la gestione delle reti idriche integrate. Poi si contempla la previsione di estendere l’alta velocità nella tratta Salerno-Reggio Calabria, anche se si parla di alta velocità-capacità con l’intento di ridurre la percorrenza tra i due capoluoghi di circa 80 minuti. Sempre in tema di ferrovie viene citato un intervento per collegare meglio Cosenza a Catanzaro utilizzando risorse nazionali comprese nel Piano. Così come sul traffico merci diretto al porto di Gioia Tauro. Poi ci sono interventi per alcuni nodi ferroviari (Villa San Giovanni, Crotone, Santa Maria di Settimo-Montalto Uffugo) alla riqualificazione intermodale: Lamezia Terme, Cosenza e Reggio Calabria rientrano le 30 opere ritenute strategiche in questo senso. Sulla Zes, anche se non c’è un riferimento diretto a Gioia, il Governo ha messo 630 milioni per prevedere una riforma della Governance finalizzata a favorire alla cantierabilità rapida degli interventi previsti in queste aree e per favorire l’insediamento di nuove imprese, così come il collegamento all’ultimo miglio ferroviario e all’urbanizzazione delle aree industriali. Dunque un pacco di interventi – non esaustivi – che se messi a sistema e realizzati in tempi rapidi potrebbero contribuire a far uscire dalla marginalizzazione la regione. (r.desanto@corrierecal.it)
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