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l’udienza

“Malapianta”, le mani delle cosche sui villaggi turistici. Il racconto di 20 anni di vessazioni

Il testimone di giustizia Giovanni Notarianni ha ripercorso in udienza la sua vita nella morsa del racket. Oggi, dice, «lo Stato è presente»

Pubblicato il: 30/04/2021 – 12:56
“Malapianta”, le mani delle cosche sui villaggi turistici. Il racconto di 20 anni di vessazioni

CROTONE Udienza fiume, ieri mattina, per il testimone di giustizia Giovanni Notarianni, teste chiave dell’accusa nell’ambito del processo “Malapianta”, istruito dalla Dda di Catanzaro contro le vessazioni delle cosche di San Leonardo di Cutro nei confronti degli imprenditori e in particolare contro le ingerenze della ‘ndrangheta nella gestione dei villaggi turistici. Un’udienza sulla quale ha “vegliato” la forte presenza degli uomini dello Stato. Impossibile non notare l’intensificazione dei controlli, il severo e indiscriminato uso del metal detector su persone e cose, le numerose borse passate sotto il tunnel in dotazione al servizio di vigilanza. Per non menzionare la partecipazione di un gran numero di militari, tra Polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza, chi in borghese chi in uniforme. Presente in aila anche il Colonnello Emilio Fiora, Comandante Provinciale della Guardia di Finanza di Crotone. Tutto a confermare che l’udienza da celebrare era quella delle grandi occasioni.
Ieri, infatti, ha deposto in aula Giovanni Notarianni, imprenditore proprietario del Resort Porto Kaleo, che ha denunciato esponenti di vertice della criminalità di San Leonardo di Cutro, stretto per venti anni nella morsa del racket, tra imposizioni, minacce, vessazioni e approfittamenti estorsivi. Cinturato dagli uomini della tutela è stato ascoltato per più di nove ore dal tribunale collegiale presieduto da Massimo Furciniti. Giovanni Notarianni, assistito dall’avvocato Michele Gigliotti, ha ripercorso – rispondendo alle domande del pm Andra Buzzelli – la sua vicenda imprenditoriale e umana partendo da quell’asta a cui partecipa nel 2001 senza il previo accordo con i maggiorenti del casato di ‘ndrangheta facente capo  – secondo l’assunto accusatorio – ad Alfonso Mannolo. Un racconto asettico, senza fronzoli, a volte tradito dall’emozione quando in esordio ha ringraziato l’operato della Guardia di Finanza, dei Carabinieri e della Polizia. «Uno Stato presente che sta liberando un territorio difficile», riferisce Notarianni.

L’estorsione da 250mila euro

Notarianni ha raccontato dell’estorsione monstre di 250mila euro versata al clan Mannolo come tributo da pagare per poter avviare l’attività dopo essersi aggiudicato il bene immobile agli incanti. Ma non solo, Notarianni ha descritto nei minimi particolari l’imposizione, da parte del gruppo criminale, della manodopera profumatamente pagata ogni mese, a cominciare dal 2001, così come della somma di 2000 euro al mese versato a titolo di estorsione fino all’anno 2013, da quando a seguito della denuncia al boss Nicolino Grande Aracri, oggi collaboratore di giustizia, ha deciso di non versare più denaro. È un racconto dettagliato quello di Notarianni, che non trascura particolari come ad esempio le 5000 euro versate ogni anno nel mese di settembre alla famiglia Mannolo per le cure termali. Il testimone di giustizia risponde agli avvocati descrivendo con calma e precisione l’imposizione del caffè Pellini da parte della ditta di Scerbo Pietruccia, moglie di Dante Mannolo, rampollo che, della famiglia di San Leonardo, rappresentava la jeunesse doree.
Un imprenditore di successo, Mannolo, prima di saltare il fosso: sull’altra sponda c’era la Dda guidata dal procuratore Nicola Gratteri ad offrirgli la chanche di una collaborazione con la giustizia. È stato proprio Dante Mannolo, anch’egli imputato nel processo Malapianta, a rivelare particolari inediti sugli autori degli incendi alla struttura Porto Kaleo, chiedendo addirittura scusa ai proprietari per le azioni poste in essere dal suo clan.

L’assicurazione sulla vita da 50mila euro

Il testimone di giustizia Notarianni ha parlato dei 50mila euro date ad Alfonso  Mannolo per non essere ucciso, del progetto di sviluppo turistico mai realizzato nell’area di Marinella di Cutro e di quel contratto preliminare di vendita di un terreno che non si è mai perfezionato per paura di ritorsioni e che ora è sempre più difficile concludere per via della contingenza – ha spiegato Notarianni – e delle finanze minacciate per troppi anni da una mafia pervasiva e dirigista come quella del clan Mannolo.
Il racconto di Notarianni ha affrontato anche il caso della “Camelia s.r.l.”, società all’epoca partecipata dall’avvocato Domenico Grande Aracri, fratello del boss Nicolino, che ha rastrellato all’asta beni ricadenti nel perimetro del villaggio Porto Kaleo  – stranamente mai trasferiti dal Tribunale di Crotone, dopo l’asta del 2001 – per poi richiedere cifre di gran lunga superiori a quelle di mercato per rivenderli al Notarianni.
Alfonso Mannolo è assistito dall’avvocato Gregorio Viscomi, Remo Mannolo dall’avvocato Paolo Carnuccio, che ha sollevato una eccezione di inutilizzabilità della lunga deposizione del maresciallo Palopoli, Francesco Falcone (che ha reso spontanee dichiarazioni in aula) è assistito dall’avvocato Pietro Pitari, Mario Cicerone, ritenuto esponente di vertice dell’articolazione territoriale umbra, è assistito dall’avvocato Giosuè Naso. Nel collegio difensivo risulta l’avvocato Nuccio Barbuto.
Tra le parti civili si annoverano il Comune di Cutro (avvocato Salvatore Rossi), il Comune di Perugia (avvocato Massimo Brazzi), la Banca Unicredit, la società Blu Serena titolare del Villaggio Serenè (Avvocato de Carolis Vilars), e la Regione Calabria (avvocato Nicola Greco). (a. t.)

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