CATANZARO La cosca Bagalà esercitava un controllo capillare del territorio compreso tra i Comuni di Falerna e Nocera Terinese, intervenendo su ogni settore strategico, in particolare quello turistico alberghiero, condizionando l’elezione degli amministratori e dialogando con cosche, anche potenti, nel resto della regione. Fino a quando due imprenditori non si sono ribellati e hanno denunciato. Gli indagati raggiunti da misura cautelare nell’ambito dell’inchiesta “Alibante” dovranno rispondere di associazione per delinquere di stampo mafioso, concorso esterno, voto di scambio, estorsione, scambio elettorale politico-mafioso, corruzione, reati aggravati dal metodo mafioso.
«Sono tutti quei reati tipici che denotano il controllo del territorio – ha commentato il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri –, in questo caso sui Comuni di Falerna e Nocera Terinese, 15 chilometri più nord di Lamezia Terme. Questa è un’indagine durata qualche anno con epicentro nel 2017 ed è stata curata quasi in modo quotidiano dal procuratore aggiunto Vincenzo Capomolla. I carabinieri con la loro professionalità hanno portato elementi tranquillizzanti, dal nostro punto di vista, sul piano della prova. Vorrei che questa indagine fosse un ulteriore segnale di fiducia per i cittadini calabresi e del territorio del lametino. Stiamo avendo i riscontri». Il proposito del procuratore di Catanzaro è quello di incrementare, come Procura, questo rapporto di fiducia, di «non stancarci mai di rivolgerci alle parti offese, agli estorti agli usurati com’è avvenuto in questo caso nel quale abbiamo due persone che hanno denunciato. Due persone vessate, soffocate dalla famiglia di ‘ndrangheta Bagalà. Alla fine hanno avuto fiducia e si sono rivolte a noi, hanno avuto fiducia e questa loro fiducia è stata ripagata perché oggi abbiamo dato risposte alle loro domande di giustizia per le vessazioni subite nel corso di diversi anni».
«Le indagini sono state avviate dai carabinieri del Gruppo di Lamezia Terme – ha detto il comandante del comando provinciale di Catanzaro Antonio Montanaro – che nasce nel 2017 per dare una più concreta risposta alle esigenze del territorio. L’indagine parte in contemporanea alla nascita del Gruppo grazie alla denuncia di due imprenditori con i quali Carmelo Bagalà aveva intrapreso un progetto imprenditoriale che prevedeva la realizzazione di una struttura alberghiera che poi di fatto era naufragata perché gli imprenditori avevano lamentato il fatto di essersi trovati difronte a una situazione alla quale non potevano far fronte perché la cosca stava cercando di acquisire la titolarità dell’impresa e non versava le somme che avevano pattuito. L’operazione ha permesso di documentare l’operatività, da oltre 30 anni, della cosca nella fascia tirrenica della provincia di Catanzaro nei Comuni di Falerna e Nocera Terinese. Un clan dedito all’acquisizione delle attività economiche soprattutto nel settore turistico alberghiero. Nel corso delle indagini sono state documentate tutta una serie di connivenze con tentativi anche di infiltrazione nelle amministrazioni comunali e purtroppo sono stati accertati dei comportamenti censurabili da parte di appartenenti alle forze di polizia, tra cui in particolare un appuntato scelto dei carabinieri, attuale vicesindaco del Comune di Nocera Terinese, posto agli arresti domiciliari per i reati di concorso esterno in associazione mafiosa, rivelazione di segreto d’ufficio e accesso abusivo alle banche dati».
