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«Le informazioni per uccidere il giudice Scopelliti? Le ebbe Messina Denaro da un massone calabrese»

La verità shock del killer Avola nel libro-inchiesta di Michele Santoro e Guido Ruotolo. «Riina voleva fermare Falcone sul maxi processo»

Pubblicato il: 28/04/2021 – 18:04
di Pablo Petrasso
«Le informazioni per uccidere il giudice Scopelliti? Le ebbe Messina Denaro da un massone calabrese»

LAMEZIA TERME «Non so bene perché ho deciso di incontrare uno che ha ucciso ottanta persone. Guardo Avola e ho la sensazione di trovarmi davanti uno specchio nel quale comincio a riconoscere tratti che sono anche i miei. Inizio a seguirlo in un labirinto di ricordi», dice Michele Santoro che con le sue inchieste ha raccontato trent’anni di storia italiana. Un incontro che ha sradicato le certezze dell’uno e portato alla luce le verità nascoste dell’altro.
Maurizio Avola è stato il killer perfetto di Cosa Nostra. Un uomo diventato indispensabile per portare a termine i piani criminali dei boss. Non solo: ha conosciuto Matteo Messina Denaro e assieme all’ultimo padrino ha compiuto diverse azioni. È dal loro dialogo che nasce “Nient’altro che la verità”, libro-inchiesta scritto con Guido Ruotolo. Dai racconti di Avola sorgono nuove verità e prospettive inedite sull’attacco della mafia allo Stato. Le strade di quei racconti hanno un crocevia calabrese: a Campo Calabro, dove i killer hanno ucciso il giudice Antonino Scopelliti.

«”Facciamo” il giudice Scopelliti»

Quell’omicidio ancora senza colpevoli è uno snodo centrale della guerra iniziata da Totò Riina per abbattere il maxi processo che si stava incardinando in Cassazione. Un messaggio per Giovanni Falcone che, secondo la logica distorta di Cosa Nostra, stava preparando un “colpo di Stato”. È ciò di cui è convinto Avola. Ed è ciò che porta Riina a scegliere di «reagire. Per prima cosa “facciamo” il giudice Scopelliti». Avola non aveva mai sentito parlare prima del magistrato, ma è convinto che tutto giri attorno al maxi processo, perché «fino ad allora» era possibile aggiustare le sentenze e l’intervento di Falcone lo avrebbe reso impossibile.

Questa parte della storia, per il killer, è un susseguirsi di contatti e rapporti. Cosa Nostra arriva a conoscere la strategia sul maxi processo perché Salvo Lima, il parlamentare democristiano, «lo dice ai massoni; i massoni del Trapanese lo dicono a Matteo (Messina Denaro, ndr); e Matteo lo dice a Riina. Sono cose che arrivano sussurrate». Poi piazza quella che Santoro definisce – e non potrebbe fare altrimenti – «una balla pazzesca»: dice che Lima avrebbe saputo del piano per via delle «imprudenze» commesse dal magistrato Giuseppe Ayala, di «frasi» pronunciate «in ambienti che sono in contatto con noi». È questo, per il killer, il filo attraverso il quale «si arriva a Scopelliti», destinato – secondo le informazioni raccolte dagli uomini di Cosa Nostra – alla Cassazione nel maxi processo.

Le informazioni decisive «da uno dei massoni in contatto con Messina Denaro»

L’eliminazione del giudice calabrese viene decisa dal “capo dei capi”. Partecipa alla logistica un pezzo della famiglia Santapaola. L’azione di fuoco – la base dell’operazione è Messina – avviene sotto la supervisione di Messina Denaro. L’appuntamento è a Reggio Calabria. Lì Messina Denaro ed Eugenio Galea, rappresentante della famiglia Santapaola, si sarebbero incontrati al porto con il gruppo di fuoco. E si sarebbero allontanati «per incontrare chi gli deve fornire le informazioni fondamentali. In pieno agosto può essere un conoscente che sta facendo le vacanze vicino a Scopelliti».
È necessario che gli assassini conoscano il percorso dell’auto del giudice. Serve che qualcuno offra le informazioni richieste a «Matteo». Chi è stato? Per Avola si tratta di «uno delle istituzioni, un massone, uno dei tanti massoni calabresi con cui Matteo stava in contatto. Una persona importante». Inutile chiedere di entrare in dettagli ulteriori, perché «si muore di questa curiosità».

L’omicidio

I tasselli del puzzle si compongono. L’auto di Scopelliti supera Avola; il killer accelera e la affianca. «Enzo Santapaola punta il fucile e spara due vole, poi scarrella e spara ancora». È la morte di un giudice. E il prologo di una strategia che porterà alle morti di Falcone e Borsellino, all’attentato a Costanza e alle bombe del 1993. Un piano nel quale, secondo il racconto tutto da verificare dell’assassino di Cosa Nostra, la ‘ndrangheta non ha un ruolo. Ma la massoneria deviata, forse, sì.

Michele Santoro

Dall’incontro tra Michele Santoro e il killer di mafia Maurizio Avola, che ha alle spalle 80 omicidi e ha preso parte alla stagione delle stragi, è nato ‘Nient’altro che la verità’, il libro-inchiesta di Santoro che esce il 29 aprile per Marsilio e a cui questa sera Enrico Mentana dedicherà, in prima serata, uno speciale del Tg di La7.

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