ROMA “Così non ordinerai più una ‘ndrangheta per dolce”, è lo slogan riportato sui manifesti che hanno invaso da qualche giorno le strade di Bruxelles e dintorni. Uno spot che nelle intenzioni doveva essere ironico, ma avuto l’effetto opposto, nonostante gli studi proposti dall’ateneo abbiano al centro proprio la lotta agli stereotipi.
Di fatti, la campagna pubblicitaria dei corsi di linguistica all’Università di Lovanio (Leuven), in Belgio, ha scatenato lo sdegno della comunità emigrata in quelle zone e non solo.
«È inconcepibile come nel 2020 dobbiamo ancora osservare cadute di stile come quella di un’Università a poche decine di chilometri da Bruxelles, ovvero nell’epicentro istituzionale dell’Europa pulsante, omnicomprensiva, includente e multirazziale, che fanno leva su stereotipi negativi, lesivi della dignità di un popolo, in questo caso il nostro, per vendere qualche corso di lingua», ha commentato Vicky Gitto, presidente dell’Art Directors Club Italiano (Adci), l’associazione dei pubblicitari italiani sentito dall’agenzia AdnKronos. «Io credo – aggiunge – che se questa “cosa” potrebbe fare un po’ arrabbiare noi italiani, e certamente tutti quei nostri compatrioti che lì lavorano, quindi non solo studenti, panettieri, ingegneri, ma anche compatrioti come ad esempio un certo David Sassoli, anch’egli “impiegato” da quelle parti, dovrebbe d’altro canto imbarazzare non poco accademici, autorità e i tanti bravi cittadini belgi. Visto che questa trovata dileggia noi, ma in fondo umilia tutti loro».
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