«La cosca Bagalà, riconducibile a Carmelo Bagalà, da molti anni si è insediata sui territori dell’alto Lametino sulla costa tirrenica. È un’organizzazione criminale – ha spiegato il procuratore aggiunto Vincenzo Capomolla – che ha visto la sua comparsa nel corso di tutti questi decenni in concomitanza con una serie di attività di indagine che hanno interessato le cosche che tradizionalmente erano stanziate nell’area di Sambiase (quartiere di Lamezia Terme, ndr), in particolare confederate con la cosca Iannazzo, oltre ad avere rapporti risalenti con cosche storicamente collocate in quel territorio come i Pagliuso. I Bagalà hanno mantenuto rapporti strettissimi con esponenti della criminalità organizzata calabrese di diversi territori e questo sta a dimostrare il riconoscimento che viene dato alla cosca anche in altri ambiti particolarmente elevati della criminalità organizzata. Soggetti della Piana di Gioia Tauro, per esempio, interessati alla coltivazione della cipolla rossa di Tropea tendevano ad acquisire terreni su quell’area facendo riferimento a Carmelo Bagalà il quale alla fine li ha estromessi. Questo dimostra il livello criminale di Bagalà, capace di interloquire con soggetti provenienti da altre aree ma che realizzava i propri interessi criminali a discapito degli interessi criminali dei soggetti che provenivano da fuori».
«I Bagalà – ha detto anche Capomolla – erano in grado di interloquire con la criminalità vibonese anche per recuperare i crediti degli imprenditori di riferimento della cosca che si era data un’impronta imprenditoriale e questo aveva determinato una serie di collusioni con imprenditori, professionisti, esponenti delle istituzioni (sia in ambito degli enti locali che delle forze dell’ordine) che hanno raggiunto il profilo del concorso esterno in associazione mafiosa».
Gli investigatori hanno anche registrato interferenze nelle scelte e nelle elezioni che venivano fatte nei territori di Nocera Terinese e di Falerna. Condizionamenti nelle elezioni che partono vanno dal 2014 in poi. Accusato di concorso esterno, infatti, è anche l’ex sindaco di Falerna, oltre al vicesindaco di Nocera Terinese. «La cosca era pervasiva in tutti gli ambiti quotidiani di quel territorio. L’esponente di vertice dei Bagalà veniva interessato per la risoluzione di qualsiasi problema. Ci sono, per esempio vicende legate alle richieste di ottenimento di cliniche private per interventi che dovevano essere fatti in modo clandestino. Cosa che poi non è stata portata a compimento», ha concluso il procuratore aggiunto.
Il nome dell’operazione, Alibante, nasce dal mito di Temesa: un compagno di Ulisse arrivato su queste terre, commette uno stupro e viene lapidato dai cittadini di Temesa trasformandosi in un demone. Per placare questo demone la popolazione si piega a offrirgli ogni anno la vergine più bella del villaggio. «Questo – spiega Sergio Molinari, comandante del Gruppo carabinieri di Lamezia Terme – è il senso dell’oppressione del territorio nel quale abbiamo operato: chi nasce come demone viene accettato come parastato».
Il colonnello ha sottolineato i legami della cosca Bagalà con i Iannazzo-Cannizzaro-Daponte per evidenziare come non solo il centro urbano di Lamezia sia vessato dalla ‘ndrangheta ma anche il territorio limitrofo. «Un sodalizio criminale vocato all’imprenditorialità. Un gruppo sostanzialmente silenzioso che si muove per vie traverse con forti aderenze col mondo imprenditoriale e politico per creare un parastato. Tra gli indagati vi sono, infatti, imprenditori di riferimento del territorio, qualificati avvocati, commercialisti», ha detto Molinari. «Vi era un distributore di benzina a Falerna dove Bagalà e i suoi affiliati decidevano le strategie della cosca. L’opera incompiuta della cosca è l’Hotel dei Fiori – ha raccontato il comandante –, che è stato in parte finanziato con fondi pubblici del Por Calabria 2017-2013 ottenendo un primo finanziamento di 300mila euro poi, per sopraggiunta interdittiva antimafia, non incrementato da altri finanziamenti che avrebbero dovuto raggiungere quota 600mila euro. Per realizzare l’hotel la cosca intesse rapporti con amministratori locali. Per esempio, per favorire l’elezione di un amministratore di Falerna il pactum era quello di tramutare la destinazione d’uso dei terreni dietro l’hotel da agricola a edificabile per ampliare la struttura».
x
x