ROMA «Forse un personaggio come sono io, in una situazione di conformismo come questa, era un po’ difficile da governare». Michele Santoro motiva così la sua assenza di oltre due anni dalle scene televisive. Ospite al programma di Lilli Gruber, Otto e mezzo, in occasione dell’uscita del suo nuovo libro, il giornalista e conduttore tv discute di molti “nodi” dell’Italia contemporanea, tra pandemia e crisi economico-sanitaria. In tal senso, impossibile non soffermarsi sulla Calabria. «Il premier Draghi – dice – ha parlato di cambio di paradigma? Ma quando avviene? Siamo da un anno e mezzo che lo aspettiamo. Io non lo vedo. In cosa consiste? Stiamo per costruire un grande ponte verso il futuro con 248 miliardi di euro eppure qua a Roma non riusciamo a cremare i morti».
La regione alla punta della penisola diventa allora rappresentazione dell’«assenza dello Stato» che si traduce in pratiche quali ad esempio la «doppia emissione di fatture» confluite nel buco nero dei bilanci delle aziende sanitarie.
«La situazione del Paese è questa: in Calabria non riusciamo a portare avanti un piano vaccinale degno di questo nome. Allora quando le mettiamo le mani sulla Calabria? Il ministro della Sanità quando decide di trasferirsi in Calabria per poi andarsene solo quando ha risolte le cose?» Anche in questo caso «aspettiamo il cambio di paradigma». La soluzione pare dunque non essere il commissariamento. O almeno, non il commissariamento per come inteso fino ad oggi: «Come lo risolviamo questo problema? – dice Santoro riferendosi alle carenze strutturali e contabili della sanità calabrese – Prendiamo un altro Generale della riserva e lo mandiamo in Calabria come se dovesse combattere chissà quale nemico?». Quale che sia il “nemico”, secondo il giornalista, le figure fino ad oggi scelte per ricoprire ruoli cruciali in Calabria non hanno fatto paura alla ‘ndrangheta che «è nella farmacologia, nella grande finanza come investitrice». E aggiunge: «Se la ‘ndrangheta gestisse gli ospedali calabresi, lo farebbe molto meglio di alcune persone che attualmente li gestiscono, purtroppo». Anzi, «gestisce già dei punti privati della sanità con grandi livelli di efficienza».
In altri termini, la criminalità organizzata di origine calabrese è un “fenomeno” che ha ben altra collocazione per poter essere contrastata su un piano meramente “militare”. «Ormai sta sui grandi mercati globali ed è lì che determina le cose». Per contrastarla serve «gente che sappia fare i conti, non un Generale senza forze che va lì a far finta di lottare contro la ‘ndrangheta».
Gruber ricorda però che ci sono anche tantissimi calabresi, e una parte dello Stato, che combattono la ‘ndrangheta e rischiano la pelle tutti i giorni. «La rischiano tre volte», incalza l’ospite, «perché devono misurarsi con un’inefficienza del sistema che sta intorno a loro».
Per questo, Santoro chiede attenzione allo Stato e al ministro della Salute, Speranza: «Vada in Calabria, faccia appello a questa parte migliore della regione, se li metta intorno e insieme a loro rimetta ordine ai conti della sanità». (f.d.)
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